Buone notizie: le italiane vivono più a lungo

Il modo migliore per iniziare l’anno è con una buona notizia: le donne italiane vivono sempre più a lungo, superando la soglia degli 85 anni, come conferma la quinta edizione del Libro bianco di Onda (Osservatorio nazionale sulla salute della donna), redatto con la collaborazione di Farmindustria e presentato di recente a Roma. Con una prospettiva di vita ancora più longeva se nel loro corredo genetico c’è un po’ di ottimismo, che va a vantaggio di tanta salute. Infatti un accreditato studio americano, condotto dall’Harvard T.H. Chan School of Public Health, pubblicato sull’American Journal of Epidemiology, condotto su oltre 70mila pazienti del Nurses’s Health Study con età media 70 anni, avrebbe evidenziato che il buon umore favorisce anche la riduzione del 30% del rischio di mortalità precoce per almeno 5 patologie importanti: malattie cardiache e respiratorie, ictus, infezioni e tumori. Alcune della quali in crescita anche tra la popolazione femminile italiana, a tal punto che le malattie cardiovascolari e il tumore polmonare, con l’obesità, rappresentano oggi le principali cause di decesso tra le donne.
Altra buona notizia: le donne consumano meno alcool (con poco più dell’8% di casi a rischio) rispetto agli uomini, dove i livelli pericolosi si alzano anche fino al 23% circa, e fumano meno (15%) in rapporto al sesso forte dove le sigarette sono un’abitudine per il 25% dei maschi.

Dunque, tutto bene? No, su qualcosa si deve e si può ancora migliorare: come lo stile di vita attivo. Perché, nonostante il numero di donne in lotta con la bilancia per questioni di sovrappeso sia sensibilmente minore rispetto a quello registrato tra gli uomini, sono tuttavia loro le più pigre; solo il 10% pratica sport con regolarità contro un 44% di sedentarie a fronte invece di un 27% di uomini in movimento. Poi ci sono i farmaci e le terapie: sono ancora le donne a farne maggior uso, per via dell’età più avanzata che porta alla cronicizzazione delle malattie, ma non solo. «Secondo il Rapporto Osmed 2015 (Osservatorio sull’impiego dei Medicinali) di AIFA, l’Agenzia Italiana del Farmaco – commenta Francesca Merzagora, Presidente Onda – differenze di genere sono già evidenziabili nella fascia di età compresa tra i 15 e i 64 anni: le donne mostrano una prevalenza media nell’uso dei medicinali superiore a quella degli uomini». O ancora, ricorrono più di frequente a servizi e ricoveri ospedalieri, concentrati soprattutto nella fascia di età tra i 30 e i 40 anni, in cui si registra il numero più elevato di gravidanze e parti, o oltre gli 85 anni in funzione della maggiore longevità.

A confortare è il fatto che, anche in tema di cure, comprese quelle oncologiche, si hanno importanti novità “al femminile”: «Siamo entrati nell’era della medicina delle “4P”: personalizzata, predittiva, preventiva e partecipativa – precisa Adriana Albini, Direttore del Dipartimento “Infrastruttura Ricerca e Statistica” dell’Arcispedale Santa Maria Nuova di Reggio Emilia – in una visione molto vicina alle donne, dove prevenzione primaria e diagnosi precoce restano tuttora le principali armi di difesa per scovare e controllare la malattia. Mentre in ambito terapeutico sono stati fatti enormi progressi grazie agli innovativi farmaci a target, che agiscono cioè con maggiore efficacia su specifici bersagli, consentendo un miglioramento della prognosi oncologica, a fronte di una minore tossicità. Tra le forme di cura più innovative vi sono, ad esempio, l’immunoterapia o i farmaci contro l’angiogenesi che “soffocano” la crescita del tumore».
Altrettanto interessanti sono le prospettive per i farmaci dedicati ad altre patologie: «Nel mondo – aggiunge Massimo Scaccabarozzi, Presidente di Farmindustria – sono 850 i medicinali in via di sviluppo per le malattie tipiche dell’universo femminile».

Ma non è solo cura, perché il Libro Bianco – ed è la novità dell’ultima edizione – si è occupato anche di tutela della donna: ad esempio della sua posizione nel mondo del lavoro, su cui si stanno concentrando le istituzioni. «Occorre pensare a strumenti in grado di conciliare le diverse esigenze delle donne con il mondo del lavoro – commenta Rossana Dettori, Dirigente Cgil Nazionale, Confederazione Generale Italiana del Lavoro – che possano permettere scelte libere riguardo al proprio corpo, alla vita lavorativa e familiare. In questi anni le politiche nazionali ed europee hanno messo le donne davanti a un bivio tra la  carriera e la vita privata oppure nella posizione di dover accettare condizioni di lavoro capestro con ripercussioni sulla salute psico-fisica. È indispensabile invece che governo, sindacati, associazioni e datori di lavoro pubblici e privati, collaborando insieme, rimettano al centro la conciliazione vita/lavoro, riconsegnando alle donne la loro libertà». Pensando anche ai compensi economici, dove la disparità tra uomo e donna è ancora sensibile: «Le donne – conclude Giovanna Ventura, Segretaria Confederale Cisl, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori – sono una risorsa strategica per un welfare contrattuale che armonizza insieme una risposta ai (nuovi) bisogni di sicurezza sociale, di salute e crescita del paese e della sua economia». L’equiparazione del reddito  non rappresenta solo un riconoscimento al talento e alle capacità femminili, ma può avere anche una ripercussione di salute: ovvero una minore disponibilità economica potrebbe rendere la donna meno in grado, rispetto agli uomini, di potere accedere efficacemente alla propria cura che deve essere invece garantita in qualsiasi forma e misura a ogni persona, in base a una libera scelta.

di Francesca Morelli

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