Diabete: affrontarlo “in coppia” è meglio!

Il gioco di squadra, la condivisione e la co-partecipazione contano sempre. Fino a decretare il successo e il superamento di un contesto “difficile”, tanto nella quotidianità, quanto e soprattutto nella malattia. Gli esempi sono tanti: da una storia di tumore, alle patologie croniche come il diabete. Avere al fianco chi comprende le necessità, fisiche, psicologiche ed emotive del partner più fragile, costituisce ad ogni età, dall’adolescenza fino ai 100 anni, un puntello imprescindibile: la molla che aiuta a lottare, ad accettare la sfida con la “giusta” motivazione. «In una coppia in cui il partner ha il diabete, la componente affettiva ha un “potere” enorme, tanto da contribuire a migliorare la gestione della patologia nella sua complessità e totalità», spiega Maria Chantal Ponziani, responsabile della Struttura Semplice Dipartimentale di Diabetologia e Malattie Metaboliche, ASL di Novara. Si crea così un binomio sinergico: «C’è una compenetrazione fra il bisogno di aiuto clinico da parte della persona con diabete – prosegue la dottoressa – e la “risposta” di chi vuole essere preparato per poter offrire il miglior supporto emotivo e pratico a chi sta vivendo questo percorso di convivenza con la cronicità, le sue richieste e implicazioni. Il sostegno da parte del partner è molto importante, a patto che non invada gli equilibri della coppia». Come a dire che il partner deve essere così in gamba da restare dietro le quinte, facendo sentire la sua autorevole presenza nel momento in cui serve. Il supporto che il partner può dare al trattamento e alla condivisione della malattia può essere condizionato da diversi fattori quali, ad esempio, la motivazione che la persona con diabete trova in sé stessa per affrontare il male, il tempo che l’adulto riesce a trovare e a condividere con il compagno, lo spazio e il livello di coinvolgimento che la persona diabetica è disposta a dare e a ricevere dal proprio “supporter”. Un equilibrio non sempre facile: tra le criticità maggiori c’è la difficoltà a trovare il giusto mezzo per essere efficacemente presenti, senza cioè eccedere in troppa protezione o troppa distanza.

«Sono innegabili i vantaggi che derivano da una condivisione aperta della malattia con il partner in cui cioè la coppia si allea – prosegue l’esperta – per trovare soluzioni efficaci che si possano adattare alla routine di entrambi. In questo modo si crea un supporto reciproco più paritario rispetto alla dinamica familiare di quando ad ammalarsi di diabete è, ad esempio, il figlio o la figlia».

Invece cosa accade tra le giovani coppie quando il partner adolescente confida di avere il diabete? L’outing sembra avere successo: vincono l’amore assoluto e l’intimità. «A differenza di quelle adulte, le coppie di giovani ragazzi – chiarisce la diabetologa – raccontano molto più serenamente il loro problema e chiedono di gestirlo assieme al partner. È una condivisione piena, di amore assoluto, in grado di accogliere anche una malattia cronica, scoprendo i vantaggi di affrontarla insieme. E si riconferma, con questa scelta, la dichiarazione di amore assoluto: “ti amo e ti aiuto” in una sorta di gara di solidarietà che punta a mettere a proprio agio il fidanzatino o fidanzatina, non facendogli pesare la propria condizione, né verso di sé né nei confronti del compagno». Ad esempio tra gli adolescenti è tipico compiere piccoli teneri gesti, come rinunciare al dolce o alla bibita zuccherata per non creare differenze e sofferenze reciproche.

Cosa accomuna, allora, le coppie adulte e i giovani adolescenti con una storia di diabete? L’apprezzamento della tecnologia: i più moderni device, di piccole dimensioni e non invasivi, ne hanno sensibilmente cambiato la gestione, rendendo più agile, tranquillo e sicuro il controllo della glicemia, tanto nella quotidianità come nell’intimità. Si tratta di sistemi intelligenti creati per fornire precise informazioni e somministrazioni, senza richiedere ripetuti pungidito per inoculare insulina e controllare la glicemia: il monitoraggio si avvia in automatico ogni 5 minuti così da annunciare con anticipo quando e se è necessario intervenire sulla terapia. «La tecnologia – precisa Ponziani – si conferma lo strumento più idoneo per evitare sbalzi glicemici eccessivi, grazie al monitoraggio in continuo del glucosio e alla possibilità di sapere in anticipo come evolverà l’andamento della glicemia nel breve termine. Inoltre, grazie alle pompe d’insulina, è possibile adattare meglio la somministrazione del farmaco, contribuendo a prevenire le ipoglicemie e le iperglicemie. Questo comporta una maggiore tranquillità per la persona con diabete e anche per il partner che può vedere in diretta, dallo smartphone, l’iter della glicemia e dell’insulina».

Insomma, questi device sono in grado di placare l’ansia e la tensione dei partner iperprotettivi che desiderano “monitorare” di persona il consumo dei pasti, i valori del glucosio nel sangue, la puntualità dell’iniezione. Alla domanda: il diabete può essere vissuto con positività “dentro” la coppia? La risposta è sì, con il rispetto e la messa in atto di 5 regole d’oro, o meglio “di zucchero”, come suggerisce la diabetologa:

  • Fai del diabete un “fatto ordinario”. Costruire una dimensione di normalità, facendo rientrare la gestione del diabete nella routine quotidiana, serve ad evitare eccessi reciproci, ad esempio assillare o allontanare troppo il partner.
  • Nulla escluso! Anche con il diabete non è necessario precludersi alcuna attività. Certo, è bene e necessario discutere con il diabetologo come comportarsi, anche e soprattutto in caso di situazioni estreme, ad esempio pianificando importanti attività sportive, lavorative, di stress o di ogni altro contesto fuori norma e che possono implicare investimenti diversi e dispendiosi per il fisico.
  • Siamo in due! Non solo nella routine quotidiana, ma anche quando si tratta di sogni che sono soprattutto del partner: non esistono professioni o attività più adatte per chi ha il diabete e l’incoraggiamento del partner può contribuire a realizzarle.
  • L’armonia fa la differenza, specie quando si tratta della salute dei figli. È difficile prevedere come si svilupperà la malattia nei giovani. Tuttavia è necessario saper controllare lo stato di ansia che una coppia o i genitori potrebbero far sentire e vivere ai giovani e, di conseguenza, a tutta la famiglia.
  • Condividere è la parola d’ordine. Ad esempio partecipare a gruppi di mutuo aiuto o entrare a fare parte di una community di coppie che vivono la stessa esperienza è l’occasione fondamentale per non sentirsi soli, diversi o fuori dal mondo.

di Francesca Morelli

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