Non è più solo una conseguenza estiva legata a costumi sessuali, anche tra i giovani più liberi: Chlamydia, Sifilide, Gonorrea, Epatite A, B e C, Herpes genitale, Condilomi, Mycoplasma genitalium e Vaiolo delle scimmie, sono alcune delle principali Malattie sessualmente trasmissibili (MST) che stanno registrando una generale crescita. A confermarlo sono i dati dell’ultimo rapporto dell’Istituto Superiore di Sanità: nel 2023 le diagnosi di gonorrea, ad esempio, hanno subito un balzo dell’83%, la sifilide primaria e secondaria del 25%, e la clamidia di poco meno, con un incremento di casi del 21%. Soprattutto a danno di alcune fasce di popolazione: giovani e giovanissimi tra 15 e 24 anni, uomini eterosessuali (47%), seguiti da donne in alcuni contesti geografici (32%) tra cui i Paesi poveri o in via di sviluppo, uomini sessualmente attivi con altri uomini (21%) e persone con più partner sessuali. A questi si aggiungono altre categorie di popolazione: migranti e rifugiati, appartenenti alle Forze dell’Ordine, autotrasportatori su lunghe distanze, minatori.
A preoccupare maggiormente sono però i dati sui giovani, in cui si sono incrementate alcune specifiche MST, come una prevalenza di infezione da Chlamydia trachomatis, tripla rispetto alle persone di età superiore, contando attualmente oltre 1.100 nuove diagnosi, quadruplicate rispetto al 2008. Perché i giovani sono i più esposti a contrarre queste malattie e al loro rischio? Alla base vi sono innanzitutto questioni socio-culturali: contesto urbano o rurale, stili di vita, scolarizzazione e lavoro, tradizioni culturali, familiari e religiose, età al momento del matrimonio, genere, assetto socio-economico. A fare la differenza è, infatti, in larga misura il livello di povertà: secondo l’OMS, l’85% dei giovani tra i 10 e i 24 anni, circa 1,5 miliardi nel mondo, vive in Paesi poveri, con 73 milioni di adolescenti tra i 10 e i 14 anni che lavorano e affrontano le prime relazioni sessuali molto presto. Questi, da soli, sviluppano mediamente 340 milioni di nuovi casi all’anno di MST (anche dette Infezioni sessualmente trasmesse) di cui almeno 111 milioni interessano giovani sotto i 25 anni di età.
L’OMS riferisce che ogni anno un adolescente su 20 e in età via via sempre più bassa, contrae una di queste malattie, senza contare le infezioni virali. Tra le più frequenti sono incluse anche le infezioni da HIV a carico soprattutto di giovani di età fra 15 e 24 anni, dove le ragazze sono più vulnerabili dei coetanei per ragioni fisiologiche, sociali, essendo spesso costrette a relazioni sessuali fin da bambine.
Preoccupa anche l’emergere di nuove criticità, come l’aumento dei casi nelle fasce d’età più adulte, soprattutto per sifilide e herpes, e la crescita significativa di diagnosi tra i cittadini stranieri, segno di persistenti disuguaglianze nell’accesso alla prevenzione e alla diagnosi precoce. Quest’ultima resta la prima grossa criticità da risolvere: nonostante la frequenza e l’evidenza crescente di queste malattie negli adolescenti, esistono ancora diverse barriere, secondo l’OMS, che limitano il contenimento e la possibilità di una gestione sanitaria adeguata di questo gruppo a rischio. Barriere che sono di diversa natura: di ordine clinico, legate spesso al decorso asintomatico delle infezioni e alla difficoltà di applicare le indagini diagnostiche, come i test di laboratorio, che oltre a essere raramente disponibili nei Paesi in via di sviluppo, sono difficilmente accettati dagli adolescenti perché comportano esami come lo striscio o il prelievo del sangue; barriere culturali, cioè la scarsa informazione e consapevolezza della gravità delle MST; infine, barriere di accesso ai servizi sanitari per difficoltà economiche, organizzative, indisponibilità dei servizi stessi o non sufficienti a soddisfare le esigenze degli adolescenti.
