L’occhio non invecchia con le tecnologie hi-tech

Efficacia e sicurezza. Sono questi i cardini di ogni intervento medico o chirurgico. Ma c’è un altro aspetto che bisognerebbe rimarcare, ed è il recupero della qualità della vita. Nel caso dell’oculistica, negli ultimi anni le tecniche chirurgiche e le tecnologie dei dispositivi medici hanno fatto passi avanti così significativi che anche persone miopi, ipermetropi o astigmatiche per buona parte della loro esistenza possono ritrovare un visus ottimale. Non solo con immagini nitide da vicino e da lontano, ma anche con una nitidezza di colori che avevano ormai dimenticato. Parlando di disturbi della vista, sono due gli eventi che la quasi totalità delle persone deve affrontare con l’avanzare dell’età. Il primo è la presbiopia, cioè il calo della vista da vicino, che si presenta dopo i 40 anni, anche se con un’età di insorgenza molto variabile. Il secondo, che si presenta un po’ più in là negli anni, è la cataratta, ovvero l’offuscamento del cristallino. Ora i due disturbi possono essere risolti insieme, prendendo a prestito la tecnica chirurgica tradizionalmente riservata alla cataratta. Ne abbiamo parlato con Marco Fantozzi, medico oculista di Pescia e tutor di Ultralaser (www.ultralaser.it) che ha accumulato una grande esperienza in questo specifico campo, operando sia in Italia che oltre confine.
«Il cristallino, con il tempo, perde l’elasticità che aveva nell’età giovanile e s’indurisce: insorge così un deficit di accomodazione che è all’origine della difficoltà di mettere a fuoco gli oggetti vicini», ha spiegato Fantozzi. «La cataratta è una condizione para-fisiologica perché chi invecchia va quasi sicuramente incontro a un’opacizzazione del cristallino, che ha il compito di mettere a fuoco le immagini sulla retina». Verso i 50-60 anni di età, si può dunque creare una congiunzione di eventi critica, in cui un occhio già da molti anni con un vizio rifrattivo, come la miopia o l’astigmatismo, si trova colpito anche da presbiopia e inizia a mostrare i segni della cataratta. In questi casi, si può considerare l’opzione di un intervento di sostituzione del cristallino con uno artificiale di nuova generazione, chiamato EDOF (Extended Depth of Focus). «La caratteristica di questo cristallino è quella di essere multifocale: in sostanza, è in grado di correggere diversi difetti della vista, sia quelli da vicino, sia quelli da lontano, a differenza dei cristallini tradizionali monolocali, che difficilmente liberano dalla schiavitù di portare gli occhiali dopo l’intervento», ha sottolineato Fantozzi. «Ultimamente si sono rese disponibili anche nuove lenti cosiddette “toriche”, che correggono l’astigmatismo. In definitiva, abbiamo una vasta gamma di scelte per portare il paziente con cataratta a essere sempre più indipendente dalle correzioni successive».

Dunque, per il 50-60enne con difetti di vista l’occasione è ghiotta: ritornare a vedere bene con una sostituzione del cristallino, o lensectomia, anche con una cataratta solo incipiente, o addirittura assente. Sempre più pazienti si avvicinano a questa metodica, a un’età sempre più precoce, complice il fatto che si tratta di un intervento ben tollerato ed estremamente sicuro. «L’intervento di cataratta non ha particolari controindicazioni per quanto riguarda lo stato di salute generale del paziente e della salute dell’occhio in particolare; non è un’operazione dolorosa e viene eseguita in anestesia topica, cioè solo instillando gocce di collirio nell’occhio», rassicura Fantozzi. «Inoltre, si tratta di uno degli interventi più eseguiti al mondo, e ha una percentuale di complicanze estremamente ridotta, anche se chiaramente il rischio non si può eliminare totalmente in nessuna chirurgia», prosegue Fantozzi. «Non dimentichiamo poi che il progresso tecnologico continua a elevare la soglia di sicurezza: negli ultimi anni per esempio è entrato in sala operatoria il laser a femtosecondi: sostituisce il bisturi e la mano del chirurgo in molte operazioni che precedono la sostituzione del cristallino, garantendo una precisione senza pari, a tutto vantaggio di una migliore riuscita dell’intervento, con una diminuzione ulteriore dei rischi».

Se la chirurgia della cataratta e la lensectomia hanno fatto passi da gigante, non è certo stata a guardare la chirurgia refrattiva, che interviene rimodellando la cornea, la porzione anteriore del bulbo oculare, per compensare il vizio di rifrazione. Recentemente infatti gli oculisti hanno iniziato a operare con la nuova tecnica chiamata ReLex SMILE (Small Incision Lenticule Extraction) in cui il protagonista è ancora una volta il laser a femtosecondi. Smile, a differenza della Prk, non leviga la superficie e, a differenza della Lasik, non taglia la cornea ma agisce solo sugli strati più profondi risparmiando la superficie. Il risultato è che la lacrimazione è meglio conservata, prevenendo il disturbo dell’occhio secco che spesso può colpire il soggetto dopo la chirurgia refrattiva. Che si parli di cataratta, lensectomia o ReLex, in ogni caso le prospettive di recupero sono ottimali per i pazienti, come dimostra anche l’elevato grado di soddisfazione che viene riferito. E vedere meglio significa vivere meglio, perché la qualità della vista coincide spesso con la qualità della vita.

di Dafne Cervi

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