Le malattie cardiache “vestono rosa”: se curate, non precludono la gravidanza

Sono tante le problematiche cardiovascolari di cui soffrono le donne, ma non sempre vengono prese in adeguata considerazione. Diagnosi tardive, sottovalutazione dei sintomi, cure non sempre tempestive fanno sì che la mortalità per malattia cardiovascolare nelle donne è salita al primo posto, soprattutto dopo la menopausa. Quali sono le problematiche cardiovascolari più frequenti nelle donne? Possono precludere o mettere a rischio una gravidanza? In che modo è opportuno intervenire? Ne abbiamo parlato con la professoressa Eloisa Arbustini, direttore del Centro per le Malattie Genetiche Cardiovascolari del Policlinico San Matteo, Fondazione IRCCS di Pavia, in occasione del 40° Congresso nazionale “Conoscere e curare il cuore”, promosso a Firenze (16-19 marzo), presso la Fortezza da Basso, dalla Fondazione “Centro per la Lotta contro l’Infarto”, presieduta dal professor Francesco Prati.

Partendo dalla donna giovane, magari con una lieve ipertensione, che vuole programmare una gravidanza, quali problematiche potrebbero insorgere durante i mesi di gestazione? Cosa si intende per pre-eclampsia gravidica?
«L’ipertensione arteriosa (IA) in gravidanza è una condizione abbastanza comune, che interessa il 10% delle gravide. Comprende sia l’ipertensione diagnosticata prima della gravidanza, sia quella correlata alla gravidanza stessa. L’ipertensione in gravidanza, se non correttamente riconosciuta e trattata, potrebbe causare conseguenze, sia per la donna (aumento del rischio di ictus), che per il bambino (basso peso alla nascita, aumento del rischio di parto prematuro). Alcuni ginecologi, soprattutto in passato, tendevano a sconsigliare la gravidanza nelle ipertese. Ma attualmente si cerca assolutamente di incoraggiare la donna a non rinunciare al suo progetto di maternità, garantendo la massima assistenza da parte del ginecologo e del cardiologo, che agiscono in sinergia per affrontare eventuali problematiche che potrebbero sopraggiungere. Tra queste potrebbe presentarsi la pre-eclampsia, una situazione che aumenta il rischio di distacco della placenta nella gravidanza in corso, probabilmente correlata all’insufficiente circolazione a livello utero-placentare. Da un punto di vista epidemiologico l’incidenza della pre-eclampsia è aumentata del 25% nell’ultimo decennio, in parte causata dall’età materna più avanzata e dalla presenza di un maggior numero di comorbidità associate. L’ipertensione preesistente aumenta il rischio di sviluppare pre-eclampsia».

Le donne che sviluppano pre-eclampsia gravidica hanno conseguenze dopo il parto e negli anni a venire?
«La pre-eclampsia è associata all’aumento di tre volte di insufficienza cardiaca e ipertensione, oltre a un rischio raddoppiato di comparsa di diabete e ictus. Dati recenti dimostrano come lo sviluppo di ipertensione arteriosa in gravidanza sia associato anche a una maggiore incidenza di eventi avversi cardiovascolari a lungo termine, come infarto miocardico, scompenso cardiaco, ictus e morte per cause cardiovascolari, nell’età più avanzata. Le donne che sviluppano ipertensione nella prima gravidanza, hanno un rischio maggiore di recidiva in una gravidanza successiva e sono più predisposte a ipertensione, ictus e cardiopatia ischemica in età adulta. Le Linee guida per la prevenzione cardiovascolare della Società Europea di Cardiologia del 2021 riportano come la pre-eclampsia si verifichi nell’1,2% di tutte le gravidanze ed è associata ad un aumento del rischio di malattie cardiovascolari (MCV) da 1,5 a 2,7 volte rispetto alle altre donne. Nei decenni successivi al parto, le donne che hanno avuto pre-eclampsia possono presentare disfunzione endoteliale, alterazioni della struttura e della funzione cardiaca e un fenomeno di invecchiamento vascolare precoce che favorisce lo sviluppo dell’aterosclerosi subclinica».