Portando il tema in contesti industriali, come il nostro, dove questo genere di barriere non costituisce il problema effettivo come agire, quali misure contenitive intraprendere? Innanzitutto è necessario fare informazione nelle fasce di popolazione più giovane, a cui si aggiungono altre chiare indicazioni fornite dal Rapporto. Occorre favorire la diagnosi e il trattamento precoce delle MST facilitando l’accesso ai servizi sanitari attraverso un Percorso Integrato di Cura (PIC) della persona a rischio o con MST, supportare la diagnosi precoce di Chlamydia trachomatis (come detto, la problematica che ha subito il maggior incremento anche fra gli adolescenti) attraverso l’offerta del test in donne giovani, anche se asintomatiche, in particolare se pluri-partner; aumentare l’offerta attiva e la pratica del test HIV tra le persone con una MST, in accordo con quanto previsto dal Piano Nazionale della Prevenzione 2020-2025, potenziare il contrasto alla diffusione delle epatiti virali B e C tra le persone con una MST, secondo le ultime raccomandazioni dell’OMS. Ancora, è necessario migliorare il contact tracing (intercettazione) delle persone a rischio o già portatrici di una MST e promuovere la terapia del partner, sostenere la prevenzione primaria favorendo la vaccinazione anti-HPV, anti-epatite B, anti-epatite A e, come detto, incrementare le attività di informazione sulle MST, diffondendo consapevolezza sui sintomi, segni e complicanze di queste problematiche, nel caso in cui vengano trascurate o non trattate. Tali azioni si devono generalmente tradurre in campagne di sensibilizzazione con l’obiettivo di acculturare la popolazione, aumentare la conoscenza, ad esempio, nella trasmissione/acquisizione dell’HIV, ma significa anche educare, fin da giovani – un aspetto in cui l’Italia non è ancora “all’avanguardia”, ma si trova passi indietro rispetto ad altri Paesi europei, come la Svezia, ad esempio – alla salute sessuale attraverso le “Regole del Sesso Sicuro”, che prevedono un uso corretto del preservativo, una riduzione del numero dei partner sessuali, un consumo consapevole dell’alcool, l’astensione dall’uso di sostanze stupefacenti. Infine, a intraprendere adeguate misure a livello di governance e di salute pubblica, elaborando un piano nazionale pluriennale per la prevenzione delle MST/IST e l’attivazione di programmi di sorveglianza dei comportamenti.
L’Italia, in questo, è avvantaggiata: può infatti far leva su un accurato monitoraggio sulle MST/IST reso possibile da due sistemi di sorveglianza, molto attivi sul territorio. Da un lato centri clinici che dal 1991 segnalano le persone con una diagnosi confermata di MST/IST in atto e dall’altro laboratori di microbiologia clinica, che invece riportano i casi di persone che si sottopongono a test di laboratorio per Chlamydiatrachomatis e/o Trichomonas vaginalis e/o Neisseria gonorrhoeae, entrambi coordinati dal Centro Operativo AIDS (COA) dell’Istituto Superiore di Sanità. La raccolta di queste informazioni, quindi l’incrocio dei dati, consente di avere sempre presente lo stato attuale della diffusione di queste malattie: l’invio dei dati, rapido, tramite un sistema di segnalazione online via web ne favorisce il controllo.
Infine un ruolo attivo hanno anche le risorse: la famiglia, un luogo in cui si deve discutere senza tabù anche con adolescenti e giovani; la scuola, che si deve fare portavoce di messaggi educativi, tramite le conoscenze delle MST e il rispetto del partner, la formazione del personale sanitario con la promozione di corsi specifici sulle MST e, infine, il coinvolgimento del territorio, dagli ospedali, agli ambulatori/consultori, alle farmacie e Medici di Medicina Generale. Solo dalla partecipazione corale e globale e dalla “protezione” offerta ai giovani, educati alla responsabilità verso le MST, il problema potrà essere arginato, rendendo la loro vita più “sicura”, anche sessualmente.
di Francesca Morelli