Influenza: cosa ci aspetta quest’anno

Febbre oltre 38°C, un sintomo respiratorio e un sintomo intestinale: la “vera” influenza, che si manifesta con questi tre caratteristici sintomi, è in arrivo e sarà “brutta”. Per il terzo anno consecutivo non ci si aspetta nulla di buono, complice un calo delle vaccinazioni, soprattutto tra le categorie più fragili, ci sono la sovrapposizione di più virus dalla sintomatologia simile che confondono le diagnosi, e il meteo ballerino che governa anche l’andamento delle epidemie virali. Stime che risentono, non ultimo, anche dei trend che arrivano dall’emisfero australe, dove l’inverno è in pieno corso, con un’incidenza dei casi di influenza tra le più elevate degli ultimi anni. E se è vero che esiste uno spirito di emulazione e che molto di quanto accade dall’altra parte del globo, si verificherà anche in Italia, è presto detto e compreso.

«È ancora presto per fare delle previsioni precise, in quanto molto dipenderà anche dall’andamento meteorologico», dichiara il professor Fabrizio Pregliasco, virologo e docente di Igiene Generale e Applicata presso l’Università di Milano, Direttore scientifico di Osservatorio Virusrespiratori.it. «Alla luce di tutto ciò, non possiamo permetterci di trascurare i segnali d’allarme e dobbiamo farci trovare pronti. L’influenza non è mai da sottovalutare: sebbene spesso venga percepita come una malattia stagionale fastidiosa, ma tutto sommato gestibile, rappresenta un rilevante problema di salute pubblica, capace di determinare ogni anno migliaia di ricoveri e non poche complicanze gravi, soprattutto nei soggetti più vulnerabili». Oltre al ceppo A H1N1, quello “tradizionale” già noto, quest’anno circolerà anche il ceppo influenzale B Victoria, verso cui si registra una minore copertura e che potrebbe pertanto determinare un numero maggiore di contagi. Ceppi influenzali che possono essere “aggrediti” con vaccini rinnovati, sviluppati ad hoc, già disponibili in Italia presso le farmacie e i medici di famiglia, ricordando che la campagna antinfluenzale partirà dai primi di ottobre e consentirà di vaccinarsi anche simultaneamente contro il Covid. Vaccinazione che è raccomandata, come sempre, per le categorie a rischio: anziani, persone con patologie croniche (cardiovascolari, respiratorie, metaboliche), donne in gravidanza e bambini molto piccoli, più esposti a complicanze severe, fino a poter determinare la necessità di ricovero in terapia intensiva, con costi importanti per il paziente e i sistemi sanitari.

Ma gli italiani sono pronti ad affrontare la nuova stagione influenzale? Potenzialmente sì, secondo i risultati dell’indagine “Stagione dei virus respiratori 2025–2026: strategie di prevenzione e scelte di cura consapevoli”, condotta da Human Highway per Assosalute – Associazione nazionale farmaci di automedicazione. La popolazione sembra preparsi all’arrivo di influenza e degli altri (simil)virus con una consapevolezza sempre maggiore, cresciuta da dopo la pandemia, seppure sussistano ancora timori soprattutto per alcune fasce di popolazione, bambini e anziani (68,4%), che spinge il 27,7% degli italiani a vaccinarsi per “immunizzarsi”, dunque per proteggere i propri cari, più vulnerabili. Un “atto di responsabilità” sentito soprattutto nella fascia tra 25-34 anni (39,8%). «Dopo due stagioni da record – prosegue ilpProfessore – anche quest’anno ci aspettiamo una circolazione sostenuta di virus influenzali e dei “cugini” come Rhinovirus, SARS-CoV-2 (il Covid) e Virus Respiratorio Sinciziale (RSV), che potrebbero coinvolgere il 15 – 25% della popolazione, pari a circa 16 milioni di persone».
L’indagine condotta su più anni, dal 2019 ad oggi, ha consentito dunque di tracciare, monitorare e valutare i cambiamenti dei comportamenti degli italiani in merito alle strategie adottate per la gestione delle prime manifestazioni di questi agenti patogeni, per cui le soluzioni di automedicazione la fanno da padrone: un primo approccio corretto, conferma il professor Pregliasco, con il ricorso a terapie già in uso, sperimentate in contesti analoghi e riconosciute efficaci, o dove il medico di famiglia (64,6%) e il farmacista (23,5%) si confermano punto di riferimento fondamentali nel campo della salute, almeno per la popolazione più adulta e senior, a fronte dei giovani che invece si rivolgono più spesso a internet (fino al 18% tra gli under 24) o a strumenti di Intelligenza Artificiale.

