ARTRITE REUMATOIDE: PIU’ DOLOROSA DEL PARTO

www.anmaritalia.it) per il riconoscimento dei diritti dei malati. Con la Legge 68, infatti, da pochi anni l’artrite reumatoide è riconosciuta come malattia sociale. Ma se non ci sono deformazioni evidenti alle ossa e alle articolazioni, nonostante i dolori che a volte non permettono di muoversi, l’indennità è bassa. Per questo ci stiamo muovendo, a livello istituzionale, per un riconoscimento oggettivo delle difficoltà che la malattia comporta, non solo legate al danno d’organo documentato da una radiografia. E speriamo che le istituzioni ascoltino la nostra voce».

Come Alessandra, sono 300 mila le persone in Italia colpite da artrite reumatoide, soprattutto donne in età fertile (35-40 anni) in un rapporto di 4 a 1 rispetto agli uomini. «Avere questa malattia comporta l’obbligo di assumere farmaci per tutta la vita», conferma il professor Luigi Sinigaglia, direttore della Struttura complessa di Reumatologia dell’Istituto ortopedico Gaetano Pini di Milano, intervenuto al recente Congresso Europeo Eular a Roma. «La maggior parte sono però teratogeni, ovvero provocano malformazioni al feto. Per questo, nelle donne giovani che vogliono programmare una gravidanza, questi farmaci (metotrexate in particolare) devono essere sospesi qualche mese prima. Per i biologici, invece, si può aspettare fino a gravidanza confermata. C’è da dire però che la gravidanza protegge la donna e provoca una remissione della malattia nel 60-70% dei casi: probabilmente per un’aumentata produzione endogena di cortisolo, che riduce l’infiammazione, alla base della malattia. Al termine della gravidanza, però, si devono assumere di nuovo i farmaci per tenere a bada l’infiammazione che si riacutizza, dopo i nove mesi di tregua. Oltre al metotrexate, potente antinfiammatorio usato come base, si sono affiancati negli anni i farmaci biologici che agiscono su particolari meccanismi responsabili dell’infiammazione. Tra questi gli anti TNF alfa, i primi di una classe di farmaci che bloccano il TNF alfa, uno dei principali responsabili della cascata infiammatoria. E poi sono arrivati altri farmaci biologici che mirano a bersagli sempre più specifici, come gli anticorpi contro il recettore dell’interleuchina 6 (tocilizumab) e l’anticorpo monoclonale (abatacept) contro le molecole di co-stimolazione dei linfociti T. E ancora rituximab, un altro anticorpo monoclonale che blocca la differenziazione dei linfociti B che mediano la produzione di auto-anticorpi. Tutti questi farmaci, fino a poco tempo fa, richiedevano un’infusione settimanale per endovena. Da pochi mesi, abatacept e tocilizumab si possono somministrare sottocute: una modalità ben più comoda che consente l’auto-somministrazione da parte del paziente. E’ in fase di studio (III) una nuova molecola, da assumere per bocca (baricitinib), che inibisce un particolare enzima (JAK) in grado di favorire il processo infiammatorio, i cui risultati preliminari sono stati presentati a Roma, al congresso Eular».  

di Paola Trombetta

 

18 ASSOCIAZIONI DI PAZIENTI IN RETE, PER FAR VALERE I DIRITTI

Sensibilizzare la popolazione alle malattie reumatiche e combattere il dolore: sono gli obiettivi che i “Malati reumatici in rete” vogliono portare avanti. E’ l’accordo preso da 18 Associazioni di malati reumatici che si sono unite in rete e hanno presentato il loro programma al Congresso Eular di Roma. «Con questo accordo abbiamo voluto dare più voce e incisività all’azione delle nostre Associazioni di pazienti, per proporre richieste condivise alle Istituzioni», ha commentato Gabriella Voltan, dell’Associazione nazionale malati reumatici (ANMaR) e referente coordinatore della Rete. «In ambito socio-assistenziale, ci stiamo muovendo per migliorare la qualità dei servizi diagnostici, terapeutici, psicologici, sociali, assistenziali e lavorativi su tutto il territorio nazionale. E in un secondo tempo ci muoveremo per la creazione di percorsi che rendano fattibile l’attuazione di norme utili per salvaguardare i diritti delle persone con queste patologie».

Saranno quattro i gruppi di coordinamento: immunoreumatico, infiammatorio, problemi dell’età evolutiva e del dolore cronico. «Da quest’anno si inizia con uno sforzo congiunto che permetterà di rendere più incisive le iniziative delle singole associazioni e di unire le forze per migliorare in modo concreto la vita dei malati reumatici», aggiunge Renato Giannelli, presidente ANMAR. «Del resto in Europa esistono già proficue collaborazioni tra le varie associazioni. Uno dei punti su cui ci batteremo maggiormente sarà la lotta contro il dolore: chiederemo ai medici e alle istituzioni di essere più sensibili a questa problematica, anche in riferimento alla legge contro il dolore».

Spesso infatti le terapie funzionano sulla remissione della malattia, ma non sul dolore. E’ quanto emerge da uno studio su 1157 malati reumatici, realizzato con il supporto di Anmar e dell’Associazione pazienti reumatici del Veneto (A.Ma.R.V.). Il dolore peggiora la qualità di vita dei pazienti reumatici, nonostante l’efficacia delle cure. A sensibilizzare su questa tematica del dolore e sui tanti pregiudizi che accompagnano le malattie reumatiche, è stata presentata al Senato della Repubblica la mostra fotografica itinerante: “Malattie senza dignità”, promossa dal Collegio Reumatologi ospedalieri, con ANMaR.   (P.T.)

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