AI TROPICI, PER UNA VACANZA SICURA: VACCINATI!

Le vacanze “vaccinate” sono sicure. Almeno se le mete dei viaggi sono il Continente Africano, il Sud Est Asiatico, l’America Latina e il Medio Oriente: paesi definiti a rischio sanitario, nei quali cioè si concentrano i rischi più elevati di contrarre specifiche “malattie del viaggiatore”.  Alcune delle quali anche importanti e pericolose come la malaria, l’epatite di tipo A, la febbre tifoide o gialla. A tal punto che, secondo i dati diffusi dall’Istituto Superiore di Sanità, circa l’8% dei viaggiatori diretti verso questi Paesi in via di sviluppo, o aree a rischio, durante o dopo il viaggio richiede cure mediche a causa di febbre, rash cutanei e diarrea acuta: tutti sintomi correlati a queste malattie tropicali. Un’esposizione di rischio tanto più aumentata dalla recente comparsa di nuovi veicoli di contagio: l’epidemico zika, virus trasmesso da una zanzara che sviluppa microcefalia o calcificazioni intracraniche in fase prenatale o alla nascita in neonati figli di madri positive al test per l’infezione; o dengue e chikungunya, due altre malattie infettive trasmesse da zanzare infette del genere Aedes.
«Quando si programma un viaggio in un Paese ad alto rischio infettivo, soprattutto se c’è anche un bambino, è importante essere ben informati sulle possibilità di contagio di malattie infettive non presenti in Italia», dichiara la professoressa Susanna Esposito, direttore dell’Unità di Pediatria ad Alta Intensità di Cura della Fondazione IRCCS Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (WAidid). Contagio che può essere pervenuto o abbassato con una corretta profilassi vaccinale che deve però essere programmata in tempo, secondo le “contaminazioni” presenti nel luogo di vacanza e dei partecipanti al viaggio tropicale. «Bisogna considerare che in presenza di una stessa patologia – continua la professoressa – come ad esempio la malaria, profilassi e terapia possono essere diverse secondo il Paese che si visita. A questo si aggiunge che i bambini richiedono forme di intervento specifiche, spesso diverse da quelle degli adulti, in particolare nel dosaggio dei farmaci da utilizzare o per la differente modalità di impiego dei vaccini disponibili. Per gestire correttamente la prevenzione di un bambino prima di un viaggio, occorrono, quindi, specifiche competenze pediatriche». Che possono essere fornite e assicurate da centri specialistici quali il “Centro per il Bambino Viaggiatore”, attivo a Milano, presso la Fondazione IRCCS Ca’ Granda, che oltre a fornire indicazioni sulla specifica profilassi (appuntamenti ai numeri: 02 5503.5575 servizio CUP – dal lunedì al venerdì, dalle 8alle 12.15 – festivi esclusi; 800.638.638 – Numero Verde Call Center Regione Lombardia – dal lunedì al sabato, dalle 8 alle 20 – festivi esclusi) offre anche assistenza per la protezione vaccinale o l’identificazione delle malattie di importazione in caso di  bambini adottati da Paesi in via di sviluppo.
Infatti non tutti i territori sono uguali o contengono gli stessi fattori di rischio, neppure al loro interno. Tant’è che in una stessa area possono sussistere e convivere più malattie infettive, di varia natura e che richiedono diverse attenzioni. Ad esempio l’Africa sub-sahariana è ad alto rischio di malaria (tra l’altro del tipo più pericoloso), il Nord Africa, così come il Sud est Asiatico, per le infezioni intestinali quali epatite A, tifo e colera, mentre l’America Latina, per l’elevata frequenza di infezioni intestinali, ma anche virali, trasmesse da zanzare (zika, dengue chikungunya). L’unica cosa certa è che queste malattie tropicali hanno come denominatore comune la carenza di igiene a cui è possibile, in parte, far fronte.
