Oncologia: le associazioni pazienti in prima linea per garantire le cure

Sono più di 3 milioni le persone in Italia che vivono con una diagnosi di tumore: più del 60% sopravvive a 5 anni. Per migliorare la presa in carico e la cura del paziente oncologico, in tutte le Regioni italiane è stato presentato di recente a Roma un Accordo di Legislatura fra 17 Associazioni di pazienti aderenti al progetto “La salute: un bene da difendere, un diritto da promuovere”, promosso da Salute Donna Onlus e i politici nazionali e regionali che oggi fanno parte degli Intergruppi parlamentari e consiliari del progetto. L’Accordo, in 15 punti, delinea un percorso assistenziale ideale per i pazienti oncologici e onco-ematologici. «L’Accordo di Legislatura vuole essere una sorta di programma politico sulle patologie oncologiche – dichiara Annamaria Mancuso, presidente di Salute Donna Onlus – che si estende dalle Reti Oncologiche alle Breast Unit, dallo psico-oncologo al Centro di assistenza e servizi, dal programma “Guadagnare Salute” sugli stili di vita alla lotta alle fake news. Il paziente oncologico è  al centro di un universo che richiede politiche attente e dedicate. Come Associazioni di pazienti vigileremo affinché ciò avvenga nel rispetto dei vincoli e della sostenibilità del Sistema Sanitario». Il documento sarà fatto pervenire sui tavoli dei partiti che si presenteranno alle prossime elezioni legislative e regionali e sarà oggetto di discussione con tutti gli attori del Sistema salute.

«Questo Accordo contiene elementi di dibattito che sono costanti nel mondo dell’oncologia, ma ha il pregio della sintesi e della chiarezza negli obiettivi», dichiara Paolo Marchetti, professore ordinario di Oncologia Medica, Direttore U.O.C. Oncologia Medica presso l’Ospedale Sant’Andrea. «I Protocolli Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), ad esempio, sono stati approvati in molte Regioni, ma in poche vengono attuati nella loro interezza. Ciò per una serie di ragioni: l’assenza della figura dell’Oncology Care Manager, cioè di un soggetto dedicato all’applicazione pratica delle decisioni dei PDTA, l’estrema frammentazione dei sistemi informatici, che rende pressoché impossibile ottenere una reale integrazione delle informazioni».

Secondo le indicazioni OMS, il cancro è la principale malattia a livello mondiale con 14,2 milioni di nuovi casi nel 2012 e una proiezione di oltre 21,6 milioni del 2030. Secondo il rapporto AIOM/AIRTUM sono 369mila i nuovi casi di cancro stimati nel 2017 (192mila fra i maschi e 177mila fra le femmine); le 5 neoplasie più frequenti nel 2017 sono quelle del colon-retto (53mila nuovi casi), seno (51mila), polmone (41.800), prostata (34.800) e vescica (27mila). In Italia vivono oltre 3.300.000 persone affette dalla malattia, il 5% circa dell’intera popolazione italiana. Il tasso di sopravvivenza cresce ogni anno e oggi oltre il 60% dei pazienti supera i 5 anni. Permangono purtroppo sul territorio nazionale notevoli disparità di trattamento dovute alle diverse gestioni delle singole Regioni, che determinano tempi e qualità della prestazione profondamente diversi. In questa prospettiva la presa in carico del paziente è un momento strategico e può segnare la qualità del percorso terapeutico.
I 15 punti dell’Accordo trattano temi fondamentali, quali il Piano Oncologico Nazionale (scaduto nel 2016 e non ancora rinnovato), le Reti Oncologiche, i Registri Tumori, le Breast Unit, i PDTA e il Team multidisciplinare nella gestione a 360° del paziente oncologico. E ancora: i Centri Accoglienza e Servizi, il fondo per i farmaci oncologici innovativi, i test diagnostici e l’accesso agli studi clinici, la psico-oncologia, le campagne di comunicazione sugli screening oncologici e gli stili di vita, fino all’annoso fenomeno delle fake news.

