A CIASCUNA DONNA LA SUA MENOPAUSA

Anna è una delle tante donne in menopausa (nove su 10) che hanno sintomi. Appartiene alla categoria delle “performanti”, le donne che affrontano male questo periodo della vita e corrono ai ripari per recuperare le performances abituali. Ci sono poi le “eterne ragazze” che vivono con timore questa fase della vita e hanno paura di perdere la femminilità e la bellezza: anche loro cercano soluzioni. Differente è invece l’atteggiamento delle “rassegnate”: la menopausa è una tappa fisiologica della vita e non ci possiamo fare niente, anche se comporta problemi. E da ultimo le “serene” con un atteggiamento di totale accettazione, forse perché i sintomi non sono così insopportabili.

Sono diversi i modi con cui ciascuna donna vive la menopausa, classificati da un’indagine, “Le donne e la menopausa”, condotta da GfK per conto di MSD Italia, i cui risultati sono stati presentati di recente a Firenze, in occasione del 17° Congresso mondiale della Società Internazionale di Ginecologia Endocrinologica.

Benché nove donne su 10 abbiano disturbi in menopausa, solo l’8% di loro assume la terapia ormonale sostitutiva (Tos). «Le vampate di calore sono al primo posto (55%), seguite da aumento di peso (40%), insonnia (31%), secchezza vaginale e calo del desiderio (29%), sbalzi di umore (23%)», riporta la dottoressa Stefania Fragosi, del Dipartimento salute di GfK Italia che ha condotto questa indagine. «Nonostante l’impatto dei sintomi sulla vita delle donne, solo un quarto di loro si attiva per trovare soluzioni: l’8% sceglie la Tos, il 10% ricorre a un integratore alimentare, l’8% propende per prodotti naturali/omeopatici. Fondamentale è il consiglio del ginecologo nella scelta della terapia ormonale sostitutiva per tre donne su quattro».
Ancora oggi però molti ginecologi sono contrari a queste prescrizioni, nonostante sia aumentata la richiesta delle donne. «Retaggio del passato è lo studio americano WHI (Women Health Initiative) che attribuiva alla Tos un aumento di incidenza di tumore al seno e di rischio cardiovascolare», fa notare il professor Andrea Riccardo Genazzani, ordinario di Ginecologia all’Università degli Studi di Pisa e presidente dell’International Society of Gynecological Endocrinology (ISGE). «Per fortuna un recente articolo pubblicato su Nature ha riscattato i benefici della terapia ormonale, in particolare sul versante di protezione dal tumore dell’endometrio, dal rischio cardiovascolare e dalla perdita di massa ossea. Uno dei principali fattori che riducono la compliance all’utilizzo della Tos è rappresentato dall’intolleranza al progestinico, per il potenziale effetto proliferativo sull’endometrio. Ora è disponibile un nuovo farmaco (bazedoxifene) che appartiene alla classe dei Serm (Modulatori Selettivi dei Recettori degli Estrogeni): agisce bloccando i recettori estrogenici a livello dell’utero, riducendo il rischio di iperplasia provocato dagli estrogeni. Poiché viene associato in un’unica compressa con gli estrogeni coniugati naturali, è in grado di contrastare in modo efficace i più fastidiosi sintomi della menopausa, quali vampate di calore, sudorazioni notturne e qualità del sonno. Si è vista anche un’azione protettiva sulla massa ossea, in quanto stimola i recettori ormonali presenti sull’osso».
«Solitamente la Tos è indicata alle donne che presentano sintomi moderato-severi associati alla menopausa», commenta Chiara Benedetto, professore ordinario di Ginecologia e Ostetricia dell’Università degli Studi di Torino. «I benefici della terapia ormonale sostitutiva si manifestano rapidamente in termini di miglioramento della qualità di vita della donna e a medio-lungo termine come prevenzione nei confronti di alcune malattie che aumentano nel sesso femminile dopo la menopausa, in particolare osteoporosi, malattie cardiovascolari e degenerative. Però la Tos deve essere iniziata subito dopo la menopausa affinché gli estrogeni assunti possano esercitare il loro effetto protettivo su tutti gli organi coinvolti (vasi sanguigni, cute, cervello, pelle, mucose, vie urinarie….) e impedire la comparsa di una serie di alterazioni che negli anni possono portare all’insorgenza di gravi malattie. E deve essere assolutamente personalizzata: ogni donna ha le sue esigenze e i suoi rischi, e la Tos deve essere prescritta tenendo conto di tutti questi fattori individuali».

Nonostante l’aspettativa di vita sia aumentata, l’età in cui sopraggiunge la menopausa naturale non è cambiata significativamente negli ultimi anni. Oggi una donna trascorre circa 30 anni, ovvero quasi un terzo della sua vita, in post-menopausa. Molte donne considerano questa tappa come la manifestazione concreta dell’invecchiamento, altre come l’inizio di una nuova epoca della loro esistenza: in ogni caso le donne in menopausa rappresentano oggi il gruppo sociale più numeroso anche in considerazione della maggiore longevità femminile.

«Il modo in cui la donna percepisce e vive l’arrivo della menopausa dipende da ciò che ha seminato e che ha ricevuto negli anni. Tutto dipende dal vissuto di ciascuna donna – sottolinea Rossella Nappi, professore associato di Clinica Ostetrica e Ginecologica all’Università degli Studi di Pavia – un dato, questo, che si rileva nell’indagine realizzata da GfK, dalla quale emerge il concetto di menopausa quale fenomeno declinato tra natura e cultura. Il vero problema sta nella difficoltà dell’approccio, considerate le diverse manifestazioni dei sintomi della menopausa nelle donne o i diversi vissuti da parte di ciascuna. A volte, il medico può non essere preparato ad affrontare e trattare la menopausa con le sue molteplici sfaccettature, mentre la donna vuole un medico che sappia anche ascoltarla. Il ginecologo ha la possibilità di scegliere tra una vasta gamma di terapie ormonali sostitutive. La scelta dovrebbe cadere sulla terapia migliore a seconda della tipologia di donna. La Tos ideale dovrebbe avere tre requisiti: curare la maggior parte dei sintomi, prevenire l’osteoporosi, migliorare il profilo cardiovascolare e non aumentare il rischio di ammalarsi di tumore. Per questo si punta su terapie a bassi dosaggi, con meccanismi selettivi sui recettori estrogenici. Poiché si è visto che i progestinici, associati agli estrogeni nella terapia ormonale, possono causare proliferazione dell’endometrio nelle donne che hanno l’utero, si stanno studiando terapie con soli estrogeni, associate a molecole, come il bazedoxifene, in grado di proteggere la donna dall’insorgenza di neoplasia».

di Paola Trombetta

Articoli correlati