«La febbre tifoide – continua la specialista – conosciuta anche come febbre enterica (EF) o tifo addominale, è causata da diverse varianti di batteri di Salmonella enterica, di cui il principale è la typhi (Salmonella Typhi), che si acquisiscono ingerendo alimenti contaminati o dal contatto con persone infette». I sintomi da non sottovalutare sono febbre alta, dolori addominali e diarrea, da evitare con un’adeguata igiene personale, in particolare il lavaggio delle mani dopo l’uso del bagno e prima del contatto col cibo. Ma soprattutto il rischio si previene con la vaccinazione contro la febbre tifoide: «Sono due i tipi di vaccini attualmente disponibili – aggiunge Esposito – ovvero il vaccino orale contenente germi vivi del ceppo mutante attenuato Ty21a che garantisce un tasso di protezione intorno al 67% fino a sette anni dopo l’ultima dose, e il vaccino a base di polisaccaridi capsulari (Vi Cps), iniettabile, protettivo al 72% dopo un anno e mezzo e del 50% dopo tre anni. Sono allo studio numerosi vaccini contro la febbre tifoide di nuova formulazione, più efficaci, mirati in particolar modo ai bambini». 
Se la meta del viaggio è l’Africa, attenzione alla febbre gialla: una malattia virale, grave, trasmessa da diverse specie di zanzare, mortale in più del 50% dei casi in soggetti non vaccinati. «Si manifesta inizialmente con febbre, mal di testa, dolori muscolari, nausea – puntualizza la professoressa – con una remissione della febbre e dei sintomi dopo 3 o 4 giorni. Ma in circa il 15-25% dei casi, la persona infetta può entrare in una fase di “intossicazione” con manifestazioni moderate-severe: ritorno della febbre, ittero, emorragie sia cutanee che interne tali da annoverare un tasso di mortalità del 20% nei casi gravi». L’unica prevenzione efficace contro la febbre gialla è il vaccino: ben tollerato, assicura una protezione totale la cui dose va somministrata solo da Centri autorizzati, prima del viaggio, garantendo un’immunità di 1,5-3 anni dalla somministrazione.
L’epatite A, invece, è la malattia tropicale infettiva più diffusa tra quelle prevenibili con il vaccino. Occorre fare attenzione soprattutto al cibo e acqua contaminata, ma anche a persone infette che rappresentano i tre principali veicoli di trasmissione: i primi per ingestione e il terzo per contatto. «I sintomi quali febbre alta, nausea, vomito, ittero – aggiunge la professoressa – sono subito molto gravi nell’adulto da cui ci si può schermare con il vaccino antiepatite A, che va somministrato in due dosi secondo una schedula 0-6/12 mesi che garantisce una protezione del 99% contro l’epatite A per tutta la vita. Dopo 10-15 giorni dalla prima dose si è protetti contro l’epatite A per 6-12 mesi».
Infine la malaria, malattia endemica che si contrae soprattutto in vaste zone dell’Asia, Africa, America latina e centrale, Isole caraibiche e Oceania, attraverso la puntura di una zanzara. Il rischio, con la malaria, è di banalizzare i sintomi, spesso associabili a quelli di una lieve influenza: febbriciattola, dolore osseo, mal di testa, nausea e la cui prevenzione è difficile a causa dell’assenza di un vaccino specifico. «Di norma – conclude la Esposito – per tutelarsi dal rischio di contagio, si effettua la profilassi antimalarica con differenti farmaci che variano secondo il tipo di malaria che si vuol combattere». È bene cominciare la profilassi con un adeguato anticipo rispetto all’arrivo sul luogo a rischio, tenendo presente che l’azione di efficacia dura solo per il viaggio in questione e che andrà ripetuta in occasioni successive.
L’ultima raccomandazione degli specialisti è di monitorare lo stato di salute ed eventuali sintomi non giustificati anche al rientro dal viaggio, perché i “segni infettivi” possono comparire anche da qualche giorno fino al mese successivo dal rientro in patria. In caso di febbre, eruzioni cutanee, dissenteria o altri sospetti, occorre recarsi dal medico specialista o a un centro di malattie infettive di riferimento senza perdere tempo (prezioso).
di Francesca Morelli

