In Italia, ogni anno, 10mila minori ricevono la diagnosi di una malattia reumatologica, come artrite idiopatica giovanile, lupus, connettiviti o vasculiti: per i più grandi, tra i 16 e i 20 anni, questo momento può rappresentare anche l’occasione in cui ripensare la gestione della propria patologia e affrontare la “transizione” anche del medico, cioè da una reumatologia pediatrica alla medicina dell’adulto. «Ciò significa per i ragazzi – spiega il Professor Andrea Doria, Presidente della Società Italiana di Reumatologi (SIR) – diventare attori protagonisti nella cura della propria condizione, affrancandosi gradualmente dall’intervento dei genitori. Così come si preparano ad affrontare nuove sfide scolastiche e un’autonomia crescente, i giovani che convivono con una malattia reumatologica hanno davanti a sé un altro importante “rito di iniziazione”: imparare a gestire una patologia cronica». In molti casi, le malattie reumatologiche pediatriche accompagnano il paziente anche nella vita adulta, con richieste e implicazioni differenti.
«Il giovane adulto – aggiunge il Professor Roberto Felice Caporali, Presidente Eletto della SIR – si confronta con nuovi bisogni, come la contraccezione o la gestione dell’autonomia terapeutica. Per questo la transizione deve essere un processo graduale, strutturato e condiviso tra pediatra reumatologo, reumatologo dell’adulto, paziente e famiglia. Un passaggio disorganizzato può portare a interruzioni di terapia, ritardi nelle cure o perdita di follow-up, mentre una transizione strutturata riduce le riacutizzazioni, migliora l’aderenza terapeutica e la qualità di vita. In questo processo di cambiamento devono essere adeguatamente supportati anche i genitori, con un ruolo cruciale del pediatra reumatologo che valuta quando iniziare il processo, che sarà sicuramente facilitato se la malattia è ben controllata e in remissione. Il reumatologo dell’adulto, dal canto suo, deve essere attento nell’approcciare un paziente che non è di nuova diagnosi ma ha già un suo vissuto di malattia e di cura di cui tenere conto». Se il giovane viene introdotto nel nuovo ambiente dal pediatra che lo ha seguito fin dall’inizio, similmente al naturale passaggio da un ciclo scolastico a un altro, il tutto risulterà più “indolore”. «E quando la reumatologia pediatrica e quella dell’adulto sono distanti – conclude il professor Caporali – gli strumenti digitali possono venirci in aiuto. Grazie al teleconsulto è più semplice far partecipare tutti i medici necessari all’incontro». F. M.