Casellati: la prima donna al Senato, dopo tre presidenti alla Camera

Mentre si discute sui candidati alla corsa per la presidenza del Consiglio, per la prima volta nella storia della Repubblica italiana, il 24 marzo scorso una donna, Maria Elisabetta Alberti Casellati, è stata eletta presidente del Senato della Repubblica nella XVIII legislatura. L’importanza di questo voto è palpabile, poiché ancora oggi le donne, nonostante le conquiste politiche, sindacali e sociali, rimangono in netta minoranza nei posti chiave della decisione politica, fatta prevalentemente da uomini. Così come non possiamo nascondere che in Italia esiste una classe dirigente al femminile che gode di rispetto e consenso, ma non sempre adeguatamente considerata.
I risultati in quest’ultima tornata elettorale? Alla Camera entrano 210 donne su un totale di 630 deputati, il 33%; al Senato ne entrano 107 su 315 senatori eletti, il 34 %. In realtà ci aspettavamo dati migliori, perché il potere delle donne serve a migliorare la società. Come evidenzia il rapporto di  “UN Women” (l’agenzia Onu per l’uguaglianza di genere e l’autoaffermazione delle donne): “L’inclusione delle donne nei processi politici li migliora, e vengono introdotte leggi e politiche più progressiste”. L’obbiettivo finale non è quello di avere un Parlamento più “rosa”, bensì leggi più giuste, un’ Italia più moderna e dinamica e con parità effettiva di genere. Ed è alle donne che Maria Elisabetta Alberti Casellati dedica una parte importante del suo discorso di insediamento, avvertendo come “nessun traguardo” possa più essere loro precluso, e ringraziandone molte: dalle eroine del Risorgimento a“tutte quelle donne che con le loro storie, azioni, esempio e coraggio hanno costruito l’Italia di oggi: un Paese democratico e liberale”.

Maria Elisabetta Alberti Casellati è dunque la prima donna a sedere sullo scranno più alto di Palazzo Madama e la prima a ricoprire il ruolo di seconda carica dello Stato. È un’avvocatessa matrimonialista di Rovigo, classe 1946, sposata con l’avvocato Giambattista Casellati. Ha due figli, Ludovica, giornalista e Alvise, direttore d’orchestra. E un nipotino di nove anni. Si è laureata in giurisprudenza e specializzata in diritto canonico alla Pontificia Università Lateranense ed è stata membro del Consiglio Nazionale della Magistratura e titolare di vari sottosegretariati, da sempre vicina a Berlusconi, in difesa del quale interviene più volte, soprattutto sul piano giudiziario, sostenendo le cosiddette “leggi ad personam”. Nella sua storia politica, Casellati si occupa anche di sanità, prima come presidente della Commissione al Senato, dal 1994 (anno del suo ingresso in Parlamento) al 1996, poi come sottosegretario alla Salute da fine 2004 al 2006. E’ stata anche sottosegretaria al ministero della Giustizia. Tanti successi, perseguiti con lucida determinazione e indubbia competenza. Elisabetta Casellati è stata chiara fin dalla sua prima uscita pubblica: “preferisco essere chiamata Presidente e non Presidentessa” (sottinteso: come invece faceva Laura Boldrini). “La parità è sostanza, non è forma. Oltretutto c’è anche un risparmio di spesa, perché avrei dovuto cambiare tutto, dalla cancelleria alle etichette e, con i tempi che corrono, non ècerto questo un problema importante”.
“Siamo felici perché una donna per la prima volta è stata eletta presidente del Senato, ma al tempo stesso preoccupati per le dichiarazioni che la presidente Casellati ha rilasciato in merito alle unioni civili. Speriamo che, per la prossimaGiornata mondiale contro l’omofobia, il 17 maggio, possa aprire le porte di Palazzo Madama alle associazioni lgbt per un confronto sereno”. Con queste parole Daniele Priori, segretario nazionale dell’associazione GayLib ha commentato l’elezione della senatrice.

