Come contrastare la resistenza agli antibiotici

Raffreddore, tosse, qualche linea di febbre: i malanni causati dai primi freddi e dai continui sbalzi termici hanno già colpito in Italia più di 200 mila persone (80 mila solo nell’ultima settimana). Se i farmaci di automedicazione, senza obbligo di ricetta medica, sono il rimedio utilizzato dal 58% degli italiani, non manca una percentuale del 15% che ricorre agli antibiotici e lo fa anche ai primi sintomi di influenza, come ha confermato un’indagine di Assosalute, presentata nei giorni scorsi a Milano. Niente di più sbagliato, poiché gli antibiotici contrastano i batteri e non i virus, responsabili dell’influenza, che comunque non è ancora arrivata, e delle sindromi para-influenzali diffuse invece in questo periodo. Con il grosso rischio, che si è già verificato negli anni passati, di favorire l’insorgenza di antibiotico-resistenze.

A mettere in guardia da questo pericolo sono gli esperti del GISA (Gruppo Italiano per la Stewardship Antimicrobica), riuniti i giorni scorsi a Capri, in occasione del Congresso: “Lotta all’antibiotico-resistenza: dalle buone intenzioni alle azioni risolutive”, dove è stato presentato un documento con le regole per combattere le infezioni e contrastare la resistenza agli antibiotici. «L’Italia è uno degli ultimi Paesi in Europa ad aver preso provvedimenti contro l’antibiotico-resistenza, inserita ora a pieno titolo nel Piano nazionale di prevenzione e ripresa dalle Linee guida GISA», conferma la dottoressa Stefania Iannazzo, della Direzione generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute. «Nel nostro Paese, la percentuale di Staphylococcus aureus e di Escherichia coli resistenti alle cefalosporine raggiunge il 25% e 50%. Più preoccupanti alcuni ceppi della Klebsiella pneumoniae, la cui resistenza alle cefalosporine supera il 50%. Lo stesso vale per la Pseudomonas aeruginosa, resistente ai carbapenemi, tra i microorganismi responsabili soprattutto di infezioni ospedaliere».

Perché si sono accentuate queste resistenze batteriche agli antibiotici? «Il motivo principale è l’uso improprio ed eccessivo degli antibiotici», conferma Pierluigi Lo Palco, professore di Igiene e Medicina preventiva all’Università di Pisa. «Basti pensare ai pediatri che prescrivono troppi antibiotici. E alle mamme che, spesso, insistono con i medici o addirittura decidono arbitrariamente di somministrare antibiotici ai propri figli. E sono magari le stesse mamme che poi non vogliono vaccinare i bambini. Senza rendersi conto che le vaccinazioni sono uno strumento prezioso per ridurre le infezioni e di conseguenza l’uso di antibiotici».
In particolare, le vaccinazioni sono consigliate agli operatori sanitari per arginare il crescente fenomeno delle infezioni ospedaliere. «Ogni anno si registrano da 400mila a 700mila casi di infezioni ospedaliere che spaventano quasi più delle malattie per le quali si è stati ricoverati», puntualizza il professor Francesco Menichetti, presidente GISA e docente di Malattie infettive all’Università di Pisa. «Praticamente le infezioni colpiscono dal 5 all’8% dei pazienti ricoverati, soprattutto quelli assistiti nelle terapie intensive che arrivano anche al 15%. Nell’1% dei casi queste infezioni sono mortali. Per questo noi del GISA insistiamo perché si pratichi la vaccinazione tra gli operatori sanitari. Vaccinarsi vuol dire ridurre le infezioni e di conseguenza anche l’uso di antibiotici. In Italia lo scorso anno però solo il 15% del personale sanitario si è vaccinato contro l’influenza. Forse dovremmo seguire l’esempio della Finlandia dove la vaccinazione per gli operatori sanitari è diventata obbligatoria… A ciò si deve aggiungere la raccomandazione di usare materiali sterili e lavarsi spesso le mani per evitare il passaggio di batteri da un degente all’altro».

Un altro suggerimento per contrastare l’antibiotico-resistenza è la messa in commercio di nuovi antibiotici. «Oggi i nuovi antibiotici rappresentano in realtà un’evoluzione di quelli già esistenti», puntualizza il professor Menichetti. «Non godono quindi di percorsi che ne favoriscono un rapido accesso. Senza cadere nell’insensata liberalizzazione, occorre definire chiaramente gli ambiti di potenziale utilità, con priorità per i trattamenti di infezioni gravi che magari non hanno risposto ad altri farmaci o di pazienti “fragili” come gli immunodepressi».
In riferimento ai provvedimenti presi dalle Regioni per limitare le infezioni e l’antibiotico-resistenza, c’è da riconoscere un primato alla Regione Campania che per prima ha recepito le Linee di indirizzo per l’attuazione di programmi contro l’antibiotico-resistenza e l’implementazione di protocolli di terapia antibiotica mirata in ambito ospedaliero e territoriale.

di Paola Trombetta 

 

Le dieci regole del GISA

Ecco le dieci regole, messe a punto dal GISA, per l’uso corretto degli antibiotici e per contrastare le resistenze batteriche.

  1. Vaccinare gli adulti, in particolare gli operatori sanitari, per garantire un’adeguata copertura e ridurre il rischio di infezioni, soprattutto negli ospedali.
  2. Diffondere la profilassi antibiotica in tutti gli interventi di chirurgia per evitare il propagarsi di infezioni.
  3. Controllo delle infezioni come priorità del Sistema Sanitario.
  4. Controllare l’uso degli antibiotici negli animali e negli alimenti.
  5. Ruolo dei marcatori per identificare la tipologia esatta del batterio.
  6. Diagnosi rapida delle infezioni batteriche per scegliere la giusta terapia.
  7. Test sempre più sensibili e mirati per accelerare la diagnosi.
  8. Gestire al meglio l’uso degli antibiotici, evitando l’empirismo terapeutico.
  9. Presenza di laboratori farmacologici negli ospedali e sul territorio per ottimizzare l’uso degli antibiotici e monitorarne l’efficacia.
  10. Programmi di gestione antimicrobica con campagne di sensibilizzazione pubblica.

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