GITE IN MONTAGNA: ATTENTI ALLA ZECCA

C’è un “crescente” nemico dell’estate: la zecca, la cui presenza è progressivamente aumentata anche in Italia, soprattutto a causa dei repentini cambiamenti climatici, diffondendone la specie, soprattutto in alcune zone montane quali il Friuli Venezia Giulia, Veneto ed Trentino Alto Adige o territori di confine, come l’Austria, o europei tra cui la Germania, la Svizzera, i Paesi scandinavi e la Regione balcanica. Luoghi molto amati e sempre più frequentati anche dagli italiani, nei mesi estivi, perché offrono possibilità di lunghe camminate fra i boschi, belle escursioni, opportunità per fare campeggio, praticare trekking, ciclismo, arrampicata, pesca, caccia. Attività tutte a rischio zecca, un minuscolo insetto, pericoloso, in grado di trasmettere con il suo morso (se il parassita è infetto) una seria malattia: l’encefalite da zecca i cui casi nel corso degli ultimi 30 anni sono aumentati, secondo le stime più recenti, di quasi il 400% in tutte le regioni endemiche europee.
«Le zecche sono un veicolo di trasmissione di diverse malattie – dichiara Maurizio Ruscio, Direttore Dipartimento ad Attività Integrata di Medicina di Laboratorio, Azienda Ospedaliero-Universitaria “Ospedali Riuniti” di Trieste – dalla borreliosi di Lyme, alla rickettiosi, alla febbre ricorrente, a molte malattie virali, ma la più seria è l’encefalite da zecca o TBE. Ci si contagia anche con un singolo morso di zecca infetta, frequentando soprattutto aree boschive, soprattutto se umide, ombreggiate e ricche di vegetazione spontanea. Se la zecca è infetta, il virus si trasmette appena il parassita aderisce alla cute, mentre l’asportazione in tempi brevi dell’animaletto da sotto pelle riduce fortemente il rischio di contrarre la malattia. Nessun allarmismo,ma occorre tanta prudenza, in particolare nelle zone a rischio». La buona notizia è che dalla zecca ci si può difendere o comunque fare una efficace prevenzione: effettuando una specifica vaccinazione, raccomandata dall’Oms e dall’European Centre for Disease Prevention and Control (Ecdc) e, anche in Italia, dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale, soprattutto a coloro che vivono o frequentano per vacanza o lavoro queste zone a rischio, e dunque sono più esposti al morso, o svolgono una professione a contatto con la natura.
«Il virus della TBE – aggiunge  Ruscio – oltre che attraverso il morso della zecca, si può contrarre anche con il consumo di prodotti caseari non pastorizzati infetti, mentre non si trasmette direttamente da uomo a uomo, a parte la possibilità di una trasmissione verticale da madre infetta al feto. Dopo un periodo di incubazione che può andare da una settimana fino a 3-4 settimane, l’infezione si può manifestare con sintomi quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare, nausea e nei casi più gravi coinvolgere il sistema nervoso centrale, provocando sintomi neurologici a lungo termine e, di rado, anche la morte». Oltre il vaccino c’è una prevenzione individuale da adottare, con alcune misure di sicurezza: «Se si va in montagna, per boschi, è bene utilizzare repellenti sulla pelle e sui vestiti, ciascuno specifico per la sede di spruzzo  (ovvero quelli indicati per la pelle non vanno usati sui vestiti), ma anche indossare indumenti che coprono interamente braccia e gambe, di norma le sedi più facili da attaccare per le zecche. A termine della giornata all’aria aperta, prima di entrare in casa, togliersi gli abiti, esporli alla luce del sole o lavarli e nel caso ci si accorgesse di avere una zecca sotto pelle, rimuoverla entro le 24 ore, senza fare uso di oli, benzine o altri agenti che possono irritare la zecca con la conseguente fuoriuscita di sostanze tossiche e infettanti, ma asportandola con una pinzetta, facendo attenzione a prelevare interamente il corpo e il rostro del parassita. Ulteriore raccomandazione è annotarsi la data del morso, poiché alla comparsa di qualsiasi sintomo entro i 30 giorni dall’estrazione dell’animaletto, la prima indicazione è di recarsi da un medico o in un centro specialistico per ricevere le cure più adeguate alle diverse manifestazioni». (F. M.)

