Come difendersi dal pericolo insetti

Sono tornati, come ogni estate, e sono pronti a punzecchiare. Parliamo di imenotteri, cioè api calabroni e vespe che superano le oltre 100mila specie, ma anche le zecche sono in agguato. Ancora più minacciosi, perché cresciuti nel numero, rispettivamente nell’aria e nelle zone boschive o prataiole, e la loro permanenza si è fatta più perdurante: mediamente da maggio o ottobre inoltrato. Complici, dicono gli esperti, i rapidi cambiamenti climatici che ne hanno favorito la proliferazione e la maggiore attività, mettendo a rischio le vacanze degli italiani. Perché la puntura di questi insetti, in alcuni casi, può avere serie conseguenze per i più piccoli o gli amanti del turismo tutto sport e natura, specie se predisposti a reazioni allergiche.
Meno noti, eppure vari e pericolosi, sono gli effetti del morso della zecca. «È stato ampiamente dimostrato – spiega il dottor Alberto Tomasi, Direttore dell’Area Funzionale Igiene Pubblica dell’Azienda Toscana Nord Ovest e Presidente della SIMVIM (Società italiana Medicina dei Viaggi e delle Migrazioni) – che possono trasmettere diverse malattie, dalla borreliosi di Lyme, alla rickettsiosi, alla febbre ricorrente e molte malattie virali, sebbene la più seria sia l’encefalite da zecca o TBE. Una malattia che negli ultimi 30 anni è aumentata di quasi il 400% in tutte le aree endemiche europee, compreso alcune aree dell’Italia nord orientale, spesso misconosciuta a causa di sintomi iniziali subdoli quali febbre, stanchezza, mal di testa, dolore muscolare e nausea, scambiabili per una banale influenza. Invece in assenza di un’adeguata profilassi o nei casi più gravi, la malattia può evolvere fino a coinvolgere il Sistema Nervoso Centrale sviluppando esiti neurologici a lungo termine, talvolta anche letali».

In Italia, le zone a maggior rischio zecca sono il Friuli Venezia Giulia, il Veneto e il Trentino Alto Adige, dove il parassita è espatriato dall’Europa trovando terreno fertile in cui moltiplicarsi e sopravvivere più a lungo grazie anche all’incremento della fauna selvatica e alla colonizzazione di nuovi territori, persino prossimi alle aree urbane, oltre che nelle aree boschive, soprattutto se umide, ombreggiate e ricche di vegetazione.  Sebbene il morso della zecca non risparmi nessuno, vittime previlegiate sono soprattutto i bambini, i campeggiatori, gli escursionisti e i turisti che praticano trekking, ciclismo, arrampicata, pesca, caccia o che raccolgono funghi. La buona notizia è che il rischio TBE può essere prevenuto: con una vaccinazione mirata, raccomandata sia dall’Oms e dallo European Centre for Disease Prevention and Control a coloro  che vivono o visitano frequentemente le aree endemiche sia dal Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale 2017-2019 italiano. Profilassi che il nostro Ministero della Salute consiglia, oltre che ai residenti delle regioni critiche, a chi pratica professioni a contatto con la natura, ai villeggianti – adulti e bambini – che trascorrono tempo libero e vacanze in queste aree.
Alcuni comportamenti pratici corretti possono coadiuvare l’azione della vaccinazione, come fare uso di repellenti specifici per la pelle e per i vestiti (sono di due tipi differenti); indossare abiti che coprano braccia e gambe; cambiarsi gli indumenti, esporli al sole o lavarli rientrati dalla scampagnata e prima di entrare in casa; rimuovere con molta cautela e attenzione e l’ausilio  di pinzette le zecche nel caso si fossero incuneate sotto pelle.

