Settimana della tiroide: l’importanza della prevenzione

«All’epoca in cui sono stata operata, circa vent’anni fa, avrei fatto fare un’ecografia a tutte le donne. E’ l’unico esame, infatti, che evidenzia la presenza di noduli, che potrebbero degenerare, come è stato il mio caso. Dopo diversi anni di monitoraggio, il mio nodulo si è ingrossato e dall’ago aspirato ho avuto la diagnosi di carcinoma tiroideo che è stato subito asportato assieme ai linfonodi circostanti. Si tratta di una patologia rara, che colpisce il 3% di quel 5% di persone, soprattutto donne, che hanno un tumore alla tiroide. Nel mio caso è stata fondamentale l’ecografia, mentre la tendenza di oggi è di far ripetere questo esame troppo di frequente a tutte le persone affette da semplici disfunzioni tiroidee». Così Anna Maria Biancifiori, past-president del Comitato delle Associazioni dei Pazienti Endocrini (CAPE), racconta la sua esperienza di malattia e mette in guardia dall’eccessivo ricorso a ecografie inutili. «Ben più importante sarebbe invece una corretta attività di informazione per la prevenzione di malattie tiroidee, come l’uso di sale iodato, e l’attenzione ai primi sintomi, soprattutto stanchezza e malessere, troppo spesso trascurati».

Sono questi i principali messaggi della Settimana mondiale della Tiroide (21-27 maggio) che avrà il suo culmine nella Giornata del 25 maggio, dedicata alla prevenzione. In tutt’Italia saranno organizzati screening e incontri informativi sulle patologie tiroidee: per informazioni, consultare il sito www.settimanamondialedellatiroide.it e la pagina Facebook dedicata “Settimana Mondiale della Tiroide”.

«I sintomi dell’ipotiroidismo, che è la patologia tiroidea più diffusa e colpisce il 20% della popolazione, sono davvero tanti e spesso vengono sottovalutati: stanchezza, scarsa capacità di tollerare il freddo, alterazioni del tono dell’umore, difficoltà di concentrazione, palpitazioni, nervosismo, insonnia, gonfiore, pelle e capelli secchi, ma l’elenco potrebbe continuare», puntualizza Paolo Vitti, presidente eletto SIE, Società Italiana di Endocrinologia, coordinatore e responsabile scientifico della Settimana Mondiale della Tiroide. «La tiroide svolge una serie di funzioni vitali per il nostro organismo, come la regolazione del metabolismo, il controllo del ritmo cardiaco, lo sviluppo del sistema nervoso, l’accrescimento corporeo, la forza muscolare e molto altro. Proprio per il ruolo di “centralina”, quando questa ghiandola non funziona correttamente, tutto il corpo ne risente. Per questo motivo è bene non trascurare alcuni campanelli d’allarme rivolgendosi al proprio medico in caso di dubbio. Anche perché oggi esistono farmaci che possono essere sempre più personalizzati e sono in grado di ridare il benessere che tante persone ipotiroidee dichiarano di aver perso. Non a caso, il tema scelto quest’anno per la Giornata è “Tiroide e benessere” e la parola d’ordine è “prevenzione”».

Il modo più efficace per prevenire le malattie della tiroide è assumere iodio in quantità adeguate. «Questo elemento è infatti il costituente essenziale degli ormoni tiroidei», spiega Massimo Tonacchera, professore Associato di Endocrinologia e Coordinatore Nazionale Comitato della Prevenzione della Carenza Iodica. «La carenza di iodio anche lieve, che interessa alcune aree del nostro Paese, può provocare conseguenze gravi, soprattutto se la carenza nutrizionale si verifica durante la gravidanza o la prima infanzia». «Una grave carenza di iodio può addirittura determinare la morte del feto in utero, cretinismo neurologico e ipotiroidismo congenito», aggiunge Roberto Gastaldi, della Società Italiana di Endocrinologia e Diabetologia Pediatrica (SIEDP). «Proprio quest’ultima patologia rappresentava la prima causa di ritardo mentale nel nostro Paese prima dell’introduzione dello screening neonatale, grazie al quale è possibile oggi una diagnosi e un trattamento precoci. Dopo l’età neonatale è importante assicurare una adeguata quantità di iodio, sia per garantire un regolare processo di crescita e di sviluppo del bambino, sia per prevenire patologie della tiroide, come ad esempio i noduli».

«Dopo 12 anni dall’approvazione della legge 55/2005, che ha introdotto il programma nazionale di iodoprofilassi, lo stato nutrizionale degli italiani è migliorato», fa notare Antonella Olivieri, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Nazionale per il Monitoraggio della Iodoprofilassi in Italia (OSNAMI), dell’Istituto Superiore di Sanità. «I dati dimostrano che la percentuale di sale iodato venduto nella grande distribuzione nel 2016 ha superato il 60% e questo è molto positivo, poiché prima dell’approvazione della legge era solo al 30%. Questo dato, seppure incoraggiante, è comunque al di sotto della soglia del 80-85% indicata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità. Un risultato importante raggiunto è l’aver accertato che in Liguria, Toscana, Lazio e Sicilia, il gozzo in età scolare non è più una patologia endemica ed è quindi stato sconfitto. Questi dati ci dicono che dobbiamo insistere con programmi di iodoprofilassi in tutte le Regioni italiane, riducendo così anche il rischio di patologie tiroidee e di deficit neuro cognitivi».

Con l’ipotiroidismo, tutte le funzioni dell’organismo sono coinvolte, con peggioramento della qualità di vita e dello stato di benessere, spesso in maniera marcata non solo nelle forme conclamate, ma anche nelle forme iniziali. «La terapia sostitutiva consiste nella somministrazione di levotiroxina (T4), il principale ormone prodotto dalla tiroide» fa notare Luigi Bartalena, presidente dell’ Associazione Italiana della Tiroide (AIT). «In un’epoca di medicina sempre più personalizzata e di precisione, ogni paziente deve essere attentamente monitorato, perché la quantità di ormone necessaria varia da individuo a individuo, in rapporto anche a variazioni dell’assorbimento del farmaco che deve essere assunto almeno mezz’ora prima di colazione, evitando l’associazione con altre sostanze o cibi come soia, crusca, calcio, ferro, caffè, succo di pompelmo e farmaci gastroprotettori. Oggi sono disponibili diverse formulazioni di levotiroxina, dalle classiche compresse alle capsule molli, alle fiale monodose liquide per uso orale che possono essere assunte durante la colazione e si adattano meglio alle esigenze di ciascuno. Inoltre, nel 20% circa dei malati, la terapia standard può non correggere completamente lo stato di malessere: in queste situazioni, l’aggiunta di piccole quantità di levotriiodotironina (T3) può migliorare lo stato del paziente».

di Paola Trombetta

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