Il test BRCA per prevenire il tumore all’ovaio

«Gonfiore addominale e un lieve dolore in basso a destra. Ero in premenopausa e attribuivo i disturbi agli sbalzi ormonali di questo periodo. Per scrupolo, però, avendo la fortuna di un marito ginecologo, feci un’ecografia. Bastò vedere la sua espressione mentre mi faceva l’esame: lo sgomento fu assoluto! La diagnosi non lasciava dubbi: tumore all’ovaio a uno stadio avanzato. Eppure, neanche un anno prima, avevo fatto sia l’ecografia che i marcatori tumorali Ca 125: entrambi negativi. Era il mese di aprile 2016 e avevo 53 anni».

È il racconto di Mirosa Magnotti, 55enne, ex giocatrice di basket, imprenditrice e oggi presidente della neonata Associazione ACTO Campania, da lei costituita il 5 aprile scorso. «Fui subito sottoposta all’intervento di asportazione del tumore e delle ovaie e a diversi cicli di chemioterapia massiccia. Poiché mia mamma era morta per un tumore al seno in età giovanile, mi sono sottoposta al test per valutare l’alterazione dei geni BRCA, che aumenta il rischio di tumore all’ovaio e al seno, e sono risultata positiva. Se solo l’avessi saputo, mi sarei fatta asportare le ovaie, a scopo preventivo, come ha fatto Angelina Jolie! Ritengo sia un vantaggio conoscere la presenza di queste alterazioni geniche: in questo modo si può fare una prevenzione più accurata, con mammografia ogni sei mesi ed ecografia transvaginale ogni 3/6 mesi. La scoperta di questa nostra “eredità genetica” ha indotto anche le mie parenti a fare il test e una cugina, in particolare, è risultata positiva e ha avuto una diagnosi di tumore in fase molto precoce, con asportazione preventiva delle ovaie, un intervento che le ha salvato la vita! Sono convinta che la possibilità di sottoporsi al test BRCA possa salvare molte vite. Per questo ho voluto costituire nella Regione Campania dove vivo, una sede di Acto Onlus, l’Associazione che si occupa di informare le donne sulla prevenzione di un tumore, come quello all’ovaio, che ha ancora una mortalità dell’80%, perché viene diagnosticato tardivamente. Proprio in occasione della Giornata Mondiale sul Tumore Ovarico 2018 Acto ha lanciato su Facebook la campagna “Io scelgo di sapere” e il giorno 8 maggio pubblicheremo sulla pagina Facebook un filmato con tutte le storie delle donne che hanno scelto di sottoporsi al test BRCA per mettersi al sicuro. Il test BRCA è infatti l’unico modo per avere una diagnosi precoce. Se il gene BRCA risulta alterato, la donna ancora sana, ma ad alto rischio, deve sottoporsi a controlli ecografici più ravvicinati ed eventuale asportazione preventiva di mammelle e ovaie. Questo test è particolarmente utile anche per ottimizzare la terapia. Le portatrici di questa mutazione, infatti, rispondono meglio alle cure, con l’utilizzo di particolari farmaci, detti PARP inibitori. Io stessa sono entrata in un protocollo di sperimentazione, che terminerà a novembre 2018, per testare l’uso di questi farmaci, nella prevenzione delle recidive».

Come agiscono queste nuove molecole e quali progressi nella cura del tumore all’ovaio? «Si tratta di farmaci che inibiscono l’enzima PARP, che controlla i meccanismi di riparazione delle cellule cancerogene. Inibendo questo enzima, le cellule del tumore non sono più in grado di ripararsi e di sopravvivere e perciò muoiono», puntualizza il dottor Sandro Pignata, direttore dell’Unità di Oncologia Medica Uroginecologica dell’Istituto dei Tumori “Pascale” di Napoli che, insieme al Policlinico Gemelli di Roma e allo IEO di Milano, partecipa a questo protocollo di sperimentazione, esteso a 600 donne con tumore ovarico e alterazione dei geni BRCA, in tutta Europa. «La scommessa è quella di valutare se le donne che assumono il farmaco in questione sono più protette da recidive di tumore. I risultati della sperimentazione saranno resi noti a fine anno. Indubbiamente l’introduzione di questi nuovi farmaci ha aumentato la sopravvivenza delle donne con questo tumore, la cui mortalità era dell’80%. Oggi, in molti casi, il tumore all’ovaio tende a cronicizzare, perché viene controllato da chemioterapie mirate (cisplatino, taxolo, doxorubicina, trabectedina) e da alcuni farmaci molto efficaci, come gli antiangiogenici (bevacizumab) e la nuova classe dei PARP-inibitori. Dalle recenti sperimentazioni, abbiamo anche visto che le donne con alterazione dei geni BRCA rispondono meglio a queste nuove terapie e hanno più probabilità di sopravvivenza. Per questo riteniamo fondamentale sottoporre le donne a questo test preventivo, sia nei casi di tumore all’ovaio, per somministrare le terapie più efficaci, sia nelle donne con familiarità a questo tumore per mettere in atto programmi di prevenzione più ravvicinati e mirati, soprattutto nelle giovani. Nei casi di donne in menopausa, con alterazioni di questi geni, si può proporre la mastectomia bilaterale e annessiectomia (asportazione delle ovaie e delle tube) profilattiche».

di Paola Trombetta 

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