«Rispetto a cinque anni fa – commenta Giacomo Fusina, Amministratore Delegato di Human Highway – è aumentata la quota di chi sceglie di curarsi in autonomia con farmaci da banco. Un’abitudine perseguita da circa il 20% degli intervistati – 1 italiano su 5 – contro il 14,6% del 2020, preferita soprattutto dalle donne (55,8% rispetto al 43,2% degli uomini». Sul totale dei rimedi utilizzati in caso di sintomi influenzali e simil-influenzali, i farmaci da banco vengono scelti dal 64,4% della popolazione, seguiti da integratori e vitamine (16,9%) e dagli antibiotici (15,4%), il cui uso senza prescrizione purtroppo, seppure in calo, resta diffuso, soprattutto tra i giovani (18-24 anni 30,9%) e gli uomini (18,8% vs. 11,9% donne). Mentre alla comparsa dei sintomi gran parte degli italiani (oltre 49%) segue le buone prassi: riposo, consultazione del medico al 3° giorno se i sintomi non migliorano con l’approccio di automedicazione, a fronte degli over 65, invece più propensi a rivolgersi subito al curante. E i giovani? Spesso ricorrono all’uso di antibiotici, che nel caso di influenza non servono, se non in presenza di complicanze (in questo caso sarà il medico a consigliarli), probabilmente anche a seguito di informazioni on line.
«Non solo è fondamentale saper distinguere quando è sufficiente ricorrere ai farmaci da banco e quando invece è necessario rivolgersi al medico, soprattutto per anziani, bambini piccoli e persone fragili, ma va soprattutto ricordato che l’uso inappropriato o l’abuso di antibiotici – sottolinea Fabrizio Pregliasco – favorisce l’antibiotico-resistenza e non aiuta contro i virus. L’automedicazione, se effettuata in modo responsabile, è una scelta terapeutica adeguata per la gestione dei sintomi influenzali. Vanno offerti al cittadino strumenti e opportunità di informazione chiari e affidabili per fare scelte consapevoli e responsabili, a partire dai piccoli disturbi».

Invece le fake news fioccano. L’indagine attesta che 8 italiani su 10 (80%) temono che queste e la disinformazione possano influenzare negativamente i comportamenti di salute, e solo 1 su 2 dichiara di sentirsi adeguatamente informato sulle differenze tra influenza, RSV e altri virus respiratori; considerazione che riguarda soprattutto coloro che si documentano prevalentemente on line, e circa la metà (46%) dei giovani che si rivolgono a questo canale si sente disorientata su fonti davvero affidabili. Una sensazione comunque comune: in generale meno del 30% degli italiani sa come muoversi sul web per la ricerca di informazioni sicure, a fronte del 36% che non ne ha alcuna idea.
«L’informazione corretta – conclude il professor Pregliasco – è la prima alleata della salute», mentre restano valide le buone norme di igiene: lavarsi spesso le mani, arieggiare regolarmente gli ambienti chiusi, evitare contatti stretti con persone sintomatiche e indossare la mascherina in caso di sintomi o in luoghi affollati, prestare attenzione ai segnali del proprio corpo e adottare uno stile di vita sano – alimentazione equilibrata, attività fisica, riposo – che contribuiscono a rafforzare le difese immunitarie e ridurre il rischio di complicanze.

di Francesca Morelli

E il Covid? Come va oggi?

In questo momento siamo in una fase di salita, sebbene il Covid abbia assunto un andamento ormai endemico che si presenta ciclicamente con un trend in crescita, seguito da cali fisiologici. Va detto però che l’impatto di salute pubblica è sensibilmente inferiore rispetto a quello iniziale. «Al momento i numeri sono sottostimati – dichiara il professor Pregliasco – perché non c’è una raccolta sistematica di dati: molte persone non si sottopongono al test, e quindi anche il Covid viene scambiato per influenza. Questo andamento “a onde” ce lo dobbiamo aspettare anche per il futuro, con cicli fra un picco e l’altro di circa sei mesi, il tempo con cui ad oggi questo virus si ripresenta con varianti diverse, mettendoci in difficoltà. Dall’altro abbiamo una protezione immunitaria, acquisita dalle precedenti infezioni da Covid e dalle vaccinazioni, che ci rendono meno esposti ad essere attaccati dal virus. Inoltre il virus stesso sta sviluppando varianti a lui vantaggiose, meno aggressive in termini di effetti clinici, ma nuove contro le quali non siamo coperti totalmente». Le attuali varianti derivano dal tipo Omicron, di per sé meno patogeno. In questo momento abbiamo la variante XFG, ribattezzata Stratus, ormai dominante in Italia e in buona parte del mondo, e chi si vaccinerà potrà approfittare di un vaccino aggiornato. «Non è comunque una malattia da trascurare – chiarisce l’infettivologo – che ancora fa delle vittime, soprattutto tra gli anziani con più patologie e i fragili. Fermo restando che le manifestazioni sono “camaleontiche”, con febbre elevata, coinvolgimento respiratorio in evoluzione anche in polmonite atipica, nei contesti più gravi; dolori muscolari, perdita dell’olfatto e, in altri casi, con un avvio meno pesante con raucedine e mal di gola. Soprattutto l’anziano trae vantaggio dal test Covid, perché in caso di positività, oggi è disponibile con ricetta del medico di base un farmaco antivirale nuovo, da assumere il più velocemente possibile (entro due giorni dall’esordio e per 5 giorni) passato dal Servizio Sanitario Nazionale, fatto salvo che non vi siano controindicazioni all’assunzione». Resta il problema del Long-Covid, un’importante criticità: alcuni ambulatori stanno cercando di capire i meccanismi e le dinamiche per definire un adeguato approccio terapeutico su cui non vi è ancora una strategia condivisa.  F. M.

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