ALLARME ASMA E BPCO: SONO IN POCHI A CURARSI NEL MODO GIUSTO

«Ho seguito per più di 20 anni la malattia di mio marito, grande fumatore, con ansia e trepidazione soprattutto negli ultimi anni quando non riusciva più a respirare e doveva dipendere dall’erogatore di ossigeno». Anna Maria Tammone, che oggi coordina la sezione milanese dell’Associazione pazienti affetti da BPCO (Bronco Pneumopatia Cronico Ostruttiva), in occasione della Giornata mondiale del 19 novembre, parla della malattia di suo marito, che da un anno è stata purtroppo diagnosticata anche a lei. «Oggi sono in cura con farmaci inalatori che assumo due volte al giorno e mi fanno stare bene. Mio marito invece trascurava le cure e la sua malattia, iniziata con tosse e catarro, si era aggravata negli anni con crisi respiratorie fino alla mancanza di respiro, che lo ha costretto alla terapia con ossigeno. E’ fondamentale convincere i malati a seguire le cure e non interromperle solo perché cominciano a stare bene. E’ la raccomandazione che la nostra Associazione ripete sempre a chiunque si rivolge a noi».

Su 7,5 milioni di italiani colpiti da malattie respiratorie, in particolare asma e BPCO, in aumento nelle donne a causa del fumo, più della metà si cura meno di tre mesi all’anno. A trascurare le terapie sono soprattutto i bambini e gli adolescenti (60-70%) e le persone anziane (60%) che non prendono medicinali per più di due mesi. Per questo partirà il 16 novembre una Campagna d’informazione, promossa dalla Società Italiana di Medicina Respiratoria (SIMER) e dalla Società Italiana di Allergologia Asma e Immunologia Clinica (SIAAIC). Consapevolezza, Correttezza e Costanza sono le parole chiave dello spot che verrà trasmesso nei prossimi mesi nelle principali stazioni ferroviarie, e sui canali social di Facebook, YouTube e sul sito: www.aderenza3c.it. A partire da gennaio, inoltre, saranno presenti nelle farmacie infermieri specializzati che illustreranno come usare gli inalatori, spesso utilizzati in modo inadeguato.

«Sono diversi i motivi della mancata aderenza alle terapie», fa notare il professor Walter G. Canonica, Direttore della Clinica di Malattie dell’Apparato Respiratorio dell’Università di Genova e Presidente SIAAIC. «I più comuni sono la dimenticanza, le variazioni nello schema terapeutico, uno stile di vita troppo attivo: tanti seguono la cura dal lunedì al venerdì, poi nel fine settimana o in vacanza non riescono a farlo adeguatamente. Altri pazienti modificano deliberatamente la terapia, perché pensano di non averne bisogno nei periodi in cui hanno meno sintomi. In altri ancora la mancata adesione è inconsapevole, perché non si sono comprese le istruzioni date dal medico e non si è capita l’importanza dell’aderenza alla terapia».

Pochi conoscono le malattie respiratorie croniche, in particolare la BPCO, il cui nome è anche impronunciabile. Una recente indagine condotta su adolescenti di 15 anni ha mostrato che il 51% dei ragazzi non ha mai sentito parlare di asma e tanto meno di BPCO. La scarsa consapevolezza porta a sottostimare le possibili conseguenze di queste patologie e a trascurare le cure. «Sono più a rischio di terapie inadeguate e “intermittenti” i bambini, nei quali l’adesione alle cure dipende dai genitori: in alcune famiglie si fa l’errore di aspettarsi che il piccolo impari molto presto a gestire in maniera autonoma la malattia, ma questo non è sempre possibile», interviene il professor Francesco Blasi, Ordinario di Malattie Respiratorie dell’Università Statale di Milano e presidente eletto SIMER. «Un’altra categoria a rischio è quella degli adolescenti: spesso per ribellione evitano i farmaci, negando la malattia e rendendo la cura un mezzo per vincere la propria personale guerra verso l’indipendenza. Infine hanno una scarsa aderenza alle cure gli anziani, affetti da BPCO, che dimenticano più spesso i medicinali e non di rado devono essere curati per più di una patologia, ritrovandosi a dover affrontare regimi terapeutici complessi nei quali inevitabilmente finiscono per tralasciare qualcosa. Spesso si tratta degli inalatori, perché se i sintomi sono relativamente sotto controllo molti pensano di non averne bisogno; così li scordano, finché la prima ricaduta non di rado costringe a un ricovero».

