SINDROME DA INTESTINO IRRITABILE: SI CURA (ANCHE) CON I PROBIOTICI

Con il caldo dell’estate ci dobbiamo preparare a un periodo critico per l’intestino, che diventa facilmente irritabile soprattutto nelle donne, sebbene il problema non escluda bambini e adulti (tra il 7 e il 10%). Bevande gassate e fredde trangugiate in fretta, cibi da spiaggia (bomboloni, krapfen, focacce unte) o la movida notturna che non fa riposare a sufficienza, possono irritare l’intestino che lamenta poi il suo disagio con dolori e gonfiori addominali e alterazioni delle funzioni dell’alvo, un’eccessiva stitichezza o diarrea, che rientrano nella norma quando l’intestino riesce a “liberarsi”. Sono queste le manifestazioni più tipiche della sindrome dell’intestino irritabile (IBS), che si può annunciare anche con altri campanelli di allarme da non sottovalutare come: stati infiammatori, problemi digestivi funzionali, dermatiti, infezioni delle vie urinarie e altri spiacevoli condizioni di malessere.
Una delle cause oggi più accreditate dell’IBS è uno squilibrio del microbiota (flora) intestinale che viene definito disbiosi. In pratica può accadere che questo ecosistema venga “disturbato” da cause esterne: prima tra tutti, da fattori alimentari. «Può indurre la disbiosi una dieta eccessivamente ricca di proteine animali e di alimenti raffinati, soprattutto dolci, e di grassi vegetali idrogenati», spiega la dottoressa Etta Finocchiaro, dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Città della Salute e della Scienza, Molinette di Torino.
E dopo i contro ecco anche i pro dell’estate, perché la ricchezza di frutta e verdura, alcune delle quali poco “irritanti” per l’intestino– come mango, papaia, mele, rape, barbabietole, carote, patate, farina di mais, soia, riso, farina d’avena, cereali – aiutano a proteggerlo dal rischio di IBS. Ma fare attenzione solo alla qualità dei cibi non basta, occorre avere metodo anche nella loro distribuzione giornaliera. «Una scorretta ripartizione dei nutrienti – continua Finocchiaro – cioè una combinazione sbagliata di alimenti nello stesso pasto, con uno spostamento dell’equilibrio dei nutrienti  verso i carboidrati o verso le proteine, come ad esempio pane e pasta assieme, può innescare la disbiosi».

Ma sull’insorgenza del disturbo possono incidere anche malattie infettive, terapie con antinfiammatori, lassativi e soprattutto antibiotici; fattori psicologici come ansia, stress e preoccupazioni quotidiane; vita irregolare che non rispetta i ritmi naturali sonno/veglia; sedentarietà; peso eccessivo. «Studi scientifici – aggiunge la dottoressa – hanno dimostrato che il microbiota intestinale di una persona normopeso è differente da chi è in sovrappeso oppure obeso. Tanto che è influenzato e influenza alcune condizioni patologiche come la sindrome metabolica e il diabete». Tutte queste cause, interne ed esterne, possono fare in modo che il numero di batteri intestinali si riduca drasticamente creando uno squilibrio qualitativo tra i vari ceppi batterici, con prevalenza di alcuni e carenza di altri, dando così origine alla disbiosi.

Cosa fare in queste situazioni di disequilibrio intestinale batterico? Sarebbe opportuno ricorrere all’uso di probiotici, ovvero preparati che contengono un numero sufficiente di microrganismi vivi, i quali modificano la flora intestinale ed esercitano un effetto benefico sulla salute. «Svolgono un’azione sul ripristino della flora intestinale, soprattutto alcuni ceppi di Lactobacilli e Bifidobatteri – precisa il professor Lorenzo Drago, direttore del Laboratorio di Analisi Chimico-cliniche e Microbiologiche, IRCCS Galeazzi, Università di Milano – cioè quei bacilli che dal 20° giorno dalla nascita fino al 4°-6° mese di vita strutturano in prevalenza il microbiota. Con lo svezzamento si assiste poi a una lenta e costante modificazione del corredo che condurrà il giovane intestino a una composizione sovrapponibile a quella tipica di un adulto». Ragion per cui è particolarmente importante che la mamma protegga il suo microbiota anche in gravidanza e lo mantenga sano, perché attraverso i suoi geni lo trasmette anche al bambino. «La sua composizione – aggiunge la dottoressa Finocchiaro – è infatti fortemente influenzata dall’alimentazione. E questa influenza inizia fin dai primi giorni di vita e con l’allattamento, con effetti diversi se al seno o artificiale, continuando poi con lo svezzamento e in seguito con la condotta alimentare quotidiana». Dieta e stile di vita, integrati con l’assunzione di probiotici specifici e mirati, possono garantire la presenza di un microbiota fisiologico sano e funzionale, per mantenere in salute l’intero organismo. «In particolare i Bifidobatteri, i Lattobacilli e l’ Eubacterium, assieme a numerose altre specie – aggiunge il professor Salvatore Cucchiara, direttore dell’Unità di gastroenterologia ed Epatologia Pediatrica dell’Università di Roma “La Sapienza” – svolgono funzioni essenziali per l’organismo. Per esempio, favoriscono la biodisponibilità di alcuni nutrienti e la corretta metabolizzazione delle calorie; sintetizzano diverse vitamine che non vengono assunte con gli alimenti, come la vitamina K; regolano l’espressione del sistema immunitario nella mucosa intestinale; sostengono la peristalsi (movimento intestinale); e, infine, proteggono la mucosa intestinale e l’organismo dalle aggressioni di microrganismi patogeni, prevenendo così la comparsa di molte infezioni, allergie e atopie, riparando danni indotti da terapie antibiotiche o altre disfunzioni intestinali, tra cui l’IBS».
«I probiotici – aggiunge il professor Cucchiara – aderendo all’epitelio intestinale, possono aiutare a migliorare l’integrità della barriera epiteliale, riducendo il danno da stress. Alcuni probiotici riescono inoltre a incrementare i prodotti della fermentazione batterica che inibiscono la diffusione di Clostridia, tra i batteri responsabili della sindrome dell’intestino irritabile».

Ma non tutti i probiotici sono uguali. Prima di iniziare un “trattamento”, occorre valutare quale genere di ceppo assumere per via orale con lo scopo, in ogni caso, di aiutare l’intestino a rigenerare la propria funzionalità quando questa tende allo squilibrio. «La comunità scientifica – continua il professor Drago – si sta impegnando nel fare chiarezza circa le caratteristiche ottimali di alcuni di questi probiotici in termini di efficacia e di sicurezza d’uso, perché molti prodotti probiotici oggi in commercio non mostrano i requisiti per essere definiti tali». Prima tra tutte la stabilità del genoma, cioè quella caratteristica che consente loro di mantenersi inalterati nel tempo, garanzia di efficacia, e che viene persa se i microrganismi mutano (e lo fanno molto frequentemente). Per attestare questa stabilità genetica esistono apposite istituzioni, in Germania Francia, America, ma ancora poche aziende vi si rivolgono. Sembrano invece garantire efficacia, attestata da studi in vitro e in vivo due ceppi: i Bifidobacterium longum BB536 e Lactobacillus rhamnosus HN001, in grado di sopravvivere alle avverse condizioni gastrointestinali, di aderire alla mucosa intestinale e di interagire con l’ambiente circostante. In relazione a questi, si stanno ora studiando possibili e migliori benefici derivanti dalla durata di assunzione. In ogni caso è sempre bene farsi consigliare dal medico.

di Francesca Morelli

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