E’ una malattia epatica autoimmune, rara e progressiva, che danneggia i piccoli dotti biliari: se non trattata adeguatamente, può causare danni al fegato che possono portare a fibrosi e cirrosi epatica o, nella fase terminale della malattia, alla necessità di trapianto e morte. La patologia compare prevalentemente tra i 45 e i 65 anni e nove pazienti su dieci sono donne. In Italia, la prevalenza è stimata in 27,9 casi per 100 mila abitanti. La diagnosi viene effettuata attraverso test biochimici, sierologici e istologici, spesso in assenza di sintomi specifici. La prognosi della malattia sta migliorando grazie a diagnosi più precoci e al trattamento più tempestivo, sebbene tale riscontro non sia presente egualmente su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, le complicanze legate alla diagnosi tardiva, in pazienti nei quali la patologia è già evoluta verso la cirrosi, sono associate a una prognosi sfavorevole e a una ridotta aspettativa di vita. I sintomi più comuni sono fatigue e prurito e possono interessare fino all’80% dei pazienti: sono sintomi aspecifici ma, se sottovalutati, possono diventare debilitanti, con un impatto negativo sulla qualità di vita. Attualmente, le terapie disponibili mirano a rallentare la progressione della malattia. Oggi l’UDCA è l’unico farmaco rimborsato per il trattamento in prima linea; per il 20% di pazienti che non risponde in modo adeguato è disponibile elafibranor come terapia di seconda linea.
<È un periodo di grandi novità per le persone affette da PBC> puntualizza il Professor Pietro Invernizzi, Direttore Scientifico Fondazione IRCCS San Gerardo dei Tintori, European Reference Network (ERN) RARE-LIVER Center, Professore ordinario di Gastroenterologia Università di Milano Bicocca e Coordinatore della Commissione Malattie Rare AISF. <Mi occupo di questa malattia da oltre 30 anni e ricordo che per molti anni non ci sono state novità nell’ambito della cura. Poi tante industrie farmaceutiche hanno finalmente deciso di investire nella PBC e abbiamo iniziato ad avere nuovi farmaci, più efficaci. Anche la conoscenza della malattia è migliorata e oggi la diagnosi è più tempestiva ed accurata. Importante a questo riguardo è l’attività di un’ampia comunità di epatologi esperti che recentemente ha anche ricevuto un importante supporto dal programma PNRR finalizzato a strutturare reti regionali collegate in una rete nazionale, per migliorare la competenza nella diagnosi e nella gestione a livello di centri epatologici e di medicina generale>.
Diagnosi precoce, integrazione dei percorsi di diagnosi e cura tra ospedale e territorio, pieno accesso alle innovazioni terapeutiche, sono i punti chiave dell’incontro dal titolo: “Sostenibilità e Innovazione nella Colangite Biliare Primitiva: verso un modello di presa in carico efficiente e più vicino al paziente”, organizzato dall’Italian Health Policy Briefing (IHPB). Lo Scientific and Advocacy Network, composto da società scientifiche (AISF, SIMG), associazioni di pazienti, mondo accademico, rappresentanti dei sistemi sanitari regionali ha presentato il primo Manifesto Sociale sulla PBC (dall’acronimo inglese Primary Biliary Cholangitis) per evidenziare le principali difficoltà che richiedono un’urgente risposta, per un modello di presa in carico efficace e rapido per le persone che vivono con questa malattia.
di Paola Trombetta