Una compagna di viaggio, in alcuni casi di vita, scomoda, “invisibile” e impossibile. La mastocitosi sistemica indolente, una patologia rara dovuta ad una mutazione acquisita del gene KIT, in particolare della variante D816V, è poco nota, difficile da riconoscere, subdola, per le manifestazioni di insorgenza, l’imprevedibilità dei sintomi che compaiono inaspettatamente, repentinamente e che costringono a cambiare in un attimo i programmi di una giornata, o anche l’intera vita di chi ne soffre. Il 43% dei pazienti riduce la propria attività lavorativa, il 59% limita le attività quotidiane a causa del dolore muscolo-scheletrico e dei vari sintomi. “Arrivare alla diagnosi è la cosa più difficile, a volte passano anche più di 10 anni dai sintomi, riconosciuti dopo molte
peregrinazioni fra diversi specialisti, da centri di riferimento a cui è necessario rivolgersi – dichiara Patrizia Marcis, Presidente ASIMAS (Associazione Italiana Mastocitosi). La malattia ha un peso importante, fisico e psicologico per qualunque paziente, ma per la donna è sensibilmente superiore, a causa del carico personale, professionale e familiare, la cura dei figli, la gestione della casa. E poi c’è l’incertezza del trattamento: non sempre, o non subito, si trova una terapia adeguata in grado di stabilizzare la sintomatologia, che spesso va sostituita poiché dopo un certo tempo può risultare inefficace. Tutto questo porta all’isolamento, a sviluppare emozioni negative, quindi ansia e depressione. La speranza dei pazienti è che si possa trovare una cura più “stabile”, a cui ci stiamo poco alla volta avvicinando, grazie alla ricerca, all’entusiasmo dei medici e a RIMA, la Rete Italiana Mastocitosi, che raccoglie tutti i centri di riferimento sul territorio nazionale, con cui anche la nostra Associazione collabora per fare sinergia e alleanza”.
La mastocitosi è una malattia complessa, difficile per i suoi aspetti camaleontici, con un’alta disabilità, paragonabile a quella di patologie più note e riconosciute come linfoma, leucemia e psoriasi. Come riconoscerla, come si può controllare? Ne abbiamo parlato con la professoressa Margherita Deidda, allergologa del Policlinico Universitario Duillio Casula, Monserrato di Cagliari, in occasione dell’evento “Svelare l’invisibile” che si è tenuto a Milano, e che ha anticipato la Giornata Internazionale della Mastocitosi (20 Ottobre).
Professoressa, quali sono le cause e le manifestazioni delle mastocitosi?
«La mastocitosi è una malattia rara, molto eterogenea, dovuta alla proliferazione e all’accumulo in diversi tessuti e organi – come pelle, intestino, apparato respiratorio – dei mastociti, cioè delle cellule del sistema immunitario responsabili delle reazioni allergiche e, infatti, molti sintomi ricordano proprio quelli di forme di allergie gravi. Tutto si riconduce, in particolare, alla mutazione del gene KIT che fa sì che i mastociti non siano più dipendenti dal fattore di crescita che regola il loro stato, ma che si autogovernino».
E quindi, cosa succede?
«I mastociti crescono, aumentano di numero, liberano molte sostanze allergiche, come l’istamina, i leucotrieni, il platelet-activating factor e altri mediatori, per via dell’iperattivazione della cellula stessa, o crescono a dismisura tanto da invadere gli organi nei casi più gravi. Si riconoscono due fome di malattia, una “indolente” ed una avanzata: la prima, la mastocitosi sistemica “indolente” – così definita perché a decorso lento e non aggressivo – è la più frequente e colpisce oltre 6.000 persone in Italia, mostrando una varietà di sintomi cronici, imprevedibili e potenzialmente debilitanti. Tra i più comuni vi sono lesioni cutanee di colore brunastro-marroncino diffuse sul corpo e sul volto, molto caratteristiche e che facilitano la diagnosi di malattia quando presenti, ma anche prurito, orticaria con pomfi gonfi e arrossati, flushing, e poi sintomi gastro-intestinali, soprattutto diarrea persistente e dolori addominali, gastrite e ulcera, dolori ossei e muscolari, con insorgenza di osteoporosi precoce, anche nei giovani, che aumenta la fragilità dell’osso esponendolo a frattura, un senso di offuscamento mentale o brain fog, associato a crisi ipotensive, stanchezza e facile affaticabilità. Tuttavia, il maggiore rischio sono gli episodi di shock anafilattico, ricorrenti e severi, spesso dovuti a punture di api e vespe, più raramente a farmaci e alimenti. Il movens, la mutazione del gene KIT, oggi costituisce il target di nuovi trattamenti».
Quanto è impattante la malattia nella donna?
«La mastocitosi ha ripercussioni importanti in entrambi i sessi, ma nella donna le manifestazioni cliniche sono molto più complesse. In primis l’anafilassi che è la principale preoccupazione soprattutto per coloro che desiderano una maternità, a cui si associa il timore di perdere il bambino, di avere difficoltà a portare avanti la gravidanza. Spesso la malattia non crea complicazioni, ma seguiamo con maggiore attenzione le donne con malattia, accompagnandole lungo tutto il percorso con uno stretto monitoraggio dei sintomi, dalle lesioni cutanee alla diarrea, al flushing, all’osteoporosi».
L’aspetto positivo è che la mastocitosi non viene trasmessa al bambino: è corretto?