«Test diagnostici molecolari, come BRCA 1 e 2, sono fondamentali per valutare esattamente le cure, sia per il tumore al seno che per quello all’ovaio, indirizzando le pazienti verso terapie mirati ed efficaci, risparmiando loro eventuali sofferenze causate da trattamenti inutili», ha sottolineato il professor Sandro Barni, membro del Consiglio direttivo CIPOMO (Collegio Italiano dei Primari Oncologi Medici Ospedalieri). «E rappresentano anche uno strumento di prevenzione primaria offerto ai familiari della paziente. Per questo dovrebbero essere rimborsati in tutte le Regioni. Esistono altri test sui marcatori biologici di alcuni tumori, come quello mammario, che consentono nel 30% delle donne con tumore al seno iniziale di sapere subito se avranno necessità o no della chemioterapia, con risparmio economico e di sofferenze inutili. Il rapporto costo-efficacia è importante anche per l’immunoterapia, a cui risponde il 25-30% dei pazienti: non abbiamo ancora marcatori biologici specifici, ma sarebbe importante conoscere quali pazienti potrebbero beneficiare di questa terapia. Ovviamente l’esecuzione di questi test, molto sofisticati, andrebbe concentrata in pochi laboratori pubblici per ridurre i costi e consentire un efficace controllo di qualità. Come pure sarà necessario accorpare tutte le attività di presa in carico del paziente oncologico in Centri d’eccellenza a livello regionale».

In questa prospettiva la Rete potrà dunque svolgere un ruolo fondamentale per realizzare un’assistenza veramente completa, senza disparità e squilibri di carattere, economico, sociale e geografico, migliorando la qualità delle prestazioni e riducendo i tempi d’attesa dei pazienti. L’indagine in questione sottolinea l’opportunità di una chiara individuazione dei Centri d’eccellenza (HUB) e delle Unità Operative (soprattutto chirurgiche) che possano svolgere un maggior volume di prestazioni. Un altro punto largamente condiviso è infatti l’istituzione dei Centri di Orientamento Oncologico, nei quali il paziente possa ricevere immediata risposta alle sue necessità, grazie alla presenza di figure professionali come i Care Manager.

«In Puglia, ad esempio, la Rete ematologica (REP) è una realtà ormai consolidata: è dal 2010 che abbiamo sentito l’esigenza di condividere i percorsi clinici confrontando competenze ed esperienze, mettendo in atto azioni e strumenti per uniformare percorsi diagnostici, cure e per identificare i punti deboli, provvedendo a correggerli», afferma Giorgina Specchia Direttore dell’Unità Operativa di Ematologia con Trapianto, del Policlinico di Bari. «Per quanto riguarda le criticità, dall’indagine emerge la necessità da un lato di completare, ridefinire e far approvare dalla Regione gli specifici PDTA di patologia, dall’altro di ovviare alla carenza di risorse umane, per disporre di un numero di infermieri/medici adeguato al carico di lavoro e di figure amministrative esperte anche nell’informatizzazione dei dati relativi all’attività svolta».

L’indagine svolta in Puglia sarà replicata in altre Regioni d’Italia proprio per sottolineare le disparità di trattamento e individuare strategie per eliminarle. Il filo rosso sarà sempre quello delle Reti Oncologiche ed Ematologiche – ad oggi attuate compiutamente solo in 6 Regioni (Piemonte, Lombardia, Toscana, Veneto, Valle d’Aosta, Umbria) – che richiederanno nel corso della prossima legislatura un’attenzione molto particolare e un impegno realmente costante.

«L’Accordo di legislatura e l’indagine sulle Regioni sono per noi due punti di partenza strategici», conclude Annamaria Mancuso. «Nel corso della prossima legislatura continueremo a essere un laboratorio di proposte per la politica sanitaria nazionale e regionale grazie all’impegno delle 17 Associazioni di pazienti che hanno aderito al progetto, delle Società scientifiche e delle imprese. La presa in carico e la cura dei pazienti oncologici e onco-ematologici sarà sempre la nostra missione».

di Paola Trombetta

 

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