Le barriere all’aderenza alle terapie sono tante e altrettanto numerose le strategie per migliorare l’adesione: un elenco delle più importanti è stato stilato in un nuovo “Manifesto” firmato dai massimi esperti di malattie respiratorie che sottolinea come la conoscenza dello schema terapeutico da seguire sia una condizione necessaria, ma non sufficiente, mentre ha un ruolo centrale soprattutto la comunicazione fra medico e paziente. «Si è visto ad esempio che è indispensabile fornire ai pazienti informazioni scritte», osserva il professor Canonica. «Consigliare di tenere i farmaci sempre in uno stesso posto accresce del 44% l’aderenza, favorire una routine specifica per l’assunzione della dose quotidiana associandola a un’altra attività consueta la aumenta del 33%. Serve inoltre monitorare l’adesione alla terapia con colloqui regolari, ma anche semplificare il regime terapeutico: oltre il 60% dei pazienti preferisce una sola somministrazione giornaliera». «Ciò che più conta è dedicare tempo al malato, perché solo così si può migliorare la consapevolezza della malattia e della necessità di cura», aggiunge il professor Blasi. «Interventi educazionali mirati hanno mostrato di poter aumentare l’adesione alle cure dal 40 al 57%. Accanto al medico, essenziali sono l’infermiere, il fisioterapista e il farmacista: gli infermieri e i fisioterapisti possono seguire il paziente mostrando come utilizzare nel modo corretto gli inalatori. Le farmacie potrebbero diventare un punto di monitoraggio delle cure, perché possono accorgersi di una discontinuità terapeutica e possono intervenire con un counseling. Non a caso una parte importante della nuova campagna sarà svolta proprio da farmacisti e infermieri, che saranno alleati sul territorio per offrire informazioni e aiuto ai malati fino ai primi mesi del 2015».

di Paola Trombetta

 

AL VIA IL PROGETTO EUREKA PER LA DIAGNOSI PRECOCE

I sintomi della BPCO (tra i più frequenti tosse protratta, presenza di catarro, dispnea, limitata tolleranza all’esercizio fisico e influenza o bronchiti che tardano a guarire) vengono spesso sottovalutati e trascurati, poiché ritenuti conseguenza pressoché naturale del fumo o dell’invecchiamento della persona. Ciò fa sì che la diagnosi avvenga in ritardo o non avvenga affatto. Il principale strumento diagnostico per la BPCO è  la spirometria, esame che verifica l’ostruzione del flusso aereo, unita alla valutazione di sintomi respiratori e/o esposizione ai fattori di rischio, della qualità di vita e a eventuali altre indagini di funzionalità respiratoria. «Si pensi che in alcuni pazienti la BPCO viene diagnosticata attorno ai 60 anni, quando la malattia è a uno stadio avanzato e la funzione respiratoria risulta già compromessa», fa notare il professor Carlo Mereu, direttore della Struttura complessa di Pneumologia dell’ASL di Savona e presidente SIMeR (Società Italiana di Medicina Respiratoria). «La spirometria, che richiede massima collaborazione da parte del paziente, nonché la presenza di personale ben istruito, è purtroppo un esame poco effettuato. E così che aumenta la problematica della sottodiagnosi».

Per sensibilizzare i medici di medicina generale alla diagnosi precoce della BPCO e alla gestione globale del paziente, il board scientifico composto dai presidenti delle Società AIPO, SIMeR, AIMAR e SIMG, con il contributo di Biofutura, ha dato vita al progetto educazionale EUREKA, in occasione della Giornata Mondiale della BPCO del prossimo 19 novembre. «Il progetto EUREKA – spiega il professor Fernando De Benedetto, Direttore dell’Unità di Pneumologia del Presidio Ospedaliero di Chieti e Presidente AIMAR (Associazione Scientifica Interdisciplinare per lo studio delle Malattie Respiratorie) – prevede lo svolgimento di 150 incontri ECM sul territorio nazionale che coinvolgeranno oltre 1.000 medici di medicina generale con l’intento, grazie anche al coordinamento di uno specialista pneumologo, di fornire un’opportunità educazionale sulla gestione clinica integrata della BPCO.  La ricerca clinica e farmacologica attuale nell’ambito della BPCO prosegue nell’impegno di valutare i benefici derivanti dall’associazione di farmaci broncodilatatori come i LABA (β2-agonisti a lunga durata d’azione) o i LAMA (anticolinergici a lunga durata d’azione), tra loro o eventualmente associati a steroidi, un’associazione, questa, destinata a diventare una terapia di riferimento nel trattamento della BPCO».   (P. T.)

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