Non meno aggressivi sono gli imenotteri. Si stima infatti che nove italiani su 10 nel corso della loro vita, pari a circa 5 milioni di connazionali ogni anno, vengono punti da un’ape o da una vespa. Di questi, l’8% (da uno a otto su 100) potrebbe sviluppare una reazione allergica, a livello locale anche importante, o in casi più rari shock anafilattico fino all’evento letale, con 10 casi all’anno accertati in Italia. «Nel caso dei bambini – precisa Elio Novembre, Professore associato di Pediatria presso il Dipartimento di Scienze della Salute dell’Università di Firenze e Direttore del dipartimento di Allergologia dell’AOU Meyer di Firenze – le punture di api e affini di norma non sono pericolose, sebbene siano molto dolorose. Infatti in età pediatrica le reazioni sistemiche avvengono solo nel 2% dei casi, ma se il bambino è allergico al veleno degli imenotteri si possono avere reazioni anche gravi fin o allo shock anafilattico, al pari dell’adulto. Anche i piccoli, già a partire dai 3 anni, possono essere adeguatamente trattati con l’immunoterapia specifica, con esiti e risposte anche migliori rispetto alla popolazione adulta».
Anche nel caso degli imenotteri possono essere messi in atto alcuni comportamenti preventivi e precauzionali come evitare di cospargersi di profumi dolci, fragranze, deodoranti e repellenti per zanzare che li attraggono; indossare abiti dai colori chiari – bianco, beige e verde – pantaloni lunghi, camicie con la manica lunga e scarpe chiuse soprattutto se si effettuano lavori o attività all’aria aperta; evitare di mangiare cibi zuccherini – dolci, gelati o frutta – specie durante i pic-nic, avendo poi cura di riporre gli avanzi in contenitori ermetici; fare attenzione a bottiglie o lattine di bevande zuccherine e gassate perché, richiamati dal sapore dolce, gli insetti possono infilarsi all’interno. Ancora, usare cautela quando si maneggiano rifiuti, facendo attenzione a non uccidere senza ragione api e insetti vari i quali durante la puntura o in altri contesti emettono un ferormone che funge da richiamo di allarme per gli altri insetti nei paraggi che potrebbero arrivare in sciami sul luogo e attaccare.

«Con l’obiettivo di sensibilizzare alla migliore conoscenza delle implicazioni delle punture da insetti – conclude il dottor Filippo Tesi, Presidente di FederAsma e Allergie Onlus – e ai rischi allergici da veleno che non devono essere sottovalutati, soprattutto nei confronti di bambini e anziani nei quali gli esiti possono essere anche molto pericolosi, è partita la terza edizione della campagna “Punto nel Vivo!”, a cui hanno collaborato i principali esperti allergologi italiani e resa possibile dal contributo incondizionato di ALK-Abellò. La campagna vuole essere anche un invito  per chi soffre di vere e proprie reazioni allergiche a rivolgersi allo specialista di riferimento, affinché il tempo libero trascorso all’aria aperta sia occasione di svago e relax e non fonte di preoccupazione. Perché le misure preventive contro gli imenotteri sono possibili ed efficaci».

di Francesca Morelli

 

Anche d’estate abbi cura del tuo pet!

Non dimenticare il tuo amico bau e miao. In estate, oltre a portarlo in vacanza con te ovunque tu vada, perché sono in aumento gli alberghi o altre soluzioni che accolgono anche gli animali domestici di piccola taglia, pensa alla sua salute con buoni vantaggi  per il benessere generale della famiglia. Un pensiero, quello verso la prevenzione e la tutela sanitaria degli animali domestici, non sempre così scontato, perché i risultati di un’indagine condotta da MSD Animal Health, azienda leader mondiale nella ricerca, sviluppo e distribuzione di prodotti e soluzioni dedicati alla prevenzione, trattamento e controllo della salute animale, su un campione di mille padroni di animali tutti maggiorenni, rivelerebbero che “più si amano i piccoli animali, i cosiddetti ‘pet’, meno li si cura”. Pare infatti che tra il 34% dei possessori di un cane o di un gatto (pari a 7.700 mila famiglie italiane) solo il l 46% fa vaccinare regolarmente il proprio pet e ben il 17% non sottopone il proprio animale da compagnia alle profilassi, nonostante l’animale venga considerato “un membro della famiglia” a tutti gli effetti, condividendo con il nucleo familiare gran parte degli spazi abitativi. Ecco perché, allora, è fondamentale ad esempio pulire le zampe al cane (pratica che invece compie solo il 44% dei padroni) o al gatto (cosa che fa soltanto il 17% degli italiani) dopo la passeggiata o una scorrazzata sui tetti o controllare il pelo se contiene insetti o altri animaletti (cura che si ha nel 26% dei casi verso il cane e del 15% nei confronti del gatto). Mentre in funzione dei mutamenti climatici che hanno influito sulla diffusione di parassiti e vettori, è meglio ridurre l’esposizione dell’animale alla vita esterna, specie di notte. Non è solo una questione di poca cura verso il pet, perché la disattenzione degli italiani verso queste semplici pratiche di cura, specie quando la condivisione sconfina e tende a eccedere, potrebbe essere indicativa di un accudimento non sempre perfetto: «È un errore investire l’animale da compagnia solo di un ruolo strumentale al soddisfacimento di bisogni e aspettative umane – precisa Marco Melosi, Presidente ANMVI, Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani – perché la mancata attenzione alla cura assistenziale dell’animale, potrebbe essere foriera di conseguenze sanitarie per tutto il nucleo familiare».  Ma gli italiani, sempre secondo l’indagine, sono comunque in via di miglioramento perché nel 61% si fidano e affidano ai consigli del veterinario.  F. M.

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