Le buone notizie ci sono: oltre 50 mila italiani convive con una forma di malattia oncologica avanzata. Anche nel caso di tumore del seno: nel 2024, su 53.686 nuove diagnosi, il 6-7%, all’incirca 3.500 casi già metastatico all’esordio. Una “convivenza” possibile grazie alle terapie innovative oggi disponibili, ma che porta con sé importanti conseguenze, soprattutto a livello psico-emotivo. Più del 70% delle pazienti con tumore metastatico della mammella teme che la malattia possa progredire: paura di morire, di soffrire, di essere un peso per i propri cari sono le reazioni più comuni. Sensazioni spesso condivise anche dai care-giver. Un “timore” che è spia di bisogni ancora insoddisfatti, come l’offerta alla donna di un supposto psico-oncologico adeguato e accessibile a tutte, di PDTA (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) strutturati per il tumore al seno metastatico, ovunque presenti, o l’estensione della continuità di cura al territorio, sfruttando strumenti e tecnologie innovative, come la telemedicina e il teleconsulto. Sono alcune delle evidenze emerse dai focus group ideati e coordinati da Fondazione Incontra Donna nell’ambito di Officina #Metastabile, il progetto giunto alla seconda edizione ideato per la coprogettazione e l’attuazione sul territorio del “PDTA dedicato al tumore metastatico della mammella”, patrocinato da AGENAS (Agenzia Nazionale per i servizi sanitari Regionali), dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) e da altre numerose Associazioni e Società Scientifiche, realizzato grazie al contributo non condizionante di Daiichi Sankyo-AstraZeneca, Gilead, Menarini Stemline e Pfizer. Fra i bisogni insoddisfatti che necessitano di una “presa in carico” e una risoluzione tempestiva, la necessità di dotarsi da un punto di vista clinico di più strumenti “tecnici”.
«È urgente avere indicatori oncologici nazionali – spiega Adriana Bonifacino, Fondatrice di Fondazione IncontraDonna – che permettano di valutare con precisione le caratteristiche del tumore metastatico, così da garantire risposte adeguate in funzione delle disponibilità terapeutiche disponibili. L’innovatività farmacologica sta contribuendo ad aumentare le possibilità di cura e la sopravvivenza globale e quella libera da progressione e, in alcuni casi, favorire la regressione della malattia metastatica. Vivere più a lungo impone di garantire alle donne e ai pazienti in generale, una buona qualità di vita. Inoltre è prioritaria la definizione di un PDTA specifico per il tumore del seno metastatico, affinché tutti i pazienti in un’ottica di equità, ovunque vivano, possano avere accesso alle medesime opportunità di cura e assistenza». Ciò significa garantire una continuità della presa in carico sul territorio, non solo nei centri ospedalieri di riferimento. «È necessario un “decentramento dell’assistenza”, prossimo alla persona. La vicinanza fisica ai luoghi di cura – aggiunge Nicola Silvestris, Segretario Nazionale AIOM (Associazione Italiana Oncologia Medica) – rappresenta un grande vantaggio per pazienti e caregiver. Benché il tumore al seno metastatico sia una patologia molto complessa, alcune terapie possono essere ricevute fuori dal reparto oncologico ospedaliero, così come diverse prestazioni diagnostiche possono essere effettuate in strutture sanitarie territoriali più vicine al domicilio della paziente.
La territorializzazione delle cure, se ben integrata e coordinata con i centri di riferimento e rispondente ad adeguati standard qualitativi, può offrire risposte concrete ai bisogni quotidiani della donna». Le quali chiedono inoltre un supporto psicologico, utile anche a ricevere risposte rapide a domande quotidiane che spesso trovano spazio durante le visite, e un contatto con le figure referenziali: la relazione di fiducia che si instaura e si consolida nel tempo con medici e infermieri è percepita, infatti, come insostituibile. «Una diagnosi di cancro, soprattutto se metastatico, si accompagna quasi sempre a un forte senso d’incertezza per il proprio futuro – chiarisce Anna Costantini, Past President e Consigliera Nazionale SIPO (Società Italiana di Psico-Oncologia) – Il timore per la progressione della malattia o per la vita non rappresenta di per sé una reazione irrazionale, ma se si manifesta in forma grave può evolvere in un disturbo psicopatologico come una depressione clinica e interferire con il benessere e la qualità della vita. Queste reazioni vanno portate all’attenzione dell’intero team che prende in carico la paziente attraverso screening rapidi dedicati, poiché le forme gravi non migliorano senza interventi psico-oncologici specialistici di provata efficacia». In questo contesto, strumenti come la telemedicina e il teleconsulto, possono essere utili, accorciano le distanze e sgravano il lavoro che peso sugli ospedali.
«È impegno del Parlamento – dichiara Lavinia Mennuni, Membro Commissione Permanente Bilancio del Senato – sostenere una sanità che porti la cura vicino ai cittadini, utilizzando telemedicina e percorsi personalizzati per evitare ricoveri inutili e garantire continuità assistenziale, dove l’oncologia occupa una posizione centrale nell’azione di governo. Investire in diagnosi precoce, nuovi farmaci e tecnologie migliora la qualità di vita dei pazienti e, allo stesso tempo, contiene la spesa pubblica. Gli sforzi vanno inoltre orientati a strutturare un PDTA che superi le disparità regionali, che promuova la continuità delle cure e il diritto all’oblio oncologico. Offrire alle pazienti metastatiche un percorso assistenziale stabile e dignitoso è un dovere civile e una scelta di sostenibilità per il sistema sanitario». Opinione condivisa da altri rappresentati: «È responsabilità delle istituzioni impegnate nell’ambito sanitario – commenta Americo Cicchetti, Commissario straordinario AGENAS – assicurare a tutte le pazienti pari opportunità di accesso alle cure, indipendentemente dal luogo in cui vivono. Questo principio deve valere anche per le donne con tumore al seno metastatico, soprattutto allo stato attuale in cui si sta finalmente assistendo a un’importante evoluzione delle terapie e delle possibilità di trattamento. Come Agenzia, intendiamo implementare i servizi di assistenza ai cittadini e assicurare percorsi di cura sempre più appropriati, integrati e centrati sulla persona».
L’impegno istituzionale deve essere dunque sinergico, con particolare attenzione al PDTA per il tumore del seno metastatico: «Dobbiamo essere uniti nel contrastare una sanità a macchia di leopardo – conclude Beatrice Lorenzin, Membro Commissione Permanente Bilancio del Senato -. Per questo servono PDTA e reti oncologiche coordinati a livello nazionale, perché le attuali frammentazioni regionali rischiano di relegare le terapie avanzate solo a chi entra nei trial clinici. Investire in un PDTA specifico per il tumore metastatico del seno significa riconoscere l’importanza della presa in carico multidisciplinare, del sostegno psicologico, dell’assistenza domiciliare e della continuità di cura lungo tutto il percorso di malattia. In vista della legge di bilancio mi batterò affinché vengano stanziate risorse adeguate per la prevenzione, per l’estensione dei programmi di screening e per la piena attuazione dei PDTA, dimostrando che la salute delle donne non è un costo, ma un investimento sul futuro».
di Francesca Morelli