TORNA LA CAMPAGNA “PUNTO NEL VIVO”

Non bastavano zika e zecche. L’estate degli italiani sarà tormentata da un terzo insetto: il Calabrone Killer. Appartenente alla famiglia degli imenotteri, a cui fanno capo anche vespe e api, la Vespa Velutina – questo il nome scientifico del calabrone “alieno” che si caratterizza per la diversità dei suoi colori (zampe nere e gialle e antenne nere) e le più piccole dimensioni (3 cm contro i 4 della specie tradizionale) – è arrivata dalla Cina, ha attraversato la Francia, facendo la comparsa in Italia per la prima volta nel 2012 soprattutto a Nord Ovest, in Piemonte e Liguria, ma in larga diffusione nel corso di quest’anno. Ad alzare la guardia su questa nuova minaccia con le ali, è la terza edizione della  campagna “Punti nel vivo”, attiva da metà maggio fino alla fine di ottobre, patrocinata da FederAsma e Allergie Onlus, Federazione Italiana Pazienti e realizzata con il contributo incondizionato di ALK-Abellò. A segnalare la presenza dell’alieno volante sono stati soprattutto gli apicoltori, allarmati dalla carestia di larve di api, divorate appunto dal calabrone killer che ne è ghiotto. Con ripercussioni non solo nel settore dell’apicoltura, essendo le api il principale insetto impollinatore, ma anche per l’uomo. Secondo gli esperti si tratta infatti di un tipo di calabrone molto aggressivo, che può infliggere punture pericolose e potenzialmente letali, soprattutto in soggetti predisposti o più a rischio, quali i possessori di arnie e i produttori di miele; gli anziani che possono diventare allergici agli imenotteri e le cui punture possono sviluppare reazioni più gravi a causa di una maggiore fragilità del sistema immunitario o alla presenza di patologie concomitanti, soprattutto se cardiovascolari. Meno inclini a manifestazioni di grave portata sono invece i bambini. «Nove italiani su 10 – dichiara la dottoressa Maria Beatrice Bilò, coordinatrice di Punto nel Vivo e specialista in allergologia degli Ospedali Riuniti di Ancona – sono stati punti almeno una volta nella vita da un imenottero, ma si stima che fino a otto persone su 100 possano sviluppare una reazione allergica che può variare da una  manifestazione locale importante, a casi più rari di shock anafilattico, fino all’evento eccezionale del decesso di cui si registrano all’incirca 10 episodi all’anno in Italia». Contro questo grave pericolo o per prevenire in soggetti a rischio implicazioni importanti, un rimedio però c’è: l’immunoterapia specifica con veleno di imenotteri. Terapia salvavita, per la quale FederAsma e Allergie Onlus chiedono la rimborsabilità capillare, non ancora prevista in tutte le regioni italiane – fra queste Campania, Calabria, Basilicata, Sicilia e Sardegna – o solo parzialmente agevolata come in Piemonte e Puglia. «Si tratta dell’unica terapia – precisa Massimo Alfieri, Presidente dell’associazione – in grado di regolare la risposta immunitaria nei soggetti allergici, proteggendoli da successive reazioni a lungo termine. Questa disparità di trattamento regionale, a fronte di linee guida scientifiche chiare, non dovrebbe essere possibile. Ragion per cui ci batteremo affinché i diritti dei pazienti all’accesso dell’immunoterapia, siano gli stessi su tutto il territorio». L’edizione della Campagna 2016 si presenta al pubblico con qualche novità: una rinnovata e più diffusa rete con oltre 80 centri di allergologia aderenti, nuove rubriche su Facebook/Puntonelvivo, materiale informativo per il pubblico e un corso di formazione dedicato al personale di pronto soccorso.
Per ulteriori informazioni sulle iniziative della campagna e sui centri allergologici consultare i siti: www.facebook.com/puntonelvivo e www.federasmaeallergie.org  ( F.M.)

 

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