NO AL DOLORE, SOPRATTUTTO NEL BAMBINO

Il dolore è una barriera da abbattere. Soprattutto se a soffrire è un bambino. Perché lascia sempre una traccia: fisica, emotiva, psicologica e perfino cognitiva. «La mancata gestione della sofferenza ha conseguenze serie per il futuro del bambino», dichiara la professoressa Franca Benini, responsabile del Centro regionale veneto di Terapia Antalgica e Cure palliative pediatriche, del Dipartimento di Pediatria, dell’Università degli Studi di Padova. «Un dolore non trattato condiziona anche quello percepito negli episodi successivi ed è fonte di stress, mentre un trattamento corretto ridimensiona l’ansia dei familiari, migliora l’adesione al programma di cura, con una riduzione dei costi dell’assistenza».
Esiste una legge in Italia, la numero 38, che si prende cura della sofferenza dei piccoli ridando dignità al dolore pediatrico, spesso sottostimato, poco considerato, sottotrattato e non misurato secondo le scale tradizionali di Wong Baker, che utilizzano le faccette, da sorridente a molto piangente, per i bambini di età inferiore ai 3 anni o la scala numerica che valuta l’intensità da 0 a 10 nei bambini dagli 8 anni in poi. Mentre ogni anno sono moltissimi i bambini, circa 5 milioni, che accedono ai Pronto Soccorso del territorio per patologie o problematiche che nel 60% dei casi causano o implicano dolore.
L’indagine “Piper Weekend” si è preoccupata per la prima volta di tracciare un profilo del dolore pediatrico, analizzando la soddisfazione dei piccoli e dei grandi in relazione alla modalità in cui era stato preso in carico e gestito dal personale specialistico e dai professionisti del Pronto Soccorso, dalla fase di triage (selezione iniziale) al momento della dimissione. La survey è stata condotta lo scorso 26-27 settembre, in 29 Pronto Soccorso italiani distribuiti su tutto il territorio, dal Gruppo Piper (Pain in Pediatric Emergency Room) che dal 2010 è impegnato in attività rivolte a una cura migliore e più attenta del dolore all’interno dei poli pediatrici, e ha coinvolto oltre 900 genitori e più di 640 bambini, di età media 7 anni con una leggera prevalenza di maschi. Ne è emerso un quadro rassicurante, seppure migliorabile, da parte di grandi e piccini: «Nella percezione dei genitori – commenta il professor Angelo Pennella della Facoltà di Medicina e Psicologia dell’Università “Sapienza” di Roma – il personale dei Pronto Soccorso si è mostrato molto (57%) o abbastanza (38%) attento al dolore dei piccoli pazienti. Meno frequente è risultata invece la misurazione dell’intensità dolorosa, praticata in circa il 25% dei casi (in misura maggiore al Sud (39%) dove il medico risulta essere anche l’unico referente del piccolo paziente rispetto al Nord in cui prevale il lavoro di team fra medici e infermieri), ma solo poco meno della metà dei bambini è stato sottoposto a una terapia antidolorifica, seppure tempestiva, somministrata nel 50% dei casi in meno di 20 minuti o comunque entro i 40».
A influenzare la percezione della sofferenza è spesso il modo in cui il Pronto Soccorso segue le raccomandazioni sulla gestione del dolore. «L’auspicio – aggiunge la professoressa Benini che è anche coordinatore e responsabile scientifico del Gruppo Piper – è che le raccomandazioni per gli operatori sanitari promuovano un cambiamento culturale, perché è necessario ed è possibile lavorare sull’analgesia pediatrica con ottimi risultati». E con l’indirizzo che il dolore vada sempre considerato, misurato e trattato, il Gruppo Piper nel 2015 ha pubblicato delle linee guida per la fase di triage, ma anche procedurale in caso di puntura in vena, rachicentesi (puntura lombare) e sutura, e ora si sta preparando all’uscita di nuove raccomandazioni che riguarderanno le tipologie di dolore molto frequenti, come il dolore da trauma e addominale o particolarmente complesse come alcune forme di anemia e il dolore nel bambino disabile. L’impegno degli esperti nella stesura e diffusione delle raccomandazioni sul trattamento del dolore in Pronto Soccorso è totale e prioritario. «Perché incrementa la qualità della presa in carico del paziente e dei care-giver – precisa il professor Pennella –promuovendo un modello di sanità focalizzato, oltre che sul curare, anche sul prendersi cura dell’altro».
Un ultimo ma non meno importante obiettivo del gruppo Piper è realizzare materiali divulgativi che possano raggiungere il pubblico, al fine di far comprendere l’importanza della valutazione e del trattamento del dolore. Sia i dolori piccoli che quelli grandi devono infatti essere trattati, ciascuno con i farmaci differenti indicati dal medico e adeguati al livello di sofferenza. E così, dopo aver distribuito, nel 2013, 10mila copie di un poster sulla misurazione della sofferenza nelle diverse età pediatriche, nel 2014 il gruppo Piper ha realizzato il Video “Dolore? No Grazie!” patrocinato dal Ministero della Salute. Il filmato è visibile presso hall e sale di attesa delle strutture sanitarie di emergenza, con un preciso scopo: abbattere il dolore e imparare a conoscerlo. «Insegniamo ai bambini – conclude la professoressa Benini – a parlare e a “misurare” il dolore. E’ un’esperienza personale e solo il bambino può dirci quanto sta male. Spieghiamo loro come utilizzare le scale del dolore e a segnalarcelo, prima che stiano male. Quando soffrono i bambini non sentono che il malessere, ma quando stanno bene imparano tutto, molto più velocemente di noi. E un bambino che ritrova il sorriso è una vittoria per tutti».

di Francesca Morelli

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