L’ATTIVITA’ FISICA DIMEZZA LA MORTALITA’ PER TUMORE

L’87% delle donne oggi sconfigge il tumore al seno: il 10% in più rispetto a 15 anni fa. E questo grazie alla prevenzione e ai nuovi farmaci. Riguardo alla prevenzione primaria, una buona notizia viene da diversi studi scientifici internazionali e riguarda l’attività fisica che sembra dimezzare la mortalità per tumore. Ma non solo: se praticata con regolarità giornaliera durante la chemioterapia e la radioterapia, consente di ridurre gli effetti collaterali e migliora l’efficacia stessa delle cure. Lo conferma un recente studio (CARE trial), pubblicato alla fine di ottobre sul Journal of the National Cancer Institute, confermando vantaggi significativi in termini di qualità della vita, immagine corporea, recupero di forze e capacità di movimento.

Un analogo studio si sta conducendo su 120 donne operate per un tumore al seno e seguite per un anno e mezzo dal Dipartimento di Oncologia dell’Ospedale Sant’Andrea e dall’IDI-IRCCS di Roma, coordinato dal professor Paolo Marchetti, ordinario di Oncologia medica all’Università “Sapienza” e consulente scientifico per l’oncologia all’IDI. «Lo studio ha dimostrato un aumento della sopravvivenza e un miglioramento della qualità di vita nelle donne con tumore al seno in trattamento con chemioterapia che praticano attività fisica regolarmente», ha commentato il professor Marchetti. «Ma non solo. Anche l’efficacia delle terapie sembra migliorare e questo è documentato dalla modificazione delle concentrazioni plasmatiche dei farmaci e dalla riduzione della massa grassa, con conseguente diminuzione della tossicità dei trattamenti».

Si potrebbe allora paragonare l’esercizio fisico all’azione di un farmaco? «Gli studi clinici confermano che la mortalità per tumore raddoppia nelle persone sedentarie rispetto a quelle che praticano regolare attività fisica», risponde il professor Gianni Mazzoni, del Dipartimento di Scienze biomediche dell’Università di Ferrara, intervenuto al recente Convegno “Attività fisica e sportiva: alleate contro il cancro”, promosso dall’IDI e da AISCUP (Associazione Italiana per lo Studio e la Cura del Paziente Oncologico) all’Hotel Donna Camilla Savelli di Roma. «Persino chi ha due o tre fattori di rischio, ma pratica attività fisica, sembra avere una mortalità inferiore rispetto a chi conduce vita sedentaria. Quali malattie si possono prevenire con l’attività fisica? «Sicuramente il tumore al seno (80% di riduzione) e al colon (70%), ma anche le malattie coronariche (80%), il diabete (90%), l’ictus (70%)».

«All’attività fisica va indubbiamente affiancata una sana alimentazione e corretti stili di vita», aggiunge il professor Paolo Marchetti, promotore del Convegno. «Il 30% dei tumori è legato a scorrette abitudini di vita. Esiste, infatti, una stretta correlazione tra aumento del grasso corporeo e formazione di un tumore. Nella trasformazione neoplastica delle cellule tumorali intervengono anche sostanze cosiddette “cancerogene” come i conservanti degli alimenti, le ammine e nitrosammine che si formano per la cattiva conservazione ed eccessiva cottura degli alimenti proteici, soprattutto la carne rossa; i pesticidi e fertilizzanti, spesso utilizzati per i prodotti agricoli.

Una sana alimentazione dovrebbe evitare queste sostanze». Uno studio scientifico coordinato da Graham Colditz della Washington University dimostra come le cattive abitudini di vita adottate in giovane età (cibi grassi, alcool, fumo, droghe) aumentano in età adulta il rischio di sviluppare in particolare il tumore al seno.

Un’ultima considerazione relativa a questo tumore, di cui si è parlato al Convegno, riguarda l’utilità di una regolare attività fisica per la gestione del linfedema secondario. Lo confermano molti studi clinici, tra cui quello pubblicato di recente sul New England Journal of Medicine. «Il linfedema è presente nel 20% delle donne che hanno subito lo svuotamento ascellare dopo l’asportazione del tumore», conferma Elodie Stasi, fisioterapista del Centro ricerche di Immunopatologia di Torino. «Il trattamento di questo problema richiede solitamente una terapia fisica di decongestione del linfedema con linfodrenaggio manuale, presso terapia, bendaggio ed elastocompressione. Queste tecniche ottengono il massimo effetto se sono affiancate da attività fisica quotidiana. Solitamente, in alternativa al nuoto,  si consigliamo attività fisiche di impegno moderato, come la ginnastica dolce o discipline sportive come il Tai Chi Chuan, Pilates, Yoga, Nordic walking, finalizzate al miglioramento della postura, della forza, della flessibilità, della circolazione e che abbiano anche effetti di riduzione della massa grassa, fondamentale per diminuire il rischio di recidiva tumorale. Solitamente viene sconsigliata la pratica di sport che comportino sforzi eccessivi e bruschi movimenti a carico delle braccia (golf, tennis, canottaggio). Tuttavia, alcuni studi canadesi dimostrano come la pratica del “Dragon Boat” non incida sul peggioramento del linfedema: dal 1996 ad oggi nel mondo più di un centinaio di equipaggi di donne operate seguono regolari allenamenti finalizzati a competizioni internazionali. La storia del Movimento delle donne operate di cancro al seno nell’ambito del Dragon Boat in Italia è stata avviata in occasione dei Campionati Mondiali di Roma del 2002, con otto equipaggi italiani».

 

di Paola Trombetta

 

 

IN ARRIVO NUOVE TERAPIE CONTRO IL TUMORE AL SENO

Un nuovo farmaco, o per meglio dire la combinazione di due vecchi farmaci, è l’arma innovativa per combattere il tumore al seno. Ne hanno parlato più di 200 specialisti, giunti da tutto il mondo, al recente Congresso che si è tenuto all’Istituto Regina Elena di Roma. «Si tratta della combinazione di due molecole (T-DM1) che rappresenta una nuova classe di farmaci, denominati “anticorpi armati” », conferma Francesco Cognetti, direttore del regina Elena e presidente del Congresso. «Il nuovo farmaco combina l’azione del trastuzumab, molecola storica per il trattamento dei tumori Her 2 positivi (10 mila casi ogni anno in Italia) con una chemioterapia molto potente (DM1) della famiglia delle meitansine, in grado di rilasciare una sostanza altamente tossica solo a livello delle cellule tumorali, con risultati più efficaci e minori effetti collaterali». Approvato dalla FDA americana e dall’EMA europea, è in attesa del parere dell’AIFA e dovrebbe essere disponibile a partire dal prossimo anno.   (P.T.)

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