La risposta “social” all’aumento delle allergie

Anche in autunno, le allergie possono provocare reazioni ad alimenti, farmaci, pollini e veleno da imenotteri. Circa 15 milioni di persone (un italiano su 4), ricorrono al Pronto Soccorso per manifestazioni gravi fino all’anafilassi nell’1% dei casi, per lo più giovani con meno di 18 anni, dove solo il 40% degli allergici in crisi acuta riceve l’adrenalina, l’unica terapia efficace per il controllo della reazione allergica. Un fenomeno, quello delle allergie, destinato a raddoppiare entro il 2050: ne saranno colpiti un italiano su 2, per lo più bambini, che dovranno accedere alle cure nei pochi centri specializzati sul territorio (solo 63 strutture tra unità operative e complesse). Con l’intento di sensibilizzare al problema allergie medici, istituzioni e informare la popolazione sulle 5 possibili allergie, alimentari, da farmaci, da veleni di imenotteri, respiratorie,  dermatologiche, simboleggiate da un albero a cinque fronde, nasce “Allergicamente. Piano d’azione per un’allergologia sociale”, una Campagna d’informazione promossa per la prima volta da una società scientifica, AAIITO (Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri). La campagna si avvarrà di strumenti digitali: un sito web (www.allergicamente.it) informativo, dove è riportata la mappa dei centri di allergologia, e la pagina “facebook/allergicamente”, che apre un dialogo tra medici allergologi e pazienti.  Partita in questi giorni, la campagna proseguirà anche nel 2018 con la distribuzione di opuscoli dedicati in tutti i centri di allergologia AAIITO, e la programmazione di eventi istituzionali e iniziative di sensibilizzazione nelle piazze.

«Le malattie allergiche – chiarisce il dottor Antonino Musarra, Presidente AAIITO –  si manifestano attraverso diverse modalità, in base ai fattori scatenanti, gli allergeni. Un alimento, un polline, il pelo di un animale domestico, l’eccipiente di un farmaco, il veleno di un insetto, il lattice possono dare reazioni di intensità differente, associate a patologie lievi, come la rinite allergica, fino a quelle più gravi, quali l’asma, tali da richiedere che il paziente abbia sempre a portata di mano l’adrenalina autoiniettabile da utilizzare in emergenza. Le reazioni più gravi possono coinvolgere diversi organi, con sintomi cutanei nell’80-90% dei casi (eritema, orticaria, angioedema, prurito diffuso); respiratori con broncospasmo, dispnea (70%); gastrointestinali con vomito, diarrea, crampi addominali (30-45%); circolatori con calore generalizzato, ipotensione, aritmie, perdita di coscienza (10-45%)».

Le più comuni allergie, assieme a quelle respiratorie a carattere stagionale che provocano starnuti, lacrimazioni, crisi del respiro, sono quelle alimentari, a seguito dell’ingestione di un cibo con una componente avversa all’organismo. «Sono causate da una reazione immunologica verso proteine alimentari, gli allergeni, normalmente tollerate – spiega il dottor Riccardo Asero, Presidente eletto AAIITO – per lo più associate alle IgE degli anticorpi specifici, che possono dare sintomi lievi o gravi. Di allergie alimentari soffre il 2-4% della popolazione adulta, ma è più frequente nei bambini, con percentuali del 6-8%, soprattutto nei primi 3 anni di vita». Non tutti i cibi però sono allergenici: nel 90% dei casi le reazioni si hanno dopo avere mangiato cereali, crostacei, uova, pesce, arachidi, soia, latte, frutta a guscio, sedano, senape, semi di sesamo, lupini, molluschi. «Si tratta di cibi che possono dare reazioni mediate dal sistema immunitario, che non vanno confuse con le intolleranze, dovute invece a carenza di enzimi digestivi o interazioni farmacologiche.

Un terzo delle allergie riguarda i farmaci: sono fra le più pericolose poiché possono dare reazioni gravi, anafilattiche, più probabili in caso di antibiotici o antinfiammatori. Infine le allergie da punture di imenotteri possono indurre reazione in otto persone su 100.