Dalla nascita della Repubblica, soltanto tre donne sono state invece elette alla presidenza della Camera dei Deputati: Nilde Iotti, Irene Pivetti e Laura Boldrini. Donne tra loro diversissime.

Nilde Iotti. Sguardo diritto e fiero, avanzava lenta e solenne nei saloni di Montecitorio. Un’eleganza sobria, acconciatura classica, la stessa di una vita: capelli a chignon. Così tutte le settimane, per tredici anni. Leonilde Iotti è la prima presidente donna della Camera, carica ricoperta ininterrottamente dal 1979 al 1992, mostrando grande capacità di equilibrio, di mediazione e di confronto tra posizioni politiche anche molto diverse. Ciononostante, donna di grande fermezza e determinazione, ha dovuto esaputo sfidare resistenze, ostilità e chiusure mentali, sia dentro che fuori il suo partito. Venne eletta a poca distanza di tempo dal delitto Moro, voluta in quell’incarico da Enrico Berlinguer. Nasce a Reggio Emilia il 10 aprile 1920. La mamma era casalinga, il papà ferroviere antifascista che fu licenziato per le sue idee politiche. Nonostante le disagiate condizioni economiche nelle quali versava, papà Iotti iscrisse la giovane figlia all’Università Cattolica di Milano, perché come spesso ricordò Nilde citando le sue parole: “È meglio stare con i preti, che con i fascisti”. Dopo la laurea, intraprese la carriera dell’insegnamento in un istituto tecnico, e durante i mesi della guerra partigiana partecipò attivamente alla Resistenza. Entrò nel Partito Comunista Italiano nel 1943 e in Parlamento nel 1946, diventando membro dell’Assemblea Costituente e, nel 1948, alla Camera dei deputati: è stata una protagonista dell’ingresso faticoso e travagliato, ma anche travolgente, delle donne nella vita di una repubblica che stava nascendo, e delle tante battaglie condotte dalle donne per la conquista dei diritti e di una piena cittadinanza. Battaglie ed esperienze che lei ha definito una “ricerca”, ricerca di se stesse, di un’identità nuova, di un loro ruolo autonomo nella vita del paese.Battaglie per l’accesso delle donne alla magistratura, per la pensione alle casalinghe, l’uguaglianza giuridica dei coniugi, per riconoscere alla donna “in tutti i campi della vita sociale una posizione giuridica tale da non menomare la sua personalità e la sua dignità”. Negli anni ’70 promuove le battaglie sul referendum per il divorzio (1974) e per la legge sull’aborto (1978). Anche nella vita privata Nilde Iotti si è assunta la responsabilità e il peso di una scelta che a quel tempo andava contro corrente, protagonista di una grande storia d’amore con Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano, di 27 anni più anziano, conosciuto in un fatale e “galeotto” incontro in un ascensore di Montecitorio. Una relazione molto sofferta e controversa: lui allora era sposato, con un figlio con problemi mentali e per lei lasciò la famiglia. Si amarono profondamente, contro tutti e contro tutto, in una società fortemente bacchettona e clericale sfidando l’ostilità dei militanti del Pc e le rigide regole del Partito che non ha mai amato la loro relazione.

Irene Pivetti. “Come cittadino e come Presidente della Camera, mi inchino alla Carta costituzionale e mi impegno alla rigorosa osservanza del mio mandato istituzionale. Come cattolico, non posso non affidare la mia opera in questo Parlamento e, nella preghiera, la vita del paese, alla volontà di Dio, a cui appartengono i destini di tutti gli Stati, e della storia”. Il 15 aprile 1994 una giovanissima e allora sconosciuta Irene Pivetti si ritrova alla presidenza di Montecitorio. E’ stata eletta a soli 31 anni al quarto scrutinio e resterà in carica fino al 1996 . “Ero in macchina, per poco non andavo a sbattere”.
Quella sua esperienza sullo scranno più alto di Montecitorio, Pivetti se la ricorda come “un’avventura intensissima”, segnata, pur in un clima di odio verso la Lega, dalla realizzazione delle riforme istituzionali. L’ex presidente della Camera rivendica il merito di aver avviato una “spending review ante litteram” (“tagliai il 10% delle spese e allora l’antipolitica non andava di moda”). È figlia del regista Paolo Pivetti e dell’attrice e doppiatrice Grazia Gabrielli. Sorella dell’attrice Veronica Pivetti  Laureata con lode in lettere (indirizzo filosofico) all’Università Cattolica di Milano, subito dopo la laurea lavora come consulente editoriale. È stata sposata per brevissimo tempo con Paolo Taranta (matrimonio annullato dalla Sacra Rota, dietro suo ricorso) e poi con Alberto Brambilla (la storia con Alberto, all’epoca, fece scalpore perché era di 10 anni più giovane di lei), dal quale ha avuto due figli e da cui ha divorziato nel 2010.

