Come sentono i bambini con l’impianto cocleare?

Com’è possibile valutare la qualità dei suoni percepiti dai bambini che hanno avuto un impianto cocleare, dopo una diagnosi di sordità profonda? E’ la scommessa del progetto di ricerca della dottoressa Sara Ghiselli, specialista in Audiologia e Foniatria presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Audiologia  dell’IRCCS materno infantile Burlo Garofolo di Trieste, che è stata premiata con una borsa di studio di 7 mila euro, messa a disposizione dal Centro Studi e Ricerche Amplifon. Insieme a lei sono stati premiati la dottoressa Eleonora Trecca, specializzanda presso l’Università di Foggia, per il suo progetto di ricerca sui metodi di prevenzione della perdita uditiva nel corso di interventi chirurgici, e il dottor Glauco Cristofaro, specializzando presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria dell’Università degli Studi di Pisa, per la sua ricerca su come si possa proteggere il nervo acustico, con l’utilizzo delle neurotrofine, per migliorare l’udito nei portatori di impianti cocleari. I tre borsisti hanno ricevuto il premio in occasione del recente Congresso AUORL, che si è tenuto presso il Centro Ricerche e Studi Amplifon, presieduto dal Professor Gaetano Paludetti, titolare della Cattedra di Otorinolaringoiatria all’Università Cattolica/Policlinico Gemelli.

Nell’occasione, abbiamo rivolto qualche domanda alla dottoressa Ghiselli, che svilupperà la sua ricerca dapprima presso il Dipartimento di Otorinolaringoiatria e Audiologia dell’Istituto Burlo Garofolo di Trieste e, da luglio in poi, lavorerà sotto la guida della professoressa Liat Kishon Rabin, dell’università di Tel Aviv, una delle massime esperte mondiali di Audiologia pediatrica.

Anzitutto qual è l’incidenza nei bambini di ipoacusia e di sordità profonda?
«In Italia l’incidenza di ipoacusia alla nascita, a prescindere dal grado di perdita dell’udito, è stimata tra 1 e 2 per 1000 bambini nati sani. Si innalza, invece, a 1-3 ogni 100 nati in caso di bambini prematuri, ricoverati in terapia intensiva alla nascita. L’incidenza si innalza ulteriormente negli adolescenti, fino a 3-5 ogni 1000. Le perdite di udito di grado profondo sono all’incirca più del 60% delle ipoacusie totali. Attualmente in Italia sono stati eseguiti circa 1250 impianti cocleari, di cui il 40% sono pediatrici».

Come si può valutare la qualità dei suoni percepiti da un bimbo non udente, dopo l’impianto cocleare?
«Non esiste un termine di paragone perché il bambino non ha mai sentito. E’ un po’ come scrivere su una lavagna vuota… Oggi gli strumenti diagnostici permettono di individuare la sordità profonda fin dai primi mesi di vita. A sei mesi si utilizzano le protesi acustiche e a 10-12 mesi l’impianto cocleare: entro l’anno questi bambini diventeranno “udenti”. Quello che è difficile capire è appunto la qualità del suono percepito. Gli strumenti esistenti valutano infatti la quantità dei suoni, ma non “come” i bambini sentono. E’ la scommessa del progetto che, grazie al contributo del Centro Ricerche e Studi Amplifon, stiamo avviando. Per capire la qualità del suono, ci siamo proposti di valutare il “carico emotivo”, ovvero lo sforzo cognitivo che i bambini con impianto cocleare mettono in atto, e l’attenzione rivolta all’ascolto, soprattutto in ambienti difficili con rumori e interferenze di fondo. Per questo cercheremo di valutare l’ascolto di due stimoli uditivi: la voce, attraverso filastrocche che saranno lette da un’operatrice e la musica, che verrà cantata appositamente da una cantautrice londinese che ha composto la canzone “Happy song”. Valutiamo quanto viene modificato l’ascolto in ambiente silenzioso e rumoroso, e confrontiamo poi questi dati con quelli dei bambini normoudenti».

Quali strumenti vengono utilizzati per valutate queste differenze?
«Utilizziamo uno schermo, con telecamere nascoste che il bimbo non vede, e misuriamo, codificandole in parametri numerici, il diametro della pupilla. Maggiore è l’impegno di attenzione richiesto e più aumenta il diametro della pupilla. Un altro elemento che valutiamo è il movimento dell’occhio, per capire il grado di attrazione verso lo stimolo visivo. E questo si ottiene con la “Pupillometria high-tracker”. Utilizziamo un cartoon, che è stato appositamente realizzato da una grafica slovena di Lubiana. Durante la presentazione del cartoon, facciamo indossare ai bambini un caschetto, simile a quello dell’elettroencefalogramma, collegato a un sistema che si chiama NIRS, in grado di valutare la traiettoria delle immagini che si ricevono in base al passaggio di emoglobina nei vasi sanguigni. Se l’area interessata è più attiva, riceverà più emoglobina. Il terzo strumento valuta come vengono emessi i suoni: utilizziamo il sistema “Ambisonics”, di cui disponiamo al Burlo Garofolo, tra i pochissimi in Europa. Questo sistema crea una sfera uditiva “immersiva”, molto simile all’ambiente naturale, decisamente meglio rispetto a quello della cabina audiometrica. Dall’Imperial College di Londra, tramite l’ingegner Piccinali, abbiamo ricevuto i software per valutare le tre strumentazioni. I risultati verranno poi confrontati con quelli dei bambini della stessa età, normoudenti. La sperimentazione avverrà presso il Dipartimento di Audiologia dell’IRCCS materno infantile Burlo Garofolo di Trieste su circa una ventina di bambini, tra 18 e 36 mesi. A fine sperimentazione, nel mese di luglio, mi trasferirò a Tel Aviv, dove lavorerò con la professoressa Liat Kishon Rabin, una delle massime esperte mondiali di Audiologia pediatrica. E lì valuteremo anche qualche adulto, con impianto cocleare. A fine anno potremo far conoscere i primi risultati di questo nostro studio».

di Paola Trombetta

Articoli correlati