Sono tre i fattori che possono scatenare una reazione allergica. I cambiamenti climatici e il cosiddetto “effetto serra”: il riscaldamento dell’atmosfera porta infatti a fioriture più precoci e più prolungate, come nel caso dell’Ambrosia, diffusa in aree geografiche sempre più ampie, con produzione pollinea aumentata di 10 giorni. C’è poi la troppa igiene: «L’esposizione a un ridotto “carico antigenico” nella prima infanzia, per il minor numero di infezioni soprattutto alimentari – precisa la dottoressa Maria Beatrice Bilò, Past President AAIITO – ma anche per la minore esposizione a batteri e l’allattamento artificiale, porterebbe a una modifica della flora intestinale e a una “deviazione” del sistema immunitario che, con la produzione di anticorpi specifici, provoca la malattia allergica». E infine i nostri geni: «L’influenza del fattore ambientale e dello stile di vita – conclude Bilò – è maggiore nel soggetto con predisposizione genetica, a tal punto che si sta registrando un incremento di persone polisensibili, ovvero con manifestazioni allergiche a più agenti, anche di diversa natura, come alimenti, peli del gatto o pollini e così via. Ciò non esclude comunque la comparsa di allergie in chi non ha familiarità o in età avanzata. In questi casi, l’esposizione agli allergeni diventa preponderante, soprattutto se associata a fattori favorenti quali fumo e inquinanti, in grado di aumentare l’aggressività e la risposta immunologica».

di Francesca Morelli

 

Pesca & Co, quando conviene eliminarli dalla dieta

La pesca è particolarmente “allergenica”, capace cioè di alimentare una sintomatologia reattiva anche importante. La colpa è di una proteina, nsLTP (Non Specific Lipid Transfer Protein), contenuta soprattutto nella buccia, che in soggetti predisposti può provocare la comparsa di reazioni di intensità variabili: dalla completa assenza di sintomi, alla sindrome orale allergica, all’orticaria da contatto, all’asma e angioedema fino allo shock anafilattico, scatenate anche da uno sforzo fisico dopo l’ingestione dell’alimento o dalla contemporanea assunzione di alcolici o da farmaci antinfiammatori. La sensibilizzazione alla proteina nsLTP crea “cross-reazioni”, ovvero provoca sintomatologia simile, anche dopo aver mangiato frutti o prodotti alimentari che la contengono, come albicocca, prugna, ciliegia, mela, pera, ma anche noce, nocciola, arachidi o anche con riso, mais e altri alimenti non correlati. Al momento non esistono cure per l’allergia alimentare indotta da questa specifica proteina. La soluzione? Anche se molto empirica, è eliminare dalla propria dieta la gamma di alimenti incriminati per il contenuto di nsLTP, che resta la principale causa di allergia alimentare negli adulti residenti in paesi dell’area Mediterranea, tanto da avere una prevalenza di circa il 9.5% nel Sud Italia.  F.M.

La pelle delle donne è più sensibile al “contatto”

Ci sono sostanze a cui le donne sembrano essere allergiche “a pelle”, prima fra tutte il nichel responsabile di un’allergia su 2. Secondo le ultime stime infatti è interessato il 20% circa della popolazione europea, con una percentuale che supera il 32% in Italia e una prevalenza al femminile di 3 donne e 1 uomo. Anche i bambini non sono esenti, colpiti al 16%, soprattutto adolescenti. «L’allergia al nichel – spiega la dottoressa Voltolini, coordinatrice del settore Dermatiti allergiche da contatto del progetto Allergicamente, promosso da AAIITO (Associazione Allergologi Immunologi Italiani Territoriali e Ospedalieri)  – si manifesta in genere come un eczema locale limitato alla pelle nella zona di contatto con gli oggetti contenenti il metallo, come i lobi delle orecchie per gli orecchini, il polso per gli orologi, il collo per le collane e l’area sotto l’ombelico per i bottoni dei jeans. Sul volto e il cuoio capelluto la dermatite o allergia insorge dopo il contatto con telefoni cellulari, occhiali in metallo, piercing e fermagli per capelli». Il nichel però si trova anche negli alimenti, perché viene assorbito attraverso acqua e terreno, soprattutto in prodotti ortofrutticoli. All’allergia al nichel, per frequenza, seguono quella a metalli, essenze profumate (10-12%), cosmetici (5-8%) e coloranti.
Diagnosticare questo tipo di allergie è possibile, con il Patch Test, scientificamente validato. «Si tratta di un test non invasivo – continua l’esperta – che prevede l’applicazione di cerotti con gli allergeni sulla pelle del dorso, dove vanno tenuti per due giorni in quanto le allergie da contatto non danno sintomi immediati e consentire così allo specialista di fare la sua diagnosi dopo 3/4 giorni dall’applicazione». In caso di test positivo, è bene fare attenzione ai prodotti di bellezza e igiene personale, profumi e essenze, cosmetici in generale leggendo attentamente l’etichetta. Nel dubbio, è bene applicare una piccola quantità di prodotto vicino al polso e controllare se dopo 2-3 giorni non compaiono manifestazioni.  F.M.

 

 

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