Laura Boldrini. È stata eletta presidente della Camera dei Deputati: al quarto scrutinio, all’età di 51 anni il 16 marzo 2013. E’ nata a Macerata il 28 aprile 1961. Il padre era avvocato, la madre insegnate di educazione artistica. A vent’anni il primo viaggio: in Venezuela, volontaria tra i campesinos dove lavorerà in una piantagione di riso. Continua nei suoi viaggi per il mondo visitando Messico, Costa Rica, Panama, Guatemala, Honduras, Nicaragua, Stati Uniti il Tibet, l’India e il Sud est asiatico. “Tra tante difficoltà”, aveva detto, “ma con la determinazione di chi vuole cavarsela da sola”. Ben presto verranno il Sud Est asiatico, l’Africa, l’India, il Tibet. Poi, con gli incarichi internazionali alle Nazioni Unite, le missioni nei luoghi di crisi: Bosnia, Albania, Kosovo, Pakistan, Afghanistan, Sudan, Caucaso, Angola, Zambia, Iran, Iraq, Giordania, Tanzania, Burundi, Ruanda, Sri Lanka, Siria e Yemen. Dopo la laurea in Giurisprudenza presso l’Università di Roma La Sapienza nel 1985, ha lavorato in Rai, sia per la televisione sia per la radio. Nel 1989 ha cominciato la sua carriera all’Onu lavorando alla Fao, dove si occupava della produzione video e radio. E poi al Programma Alimentare Mondiale. Per anni è stata portavoce dell’Alto commissariato dell’Onu per i rifugiati, i disperati del mare, in fuga da guerre e persecuzioni, senz’altra via di scampo. Nel 1993 è nata Anastasia, frutto di un matrimonio poi finito con Luca Nicosia, giornalista. Il suo discorso di insediamento dedicato agli ultimi, ai sofferenti, agli esodati, e soprattutto alle donne vittime della violenza maschile, venne accolto con una standing ovation. “Una donna che non lavora non è una donna libera, neanche dalla violenza domestica, perché si sentirà più insicura di fare la scelta di lasciare quella casa dove regna la violenza”, ha affermato. È una che si espone, Laura Boldrini, anche da presidente prende posizione su temi caldi: il dramma dei profughi, le guerre civili, l’omofobia, le discriminazioni di genere, il cyberbullismo, il fascismo. Ha sostenuto la parità di genere linguistica. Perché anche il linguaggio è, a suo modo, un simbolo. E infatti, nel 2014, la presidentessa Boldrini ha lanciato una vera battaglia per l’utilizzo del femminile nei mestieri svolti da donne: “ministra”, “chirurga”, “prefetta”… Su uno qualsiasi degli argomenti affrontati da Laura Boldrini, ci sono elogi, sostegni, critiche fino agli insulti sessisti volgarissimi sui social. L’ultima bufera: sulla maternità surrogata. “Esistono situazioni diverse, questa pratica viene esercitata sia da coppie italiane eterosessuali che coppie omosessuali che vanno all’estero. Poi tornano in Italia e non c’è regolamentazione. Ci va bene cosi? Vogliamo mettere la testa sotto la sabbia? Personalmente ho molte riserve sulla maternità surrogata. Se però esiste nella realtà bisogna regolarla anziché lasciarla alla libera gestione”.

di Cristina Tirinzoni

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