LEGGE CONTRO IL FEMMINICIDIO: ANCORA SCONOSCIUTA

A due anni dall’approvazione della legge 119/2013 sulle misure contro la violenza di genere (legge contro il femminicidio), la normativa non è ancora conosciuta da molti cittadini e soprattutto dalle donne. In occasione della Giornata contro la violenza alle donne, ne abbiamo parlato con Francesca Passerini, avvocato del Foro di Milano, fondatrice del “Progetto formativo DDiritto, per prevenire la violenza di genere”.

Cos’è cambiato a due anni dalla conversione in legge del decreto sul femminicidio?

«Due anni  è un compleanno importante – commenta l’avvocato – perché questa legge è ancora poco nota: DDiritto ha svolto un sondaggio a campione su 500 persone di età compresa tra i 40 e i 50 anni, e la quasi totalità aveva solo una vaga idea di questa normativa, per averne sentito parlare di sfuggita in tivù».

Quali le novità?

«Sono stati introdotti nuovi e più veloci metodi di tutela. Infatti è possibile rivolgersi al Questore e non più solo ai Carabinieri per chiedere il Decreto di allontanamento, in qualsiasi caso, ma soprattutto se alla violenza perpetrata hanno assistito dei minori. Il Questore fa ammonire il violentatore attraverso le forze dell’ordine. Se questi reitera gli atti violenti si apre d’ufficio la procedura penale con allontanamento, carcerazione o applicazione del braccialetto elettronico. Prima si sporgeva la denuncia, ma senza alcun effetto immediato. Mentre ora viene proibita la frequentazione; si vieta di frequenare il bar, il parcheggio e ogni altro altro ambiente frequentato dalla vittima. Si procede non solo verso il coniuge, ma verso ogni partner, anche se separato o ex fidanzato.In caso di lesioni gravi e persecuzione la querela è irrevocabile, mettendo al riparo la donna da ricatti. Esiste anche la possibilità di deposizioni protette al processo, se appositamente richiesto. Inoltre, chiunque abbia notizia di sospetta violenza può spogere denuncia anonima, evitando le situazioni incresciose in cui i vicini di casa, per non avere problemi, non denunciavano urla e trambusto sospetti».

La normativa vale anche per le donne straniere?

«Per la prima volta la nomativa tutela l’abuso sulle donne straniere, ma deve essere perpetrato in Italia. La legge consente di ottenere il permesso di soggiorno per l’Italia, per sottrarsi a una violenza domestica. Deve trattarsi di uno o più atti gravi e non sporadici; oppure violenza fisica documentabile, violenza psicologica o economica, cioè quando l’uomo gestisce tutto il patrimonio e la donna non vi ha accesso. Tutto ciò si deve verificare in famiglia o nel nucleo familiare sia con vincolo matrimoniale che in una relazione affettiva, anche se il violentatore non risiede con la vittima».

Cosa occorre per ottenere il permesso di soggiorno in questi casi?

«Il Questore ha bisogno solo della relazione di un centro antiviolenza, dei servizi sociali o di un’associazione specializzata. Un permesso che può essere revocato se il pericolo non sussiste o se la persona è a sua volta violenta. In quel caso merita l’espulsione».

Le donne straniere denunciano la violenza?

«Denunciano meno di quelle italiane e soprattutto non denunciano le pratiche di circoncisione e infibulazione ai danni dei figli. Occorre parlarne nelle scuole, sensibilizzare le insegnanti. Il viaggio in Egitto o al paese d’origine spesso nasconde una circoncisione o un’infibulazione programmata che a tutt’oggi riguarda circa 39 mila ragazzi l’anno. Vengono praticate non solo al paese d’origine, ma anche in Italia, senza assistenza medica né garanzia sanitaria. Perciò danno origine a setticemia o disfunzioni sessuali irreparabili. Queste pratiche sono più diffuse nel nord Italia, dove è maggiore la densità degli stranieri che lavorano nelle campagne come mungitori o i contadini. In alcune etnie, come quella cinese o pakistana, il padre ha ancora diritto di vita o di morte sui figli.

“DDiritto” è il primo programma in Italia per la prevenzione della violenza di genere, con uno sportello informativo gratuito in viale Abruzzi 67 a Milano, aperto dalle 9.30 ale 19. E’ spesso meta di viaggi della speranza da parte di donne provenienti da varie parti d’Italia. Si occupa anche di bullismo, cyberbullismo e pedofilia».

di Cristina Bertolini

 

DONNE UCCISE: NUMERI ANCORA ALTI, A DUE ANNI DALLA 119

A due anni dall’approvazione della legge 119 contro il femminicidio restano ancora allarmanti i dati relativi alle donne uccise nel nostro Paese. Secondo la “Casa delle donne” di Bologna, aderente alla rete nazionale “DiRe – Donne in Rete contro la violenza”, a fine ottobre 2015 sono già state 93 le donne uccise. Il trend si avvicina a quello del 2014 con 110 vittime. Poco meno del 2013 (138) anno di approvazione della legge contro il femminicidio e 126 nel 2012. I dati riguardano solo le donne uccise in casa da compagni e mariti, e non le vittime dedite a prostituzione o uccise durante rapine o atti di delinquenza comune. Dal 2007 al 2013 le prostitute uccise sono state 582.

I numeri raccolti dalle volontarie vanno nella stessa direzione dell’Eures (che attinge da Carabinieri, Prefetture e Criminalpol), che elenca le statistiche di tutti gli omicidi volontari in cui le vittime sono donne. In particolare il 2013 è stato un anno nero, con 179 donne uccise, una vittima ogni due giorni. Rispetto alle 157 del 2012, le donne ammazzate sono aumentate del 14%.

Aumentano gli omicidi in ambito familiare, +16,2%, passando da 105 a 122, così come pure nei contesti di prossimità, rapporti di vicinato, amicizia o lavoro, da 14 a 22. Rientrano nel computo anche le donne uccise dalla criminalità, 28 nel 2014: in particolare si tratta di omicidi a seguito di rapina, dei quali sono vittima soprattutto donne anziane. Anche nel 2013, in 7 casi su 10 (68,2%, pari a 122 in valori assoluti) i femminicidi si sono consumati all’interno del contesto familiare o affettivo, in linea con il dato relativo al periodo 2000-2013 (70,5%).  (C. B.)

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