Un nuovo farmaco per la poliposi nasale

«Per chi vive con asma grave e poliposi nasale, riuscire a respirare bene e sentire gli odori non è scontato», sottolinea Luciano Cattani, Presidente di Associazione Asma Grave e Delegato Federasma e Allergie Federazione Italiana Pazienti. «Queste persone spesso convivono per anni con sintomi che limitano profondamente la qualità della vita: la difficoltà a dormire, la perdita dell’olfatto, il fiato corto anche per sforzi minimi. Sapere che la ricerca sta aprendo nuove prospettive con terapie capaci di agire alla radice del problema dà speranza concreta a tanti pazienti e alle loro famiglie. La tempestività nell’accesso alle terapie biologiche è cruciale per migliorare la qualità di vita di chi convive con queste patologie come l’asma severa e la rinosinusite con poliposi nasale».
Una prospettiva nuova viene dallo studio focalizzato sull’effetto di mepolizumab sul tessuto dei polipi nasali, condotto da un gruppo di ricercatori dell’Ospedale Universitario Careggi di Firenze, recentemente pubblicato su Journal Investigational Allergology Clinical Immunology e presentato in occasione dell’evento “Nuove frontiere nella gestione della rinosinusite con poliposi nasale”, promosso in collaborazione con GSK. «Il trattamento con mepolizumab è stato somministrato per una durata media di 7 mesi a circa 15 persone affette da rinosinusite cronica con poliposi nasale», spiega Andrea Matucci, Dirigente Medico del Reparto di Immunoallergologia AOU Careggi, Firenze, che ha coordinato lo studio. «I risultati hanno evidenziato una riduzione significativa degli eosinofili infiammatori, non solo nel sangue, ma anche direttamente nella mucosa nasale, sede della formazione dei polipi nasali. Questo ha portato a benefici clinici importanti, tra cui la riduzione della dimensione dei polipi nasali, il recupero dell’olfatto, il contestuale controllo dell’asma e il miglioramento della qualità di vita».

Per approfondire il significato dello studio e i risultati, abbiamo rivolto alcune domande ad Alessandra Vultaggio, allergologa e immunologa clinica all’Ospedale Careggi di Firenze, professore associato presso l’Università di Firenze, che ha partecipato allo studio.

Potrebbe sintetizzare i risultati di questo studio e qual è il significato nella pratica clinica?
«Lo studio mostra come il trattamento con mepolizumab, anticorpo monoclonale mirato contro l’interleuchina-5, impiegato nel trattamento della rinosinusite cronica con poliposi nasale, abbia determinato non solo il controllo dei sintomi della malattia, ma anche un ripristino delle alterazioni del tessuto nasale. Nello studio in questione abbiamo trattato per circa sette mesi i nostri pazienti con l’anticorpo monoclonale mepolizumab e abbiamo analizzato la sua capacità di modificare l’infiammazione che normalmente è presente a livello del tessuto del polipo nasale. Il farmaco si è dimostrato in grado di ridurre il numero delle cellule infiammatorie (eosinofili) presenti, ovvero quelle con maggiore capacità di danneggiare il tessuto, di ridurre l’edema, cioè la quantità di liquido presente nel tessuto infiammato e la produzione di secrezioni mucose nel paziente con poliposi nasale. È dunque in grado di combinare l’efficacia clinica e quella biologica: così si capisce come e perché il farmaco funzioni, riducendo il processo infiammatorio e non solo i sintomi».

Quale impiego potrebbe avere e quali pazienti ne potranno beneficiare?
«È un farmaco indicato per pazienti con poliposi nasale isolata o associata ad asma. Consente di “spegnere” la reazione infiammatoria che sta alla base di molte forme gravi di asma e della formazione di polipi nasali legati alla rinosinusite cronica. Si può dunque utilizzare per entrambe le tipologie di pazienti che hanno un’infiammazione di tipo eosinofilico, individuando gli eosinofili nel sangue. È indicato anche per i pazienti che hanno già subito un trattamento chirurgico di asportazione dei polipi».

Questo farmaco potrebbe prevenire l’intervento chirurgico di asportazione dei polipi?
«Assolutamente sì, in quanto il farmaco è in grado di modificare la storia di questi pazienti e, nei casi di necessità, allungare l’intervallo tra un intervento e l’altro. In molti casi il polipo, dopo il trattamento, scompare definitivamente (15% dei pazienti), ma dobbiamo proseguire la cura per evitare che il polipo si riformi».

Questa patologia colpisce indifferentemente uomini e donne? Possiamo definirla “invalidante”?
«Direi che colpisce entrambi i sessi, con caratteristiche sovrapponibili negli uomini e nelle donne. È certamente una patologia invalidante perché provoca una costante ostruzione nasale e può peggiorare la sintomatologia dell’asma. Abbiamo dei questionari che possono attestare la gravità della malattia, evidenziando sia i sintomi diurni che notturni».

Come viene somministrato il farmaco e in quanto tempo agisce?
«Già i primi benefici si possono evidenziare dopo un mese di trattamento. A mano a mano che proseguiamo, maggiore è la risposta clinica, essendo il farmaco in grado di agire su più bersagli, alcuni più facilmente modulabili in tempi brevi, altri che invece richiedono tempi più lunghi, almeno di sei mesi. Si è visto all’analisi microscopica che, grazie al trattamento con mepolizumab, si riesce a riparare il tessuto di rivestimento delle cavità nasali. Prima della terapia, infatti, l’epitelio risultava danneggiato e pieno di cellule infiammatorie; dopo il trattamento, mostrava una struttura rigenerata e fisiologicamente normale. Questo significa che, oltre a ridurre l’infiammazione, mepolizumab contribuisce a ristabilire l’integrità del tessuto e a migliorare il funzionamento delle vie respiratorie superiori. È un risultato molto rilevante, perché ci fa comprendere che intervenire precocemente sui meccanismi biologici alla base della malattia può cambiarne il decorso. E questo apre la strada a nuovi studi e a un approccio terapeutico sempre più mirato ed efficace».

di Paola Trombetta

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