«Sì, la malattia si sviluppa per una mutazione acquisita. Questo significa che non si eredita da madre in figlio, ma che può manifestarsi indipendentemente da quegli stimoli “allergici” scatenanti di cui abbiamo accennato in precedenza. Pertanto la mastocitosi può comparire fin dall’infanzia, e nei bambini di norma la malattia ha poi una risoluzione spontanea nel tempo, o può svilupparsi più avanti in età adulta quando invece diventa cronica e permane a vita. Mentre, come detto, le forme familiari, ereditate, sono rarissime».
Come avviene la diagnosi di malattia?
«Fondamentale al primo sospetto, quindi alla comparsa di sintomi cutanei tipici, o qualora non fossero presenti ad un insieme delle varie manifestazioni citate che devono fare sospettare una possibile mastocitosi, è cruciale rivolgersi a centri specialistici sul territorio per ricevere una diagnosi corretta. Questa si basa su una serie di esami: il dosaggio della triptasi basale sierica, un enzima rilasciato dai mastociti nel sangue, che si esegue con un semplice prelievo e se esiste il sospetto di malattia si procede con una biopsia del midollo osseo, che insieme all’aspirato midollare sono utili a valutare il numero di mastociti nei tessuti e a identificare eventuali anomalie. In parallelo si esegue anche la ricerca della mutazione del gene KIT, in particolare la variante D816V e, se necessario, si faranno ulteriori approfondimenti diagnostici con, ad esempio, esami ematochimici completi, ecografia addominale, densitometria ossea, indagini radiologiche o endoscopiche».
Quali sono oggi i trattamenti?
«In primo luogo vanno assunti comportamenti corretti per evitare i sintomi da mediatore: quindi occorre fare attenzione alle punture di api e vespe, soprattutto se si è allergici al veleno degli imenotteri; meglio non esporsi a sbalzi di temperatura, che possono portare a una ipotensione (abbassamento della pressione) e a quadri di anafilassi; attenzione a non consumare alimenti, noti alla persona, che possono scatenare coliche addominali e diarrea, sebbene esista una quota di pazienti che manifesta i sintomi anche senza avere assunto “cibi trigger”. Ciò significa che il percorso di cura va personalizzato sul singolo paziente e in questo un aiuto importante è dato dai farmaci antimediatori, ad esempio diretti all’istamina, che migliorano la sintomatologia, e dall’adrenalina in caso di anafilassi».
Di recente sono state messe a punto nuove terapie?
«Sì, grazie a nuovi studi, ci sono e si stanno sviluppando nuove terapie target, prevalentemente gli inibitori delle tirosin chinasi (TKI), i farmaci ad oggi più promettenti che andranno a colpire la mutazione genetica responsabile della malattia. Questi farmaci non solo permetteranno di controllare meglio la sintomatologia che “sfugge” con le terapie più tradizionali, ma nelle forme indolenti di arrivare quasi a curare la malattia, favorendo la diminuzione delle lesioni cutanee, migliorando lo spettro delle manifestazioni gastrointestinali, il flushing e così via. Sarà Inoltre fondamentale valutare l’efficacia di questi farmaci anche sul controllo di osteoporosi e anafilassi, fermo restando che si tratta di terapie che dovranno essere assunte a vita dalla persona con mastocitosi». Sono dunque molte le attese per il futuro di questa malattia: diffondere conoscenza; elevare il senso di urgenza su una patologia come la mastocitosi sistemica e indolente, che nella maggior parte dei casi non uccide, ma che rende la qualità della vita “impossibile”; puntare a nuove terapie, agli inibitori di KIT che agiscono sulle cause genetiche, permettendo alla persona con malattia di recuperare dignità, libertà e qualità di vita. E non ultimo a sviluppare strumenti di informazione innovativi, come magazine podcast, chatbot.
di Francesca Morelli
I nuovi strumenti per informarsi in modo corretto su questa patologia rara
In occasione della Giornata Mondiale della Mastocitosi, dedicata quest’anno a creare conoscenza e comunità secondo il tema “Be informed, be connected”, Blueprint Medicines a Sanofi Company, ha presentato tre strumenti innovativi per diffondere un’informazione corretta, facile, accessibile, rivolta al medico e soprattutto ai pazienti, fruibile attraverso diversi canali, tradizionali e digitali. Il primo è il podcast “Sotto la pelle” che intende presentare la malattia ai medici sia dal punto di vista clinico sia soprattutto nella sua dimensione emotiva: tre dialoghi tra medico e psicologo che esplorano le emozioni più frequentemente associate alla malattia – come ansia, frustrazione e solitudine – che propongono spunti utili per comprenderle e affrontarle nella pratica clinica quotidiana. Il secondo, il magazine “La sfida invisibile”: 14 storie di specialisti, accompagnate da illustrazioni originali, che valorizzano gli aspetti personali ed emotivi che hanno portato a studiare e a dedicarsi alla mastocitosi. ll terzo: MAIA, il primo chatbot sulla mastocitosi sistemica basato su tecnologia RAG (Retrieval-Augmented Generation), che combina il recupero di informazioni scientifiche validate con la generazione di risposte chiare e contestualizzate. È pensato per supportare i medici nell’orientarsi tra fonti affidabili, linee guida e studi recenti, e per ridurre il ritardo diagnostico, aiutando anche i professionisti meno esperti a riconoscere tempestivamente le red flags della mastocitosi. F. M.