Tutte le novità per la cura dell’emicrania

Un dolore acuto e pulsante, che può durare ore o giorni, ed essere talvolta accompagnato da nausea, vomito, fastidio alla luce e ai suoni. In un terzo dei casi è presente anche l’aura, una serie di disturbi neurologici tra cui improvvisi lampi di luce, annebbiamento degli occhi, formicolio agli arti o difficoltà nel parlare. Si annuncia così l’emicrania che colpisce 5 milioni di italiani, di cui il 18% sono donne e si presenta in forme differenti per intensità dolorosa e frequenza o per diversi stimoli scatenanti. A volte legati, nella donna, a fattori ormonali che hanno un’influenza sensibile sul problema, come evidenziano molti studi scientifici, ma non tale da rappresentare una costante di tutti i mal di testa. «La relazione tra ormoni ed emicrania è confermata da almeno due elementi – spiega il professor Gioacchino Tedeschi, Presidente del 48° Congresso Nazionale della Società Italiana di Neurologia (SIN), tenutosi di recente a Napoli e direttore della I Clinica Neurologica e di Neurofisiopatologia dell’A.O.U Università della Campania “Luigi Vanvitelli” di Napoli: da una  forma di emicrania, cosiddetta “catameniale”, perché colpisce le donne in età fertile, insorgendo immediatamente prima del ciclo mestruale e che può beneficiare di una terapia profilattica attuata in “quel” periodo, e dal fatto che le crisi emicraniche migliorano fino anche a cessare nel periodo menopausale».

Ma non sono solo le forme tipiche femminili a interessare la donna, che può essere colpita anche da emicrania episodica, con attacchi ricorrenti da 1 a 12-14 volte al mese, o da emicrania cronica che annovera mensilmente anche più di 14 crisi. Qualunque sia la natura dell’emicrania, così variabile nelle sue manifestazioni, la prima mossa strategica di prevenzione terapeutica richiede da parte del neurologo l’identificazione di uno o più fattori di rischio. Una scrematura non sempre facile perché sono molteplici. «Possono includere una gamma di alimenti – aggiunge il professore – in particolare i crostacei, i formaggi a lunga conservazione e il cioccolato, gli alcolici, alcuni farmaci soprattutto se contengono sostanze ad alto contenuto di tiramina, ma anche abitudini associate allo stile di vita. Come lo stress che impoverisce e rende tesa la qualità della vita, il sonno in eccesso o in difetto, la fame eccessiva (starving) o il digiuno, l’alta quota, l’esercizio fisico praticato in maniera sporadica o in orari insoliti, l’attività sessuale se non frequentemente praticata».
Correggere o eliminare, laddove possibile, la liaison emicranica al suo fattore scatenante, una volta identificato, è la prima azione pratica efficace, che oggi può essere coadiuvata da nuove opzioni terapeutiche che includono, fra i trattamenti più innovativi, la tossina botulinica, utilizzata in maniera differente dall’uso estetico. «Si tratta di un farmaco – dichiara Tedeschi – approvato solo ed esclusivamente per l’emicrania cronica, ovvero per pazienti che sperimentano almeno 14 attacchi nell’arco di tre mesi consecutivi e che hanno abusato di farmaci per la terapia acuta o in quella categoria di pazienti refrattari ad altri trattamenti. La terapia botulinica, che viene effettuata in (pochi) centri specializzati da personale esperto e in una popolazione selezionata, consiste in 18 micro-iniezioni (con piccole quantità di tossina botulinica) somministrate sottocute in un’unica seduta in alcune punti specifici, frontali o occipitali e in qualche caso sul collo, da ripetersi ogni 3 mesi. Gli esiti di efficacia, che ha una probabilità di successo fino al 70%, sono valutabili già dopo la terza somministrazione».