Diventa allora indispensabile, non solo un’adeguata assistenza durante la gestazione da parte del ginecologo e del cardiologo, ma anche una preparazione alla gravidanza, magari con il supporto di un nutrizionista per consigliare una dieta sana e povera di sodio.
«È noto che una dieta equilibrata, come quella mediterranea, fa bene a tutti, non solo alla donna in gravidanza. Un elevato consumo alimentare di sodio è considerato tra le principali cause di aumento dei valori di pressione arteriosa (PA) e costituisce uno dei fattori di rischio legati alla dieta che favorisce la comparsa di eventi cardiovascolari (CV). Le principali Società scientifiche internazionali raccomandano una riduzione del contenuto di sale nella dieta nell’ambito di una strategia di terapia non farmacologica per ridurre la pressione arteriosa e prevenire gli eventi cardiovascolari, mantenendo la soglia della quantità di sale inferiore a 5 grammi al giorno. Di recente è stato rivalutato il potassio, che sembra avere un effetto protettivo sull’ipertensione e sulle malattie cardiovascolari in genere: un aumento di potassio nella dieta ha un effetto favorevole su diversi fattori di rischio e sulle malattie cardiovascolari. Per questo motivo le Linee guida internazionali raccomandano un incremento del consumo di verdura e frutta fresca, proprio allo scopo di aumentare il contenuto di potassio nella dieta. Se l’incremento nella dieta di sale, pari a 1 grammo di sodio, corrisponde a un aumento del 18 % di eventi cardiovascolari, un aumento del consumo di potassio di 1 grammo si associa a una simile riduzione di tali eventi del 18%. Un aspetto interessante è legato alle differenze “di genere” osservate: una recente metanalisi ha dimostrato che la riduzione del rischio relativo per malattie cardiovascolari, con l’aumento di 1 grammo dell’escrezione urinaria di potassio, era più evidente nelle donne rispetto agli uomini. Inoltre nelle donne il rischio di tali malattie, legato all’ aumento di escrezione urinaria di 1 grammo di sodio era maggiore rispetto a quanto osservato negli uomini. Tali risultati suggeriscono che, sebbene un elevato consumo alimentare di sodio esponga le donne ad un maggiore rischio di malattie cardiovascolari, un elevato consumo di potassio potrebbe determinare un effetto protettivo maggiore».

Oltre alle problematiche indotte dall’ipertensione arteriosa, quali sono le principali malattie cardiovascolari di cui soffrono le donne?
«Nelle donne esiste una grande varietà di patologie cardiovascolari. Al primo posto metterei quei problemi, anche minori in termini di gravità, che sono legati a malattie autoimmuni o immunomediate, molto frequenti nella donna, dalle tiroiditi, alle artriti reumatoidi. Queste malattie sistemiche comportano spesso complicanze cardiovascolari, con sintomi che creano sofferenza. Anche le donne come gli uomini, non sono esenti da rischi che possono influire sul cuore, causati da fumo e stress. Poi nelle donne esiste una patologia “di genere”, come la “dissecazione coronarica”, in cui le coronarie, pur non essendo affette da aterosclerosi, possono andare incontro a uno “slaminamento” della loro struttura o generare sindromi acute, molto simili alla sindrome di Takotsubo, la cui incidenza va dall’1 al 3% con coronarie pulite, che provoca un vero e proprio infarto, con alterazioni del tracciato elettrocardiografico e rialzo degli enzimi. Non sappiamo di preciso le cause di queste due patologie e stiamo valutando un ipotetico rischio genetico, avendo osservato, in particolare nella dissecazione coronarica, una prevalenza tra sorelle, cugine, appartenenti a una stessa famiglia. Spesso però queste patologie insorgono all’improvviso, magari a causa di un forte stress che scatena una produzione abnorme di catecolamine, nella sindrome di Takotsubo, presentando le stesse caratteristiche di un infarto, con un dolore acuto, ma coronarie pulite. A differenza di quest’ultima sindrome che non dà necrosi al cuore, la dissecazione coronarica provoca necrosi della parete cardiaca, e viene riconosciuta dalla coronarografia. Purtroppo accade a volte che la paziente arrivi alla diagnosi troppo tardi. In molti casi questa patologia è stata riscontrata in donne gravide, correlata a un’ipertensione magari latente. Un motivo in più per monitorare il quadro cardiaco delle donne in gravidanza».

Se una donna soffre di queste malattie cardiache può affrontare una gravidanza?
«Al Policlinico di Pavia abbiamo programmi personalizzati per seguire donne cardiopatiche che vogliono avere figli. Seguiamo casi di gravide malate di cuore, consapevoli della loro malattia. E addirittura abbiamo seguito anche trapiantate di cuore che vogliono intraprendere una gravidanza. Si tratta di donne che hanno avuto patologie primitive del tessuto cardiaco, come la cardiomiopatia dilatativa, ipertrofica, restrittiva. Tra queste abbiamo seguito alcune pazienti cardiopatiche trapiantate che sono riuscite ad avere bambini. In questi casi c’è la possibilità di una diagnosi prenatale, per chi la richiede. Abbiamo seguito diverse trapiantate che hanno avuto figli, a volte anche due. Esiste un apposito gruppo multidisciplinare che segue queste pazienti, con il ginecologo e il cardiologo, per accompagnarle a realizzare il loro progetto di maternità. Sono nati bambini perfettamente sani, che non hanno ereditato la malattia genetica di cui è affetta la madre. Ricordo il caso di un bambino sano, nato da due genitori trapiantati, di cui il padre era il portatore di difetto genetico e la madre affetta da una cardiomiopatia non genetica che aveva reso necessario il trapianto. E’ un dovere informare i genitori con cardiopatie dei possibili rischi connessi a una gravidanza che rimane, comunque, un diritto sacrosanto della coppia, che deve essere accompagnata dagli specialisti in questo difficile percorso».

di Paola Trombetta

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