TATTOO: ORA E’ DI MODA CANCELLARLI. LO RACCOMANDANO ANCHE I DERMATOLOGI

Dopo la moda del tatuaggio, approdata dall’America e spopolata anche in Italia da più di dieci anni, il ripensamento. Passato il tempo della body art come strumento di sex appeal – sfoggio di icone, amori vecchi e nuovi, simboli, disegni di varia dimensione e fattura – oggi fa tendenza il natural style: una pelle (ri)pulita, cancellando i tatoo siano essi incisi alla luce del sole o in posti invisibili.
A lanciare la nuova corrente del non-tatuato sono ancora e sempre loro: le star americane tra cui Eva Longoria, Angelina Jolie, Johnny Deep, Megan Fox, Britney Spears e Paris Hilton – che pare stiano influenzando con le loro decisioni anche l’opinione italiana. Una tendenza già in parte annunciata da una precedente ricerca dell’Istituto Superiore di Sanità che avrebbe attestato che tra il 13% della popolazione tatuata, su un campione rappresentativo di 8mila italiani dai 12 anni in su, poco più del 92% si dichiara soddisfatto del proprio  tatuaggio, contro più del 17% motivato a cancellarlo, mentre il 4% sarebbe già ricorso a uno specialista per la rimozione.
Perché una passione viene cancellata? Le motivazioni, a detta degli esperti, possono essere diverse: per questioni di salute – sebbene siano le meno auspicabili, non sono da escludere complicazioni post-tattoo quali dolore, formazioni di granulomi, ispessimento della pelle, allergie cutanee ai pigmenti, infezioni e pus – o implicazioni in corso d’opera, compresa la possibile esposizione al rischio di epatiti B e C fino al virus Hiv, qualora i tatuaggi vengano attuati con strumentazioni non adeguate o in centri non autorizzati alla pratica. Oppure per fini estetici, banalmente un tattoo che si sta decolorando o che non piace più, oppure per fattori emotivi come nel caso di amori svaniti o da dimenticare perché è arrivato un nuovo compagno di vita. Non ultimo, per ragioni lavorative perché un tatuaggio in un punto ben visibile, potrebbe non essere gradito al capo o costituire perfino una discriminante all’assunzione.
Ma eliminarsi quei tatuaggi dalla pelle non è sempre cosa facile; molto dipende dalla dimensione dell’immagine incisa, dal colore dei pigmenti e dall’abilità del tatuatore. «Giallo e verde – spiega la professoressa Gabriella Fabbrocini, dermatologa e docente di Malattie cutanee e veneree presso l’Università degli Studi di Napoli Federico II – sono molto più duri da togliere rispetto a nero, blu, rosso e marrone, la cui rimozione consente di ottenere risultati abbastanza buoni, mentre il bianco, contrariamente a quanto si possa pensare, è impossibile da cancellare». Ma non solo: l’esito della rimozione può essere anche condizionata dal fattore tempo e dalla profondità di penetrazione del pigmento: infatti più il tatuaggio è recente, più è difficile da togliere e più il tatuatore è bravo più è in grado di mandare il pigmento in profondità rispetto a mani meno abili che mantengono invece il colore più in superficie rendendo dunque la cancellazione laboriosa e complessa. Talvolta la rimozione dei tatuaggi è anche “questione di genere”: in Italia, ad esempio, a richiederla sono soprattutto uomini, giovani, soprattutto se hanno sulla pelle tatuaggi di grandi dimensioni o molto elaborati o per cancellare nomi di ex amori. Mentre le donne sembrano essere più fedeli ai loro tatuaggi, in genere applicati per fini estetici, come un tatuaggio/trucco permanente, sfoggiati dal 3% di donne circa, a cui possono aggiungersi in una proporzione dello 0,5% tatuaggi medici, come una mappatura per la radioterapia. E se la decisione, senza ripensamento, è per l’out, gli esiti della rimozione rispetto al passato sono molto migliorati, grazie a tecniche più precise, raffinate, efficaci. Quali i laser, ad esempio, in grado di garantire una pulizia quasi perfetta. «Tra i più usati e di ultima generazione – precisa Fabbrocini – c’è il laser Q-switch, dotato di un raggio di altissima potenza, nell’ordine dei Megawatt, reso molto attenuato dalla brevità (si tratta di nanosecondi) di uscita del raggio laser stesso. Questo fa in modo che i pigmenti sottocutanei del tatuaggio si comportino come dei… popcorn: sotto le frequenti e rapidissime pulsazioni, infatti, si gonfiano sino a esplodere, riuscendo a mantenere la pelle intorno al tatuaggio abbastanza sana, senza il rischio di bruciature o brutti esisti cicatriziali».
Il laser per la rimozione della body art, ad oggi, è anche una delle metodiche più apprezzate non solo dagli esperti, ma anche dagli (ex) amanti dei tattoo che vi ricorrono più di frequente: uno studio americano, condotto dalla Patient’s Guide, attesterebbe infatti un aumento del 32% di tatuaggi estetici rimossi con questa metodica, di cui il 40% per motivi “di lavoro”, a conferma che il tatuaggio non fa bella immagine di sé in ambito professionale. Bisogna però saper anche decidere il tempo giusto per cancellare un tattoo: ideale è il periodo da ottobre ad aprile, evitando soprattutto i mesi estivi perché l’eventuale esposizione ai raggi solari può provocare danni alla porzione di pelle interessata dal trattamento laser, che per guarire richiede di essere tenuta il più possibile coperta e al riparo dalla luce ultravioletta. «Per ottenere buoni risultati – conclude la dermatologa – senza arrecare troppo fastidio al paziente, consiglio di non prolungare la seduta con il laser oltre i 10-20 minuti per trattamento, per un totale di 5-8 sedute, in funzione del colore del pigmento utilizzato o della dimensione del tatuaggio, distanziate almeno di 1 mese circa una dall’altra». Ma come ci si prepara alla seduta? Almeno un’ora prima è bene applicare sulla parte interessata una crema anestetica utile ad attutire l’eventuale dolore o a prevenire la possibile formazione di vescicole. Alla fine della seduta, se necessario e dietro consiglio medico, potrebbe essere utile medicare la zona con crema antibiotica per evitare infezioni, prima del trattamento successivo. Ma l’indicazione fondamentale è rivolgersi, sia per l’apposizione che la rimozione dei tattoo, a centri altamente specializzati per evitare rischi inutili, anche gravi, e prevenibili.

di Francesca Morelli

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