MAMMA, NONOSTANTE IL FIBROMA

«Ho sempre sofferto di mestruazioni dolorose e abbondanti, tanto da condizionare il mio abbigliamento nei giorni critici e soprattutto il mio lavoro, impossibile nei giorni in cui il dolore diventava lancinante. Le visite ginecologiche davano sempre lo stesso responso: ciclo mestruale abbondante, ma tutto nella norma. Finché, nel 2007, mi è stato diagnosticato un fibroma uterino di 9 centimetri: sei ricoveri in otto mesi e trasfusioni di sangue a causa dell’anemia provocata dall’eccessivo sanguinamento mestruale. A quell’epoca avevo dovuto lasciare anche il mio lavoro come direttore degli acquisti in una grande catena di distribuzione». Così Karen Peralta, messicana di origine, ma trasferitasi per lavoro ad Amburgo, ricorda il calvario della sua malattia. «Mi hanno prescritto diversi trattamenti farmacologici, più o meno efficaci, ma alla fine l’intervento chirurgico di isterectomia sembrava inevitabile. Mi sono sempre opposta perché desideravo avere un figlio e questo intervento me lo avrebbe impedito. Finché, nel 2012, la mia ginecologa di Amburgo mi ha proposto di partecipare alla sperimentazione di un nuovo farmaco, a base di Ulipristal acetato: sono stata la prima donna al mondo a utilizzarlo. Già nelle prime ore di assunzione mi sentivo meglio: dolore e sanguinamento si erano attenuati. Dopo i due cicli di trattamento previsti dal protocollo, uno ogni tre mesi, le dimensioni del fibroma si erano dimezzate: da 9 a 4,5 centimetri. E questo ha consentito un intervento chirurgico meno demolitivo. E quattro mesi fa è nata Maria Vittoria, a testimoniare la mia “vittoria” sulla malattia!».

Karen rientra nel folto numero di donne (24 milioni in Europa e più di 3 milioni in Italia) che soffrono di fibromi uterini, chiamati anche miomi o leiomiomi, i più diffusi tumori benigni dell’apparato genitale nelle donne in età fertile, che interessano il 40% delle donne di età compresa tra 35 e 55 anni.

«I sintomi sono molteplici e possono condizionare la qualità di vita della donna: sanguinamento mestruale abbondante, che spesso ostacola le relazioni affettive e sociali, anemia, dolore addominale, aumentata frequenza delle minzioni, infertilità», conferma la professoressa Helena Kopp Kallner del Karolinska Institutet di Stoccolma, intervenuta al Congresso internazionale di Endoscopia ginecologia di Budapest. «Ma spesso la donna aspetta anche cinque anni prima di consultare il ginecologo per questi problemi e il fibroma aumenta di dimensioni. La diagnosi avviene attraverso una visita e un’ecografia transvaginale. Le terapie più utilizzate negli anni per controllare questi sintomi, sono gli analoghi del GnRH che riducono i livelli di estrogeno e progesterone, inducendo però il blocco delle mestruazioni, in uno stato di pseudo-menopausa. Con non pochi effetti collaterali: riassorbimento osseo, vampate di calore, stanchezza, mal di testa, riduzione della libido. Un’altra opzione terapeutica è l’utilizzo continuo della pillola contraccettiva che agisce però solo sul sanguinamento e la riduzione del dolore, ma non riduce le dimensioni del fibroma che, fino a poco tempo fa, richiedevano sempre il ricorso alla chirurgia. Finché, nel 2012, è stato approvato l’Ulipristal acetato (una compressa da 5 mg al giorno), come terapia pre-operatoria per ridurre le dimensioni del fibroma prima dell’intervento chirurgico. Agisce bloccando il processo di nutrimento delle cellule del fibroma, provocando l’apoptosi, ovvero la morte cellulare per mancato irroramento sanguigno. Oggi l’Agenzia Europea del farmaco ne ha esteso l’uso come terapia prolungata per il trattamento dei fibromi, che potrebbe anche far evitare la chirurgia. Negli studi internazionali ai quali abbiamo partecipato, si è visto che un uso prolungato, fino a due anni, ha ridotto le dimensioni del fibroma al punto da sospendere la chirurgia».

A conferma i risultati dello studio PEARL IV, condotto su 450 pazienti in 46 centri di 11 Paesi europei, che hanno accertato la sicurezza e l’efficacia dell’uso prolungato intermittente di Ulipristal acetato, con controllo del sanguinamento nel 93% delle pazienti, riduzione del volume del fibroma in media del 67% al termine del quarto ciclo di trattamento.

 

di Paola Trombetta

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