«Non ho mai sofferto di osteoporosi prima della gravidanza o quanto meno non sapevo di averla. Avevo 36 anni ed ero alla mia prima gravidanza. Dopo il parto ho cominciato ad avvertire forti dolori alla schiena e chiedevo al medico di medicina generale che mi tranquillizzava, dicendo che era una situazione normale. Mentre camminavo col passeggino, sono caduta a terra perché ho avuto tre fratture vertebrali. Con la conseguenza di fortissimi dolori per diversi mesi. Purtroppo le fratture in gravidanza sono un problema ancora molto sottovalutato. Avendo conosciuto tante mamme nella mia stessa situazione, dopo otto anni ho deciso di fondare l’Associazione Mamog (www.mamog.it) con lo scopo di far conoscere l’osteoporosi gravidica, che colpisce le donne nell’ultimo trimestre di gravidanza o nei primi mesi dopo il parto, causando fratture vertebrali multiple spontanee, che portano la mamma, in un momento delicato della vita, a una forma di invalidità, anche se transitoria. Obiettivo dell’Associazione è far conoscere la patologia che non è così rara, ma viene troppo spesso sottostimata. Solo in Italia abbiamo registrato circa 170 donne con questo problema in gravidanza, ma non esistono ancora stime ufficiali attendibili. Si ipotizza addirittura un’incidenza di gran lunga maggiore. Per questo stiamo cercando di sensibilizzare la popolazione e gli operatori sanitari ed aiutiamo le mamme ad affrontarlo in un momento molto delicato, anche psicologicamente, in quanto sono spesso in difficoltà soprattutto i primi mesi, in cui non riescono neppure a sollevare il proprio bambino. Purtroppo non esistono ancora protocolli terapeutici perché i farmaci non vengono rimborsati per queste fratture che comunque rimangono, provocando un dolore cronico invalidante che dura per tutta la vita».
La testimonianza di Rosa Puca, presidente dell’Associazione Mamog, evidenzia una problematica, come l’osteoporosi in gravidanza, ancora poco conosciuta Ne abbiamo parlato con la professoressa Maria Luisa Brandi, endocrinologa di fama mondiale e presidente di FIRMO, promotrice della Tavola rotonda “Mai più senza terapia dopo una frattura” che si è svolta a Roma, a Palazzo Baldassini, in occasione della Giornata Mondiale dell’Osteoporosi del 20 ottobre, in cui si è fatto il punto su questa patologia.
Solitamente si considera l’osteoporosi un problema legato alla menopausa. Dalla testimonianza di oggi emerge però l’importanza di intercettare il rischio di osteoporosi anche nel caso di fratture da fragilità in gravidanza. Quali sono le donne più a rischio? E quali strumenti diagnostici e terapeutici esistono oggi?
«Il numero di donne in gravidanza con fratture sembra attualmente sottostimato. Già abbiamo registrato circa 300 casi, ma sicuramente c’è un sommerso che non conosciamo. Si ipotizza 1 caso su 10 mila donne. Sono in corso studi in ambito ginecologico che mirano a cambiare la maniera in cui il ginecologo vede questo rischio. È importante la prevenzione, cercando di intercettare la fragilità con questionari dedicati da sottoporre alle pazienti. Come FIRMO ne abbiamo compilato uno che verrà presto distribuito in Italia e somministrato alle pazienti che hanno avuto una frattura dopo la gravidanza. Come esame di prevenzione si può fare il test con gli ultrasuoni (REMS) e viene somministrata la carta del rischio. Stiamo portando avanti la richiesta di rimborsabilità dei farmaci anche nelle donne in gravidanza a rischio».
In Italia, sono 5 milioni le persone con osteoporosi, di cui l’80% sono comunque donne in post-menopausa. Definita “un’epidemia silenziosa”, è la prima causa di fratture, che possono anche causare invalidità permanente o comunque si rivelano molto impattanti sulla qualità di vita. Quali strumenti abbiamo oggi per prevenire l’osteoporosi?
«Proprio perché non dà segni né sintomi finché non si verifica una frattura, l’osteoporosi è spesso definita la “malattia silenziosa”: la prevenzione pertanto risulta un’arma essenziale. Un primo passo per la prevenzione, a ogni età, è quello di condurre uno stile di vita salutare per lo scheletro. Ciò significa fare regolarmente esercizio fisico, soprattutto all’aria aperta, per il rafforzamento muscolare, seguire una dieta nutriente e sana, ricca di calcio, proteine, vitamina D e di altre importanti sostanze nutritive. È inoltre essenziale evitare le abitudini scorrette, come il fumo o il consumo eccessivo di alcol».
Chi sono i soggetti più a rischio di sviluppare osteoporosi e quali le cause predisponenti?
«In generale, gli anziani presentano un rischio maggiore di osteoporosi rispetto ai più giovani e le donne sono più soggette alla perdita di massa ossea rispetto agli uomini, perché con la menopausa e la riduzione della produzione di estrogeni, l’osso va incontro a un più rapido indebolimento. Un altro momento delicato per la salute delle ossa nelle donne sono appunto la gravidanza e il successivo allattamento, quando nella madre avviene una maggiore perdita di calcio, dapprima per provvedere alla crescita del feto, poi per la produzione del latte. Tuttavia, anche gli uomini possono essere vittime dell’osteoporosi: il 20-25% di tutte le fratture del femore si verificano negli uomini più anziani, ed è proprio tra questi che si registra il più alto rischio di disabilità e di morte in seguito alla frattura del femore».
Quali strumenti diagnostici abbiamo per intercettare precocemente questo rischio? Quali esami andrebbero effettuati e a quale età consigliarli?
«Per la diagnosi di rischio di frattura e per la diagnosi di osteoporosi abbiamo carte di rischio, strumenti per la densitometria ossea, le MOC, non facilmente accessibili. In particolare come FIRMO proponiamo l’estensione dell’impiego della REMS (Radiofrequency Ecographic Multi Spectometry) per la misurazione della densità minerale ossea».
Dalla recente Tavola rotonda, organizzata a Roma da FIRMO sul tema “Mai più senza terapia dopo una frattura”, emerge un dato preoccupante: il 70% delle donne ad elevato rischio di frattura è ancora senza trattamento, segno di quanto l’osteoporosi sia una patologia sotto diagnosticata e sottotrattata. Da qui l’importanza di utilizzare farmaci, in particolare per prevenire una frattura, ma anche per evitare di incorrere in una ri-frattura. Quali sono oggi le terapie più efficaci?
«Oggi abbiamo farmaci per ogni esigenza: quelli che riducono la distruzione dell’osso, che ne stimolano la formazione e quelli che esplicano insieme queste due funzioni (romosozumab) in commercio di recente. Abbiamo farmaci che si somministrano per bocca, per via transcutanea o percutanea, per via sottocutanea e per via endovenosa. Abbiamo terapie che si somministrano una volta al giorno, una volta alla settimana, una volta al mese, una volta ogni tre mesi, una volta ogni sei mesi, una volta all’anno e per certe categorie ogni 3/5 anni. Ma non li usiamo. I pazienti sono infatti sotto diagnosticati e sottotrattati. Tutte le terapie che hanno dimostrato in studi clinici controllati di prevenire le fratture, sono in grado di funzionare. Ma c’è troppa sfiducia e le informazioni non parlano del fatto che, se venissero utilizzati come si deve, in poco tempo potremmo veramente dimezzare le fratture».
di Paola Trombetta