Alla tossina botulinica, si affiancano anche nuovi farmaci. «In Italia – fa sapere il presidente – ci sono quattro molecole in sperimentazione che agiscono sul CGRP, una sostanza che quando viene prodotta in eccesso nei neuroni del sistema trigemino-vascolare (responsabile dell’attacco emicranico) può provocare un’infiammazione che ha un ruolo fondamentale nella genesi del mal di testa. Queste molecole sono in grado di bloccare i recettori o di interagire direttamente con il CGPR». Si tratta di terapie che hanno superato i test di sicurezza e tollerabilità, e in seguito quelli di efficacia, e che sono quindi entrate o stanno per entrare nella fase 3 della sperimentazione, la sola in grado di valutare il reale valore terapeutico e definire al meglio il rapporto sicurezza-efficacia del farmaco. Gli studi realizzati finora su pazienti affetti da emicrania frequente e farmacoresistente, emicrania cronica (inserita dall’Oms, al 6° posto tra le cause di disabilità), cefalea a grappolo, cronica o episodica, hanno documentato una riduzione significativa dell’intensità e della frequenza del mal di testa, diminuendo cioè il dolore e il numero di ore, giorni e attacchi di mal di testa nel 70% dei casi. Ciò che distingue queste molecole, e che rappresenta una straordinaria novità, è la somministrazione: una fiala sottocute o in vena al mese o ogni tre mesi, con un effetto “super long-lasting”, i cui risultati vengono misurati al controllo successivo, dopo tre mesi.

Gli studi in corso dimostrerebbero l’efficacia di queste molecole, sebbene non sia possibile trarre conclusioni definitive. «Siamo ancora in fase di sperimentazione – afferma Tedeschi – che si concluderà entra un paio d’anni: si tratta infatti di studi internazionali a cui sta partecipando anche l’Italia con pochi centri arruolati nei quattro protocolli». Tre delle quattro molecole, precisamente Erenumab, il più vicino ad arrivare alla pratica clinica; Eptinezumab, che si somministra per via endovenosa ogni 3 mesi, e Fremanezumab da assumere ogni mese per via endovenosa o sottocute, sono disponibili al Centro Cefalee Vanvitelli di Napoli, che ha arruolato all’incirca una decina di pazienti per ogni protocollo, per un totale di un migliaio di emicranici. Lo studio, una volta terminato, consentirà di valutare l’efficacia dei vari farmaci e se potranno essere immessi in commercio quali terapie di prima linea o di fase avanzata. «La speranza – conclude Tedeschi – è che gli anticorpi monoclonali anti-CGRP, oltre che per le forme di emicrania, possano diventare un’arma terapeutica in più anche contro la cefalea a grappolo, meno frequente e più diffusa tra gli uomini rispetto alle donne, ma altrettanto se non più disabilitante».

di Francesca Morelli

 

C’è una soluzione anche per il mal di testa da congestione nasale

Il mal di testa da congestione nasale, o cefalea rinogena, è un po’ speciale: insorge di norma nei periodi più freddi dell’anno (ma non si esclude che ricorra anche nelle altre stagionalità), con una sintomatologia infiammatoria, associata a raffreddore, che causa vasodilatazione, gonfiore della mucosa nasale, con aumentata produzione di muco e dei seni paranasali, che viene avvertita come dolore pulsante localizzato nella zona compresa tra naso, occhi e zigomi. Oltre alla brutta stagione, esistono anche altri fattori di rischio: alti livelli di umidità, alcune condizioni patologiche come riniti allergiche, deviazioni del setto nasale, disturbi del sistema immunitario, e il fumo. Sperimentano il mal di testa “nasale”, solo in Italia, 4 milioni di persone e per loro c’è una nuova soluzione terapeutica che associa l’azione antinfiammatoria e analgesica dell’Ibuprofene all’effetto decongestionante della pseudoefedrina cloridato, che allevia gonfiore e l’edema delle mucose nasali. «Si tratta di un farmaco – aggiunge il professor Gennaro Bussone, Primario Emerito all’Istituto Neurologico Besta di Milano – che coniuga la rapidità d’azione, in grado di ridurre il dolore già entro 30 minuti dall’assunzione con un effetto prolungato fino a 6 ore, a un buon profilo di tollerabilità. Il farmaco è ancora più efficace se viene assunto precocemente come “terapia d’attacco” in due compresse per dose, nella fase iniziale del disturbo». La raccomandazione è di assumere il farmaco, dietro prescrizione medica e secondo dosaggi e modalità consigliati.   F. M.

 

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