DALLA MARATONA DI NEW YORK A QUELLA DELLA RICERCA

Marina, Nicoletta, Gabriella, Angela, Iole, Monica: sono tra le dieci donne arrivate qualche giorno fa a New York per correre contro il tumore al seno. Il 2 novembre, la maratona più ambita al mondo si è colorata delle magliette rosa del progetto NothingStopsPink. Si sono allenate parecchio, accomunate dalla voglia di arrivare al traguardo della 42 chilometri newyorchese, simbolo di un traguardo ben più importante: la guarigione dal tumore al seno. Hanno vissuto in prima persona i benefici dello sport nella lotta al cancro e ne hanno fatto il loro manifesto.

«La malattia ha cambiato le mie priorità, ma soprattutto il mio stile di vita», Marina ha 36 anni, una bambina piccola di nome Carola, un tumore al seno che non c’è più. Racconta che la sua prima reazione alla diagnosi è stata: «cosa posso cambiare perché non ricompaia?». Da subito, un occhio attento all’alimentazione, meno carne e meno cereali raffinati, ma soprattutto all’attività fisica. «Ero una sportiva pigra, ora sono diventata corsa-dipendente. Ho cominciato poco dopo l’ultima chemio: la voglia di buttar fuori tutte quelle tossine era tanta, mi alzavo alle cinque del mattino per andare a correre un’ora». Poi un’amica segnala il progetto firmato Fondazione Veronesi. Una quarantina di donne selezionate e allenate per valutare i benefici dell’attività fisica e annunciarli alle altre, quelle ancora nel tunnel delle cure, assalite da debolezza e nausea. Marina è determinata: «domenica scorsa ho corso 34 chilometri, non avrei mai pensato di riuscirci. Potere della mente. E dei risultati. Senti di star bene, sei più leggera, di buon umore, le relazioni con gli altri sono migliori, più solari e positive».  L’unione fa la forza: la fatica crea condivisione, sostegno. E’ così che nasce un gruppo non più accomunato dal tumore, ma dalla corsa.

Sul sito fondazioneveronesi.it il blog con il racconto della sfida: cinque mesi di allenamenti assidui, sotto controllo medico, insieme agli allenatori del Marathon sport center, Centro di medicina sportiva di Brescia, partner dell’iniziativa. Di qui le prime camminate insieme: da una manciata di chilometri alla Deejay Ten alla mezza maratona fino all’ultima, significativa, lo scorso 26 ottobre, la PittaRosso Pink parade organizzata a Milano dall’azienda amica di NothingStopsPink.

Correre fa bene, dunque. E lo stesso vale per camminare, nuotare, fare yoga, pilates e tai-chi. Fa bene a chi il tumore l’ha avuto, ma anche a tutte coloro che vogliono anticiparlo, avere un’arma in più per scongiurarlo. Sì perché l’attività fisica, oltre a diminuire le probabilità di ricadute, previene il cancro.

Conferma Chiara Segré, biologa, ricercatrice in oncologia molecolare della Fondazione Veronesi: «Lo scorso marzo durante il congresso dell’European Cancer Organization che si è tenuto a Glasgow, Scozia, è stata presentata una meta-analisi di 37 studi pubblicati tra il 1987 e il 2013 che ha coinvolto oltre quattro milioni di donne». Il risultato? «Non importa a che età si inizi e quale sia il proprio peso: un’ora di attività sportiva al giorno riduce del 12 per cento il rischio di sviluppare un tumore al seno». Fin qui i dati, ma i meccanismi? Spiega Segré: «il tessuto adiposo è coinvolto nella produzione ormonale: secerne ormoni che derivano dal metabolismo del colesterolo; più massa grassa viscerale influenza la produzione di ormoni che a loro volta regolano il ciclo vitale del tessuto del seno. Gli ormoni stimolano le cellule a dividersi, un processo fisiologico; quando però la produzione ormonale è eccessiva, aumenta il rischio che la divisione cellulare diventi pre-cancerogena. Per bruciare i grassi», suggerisce Segré, «è sufficiente un esercizio aerobico di almeno venti minuti continuativi: una camminata veloce o una corsa leggera». 

Lo sport concorre anche a ridurre l’infiammazione cronica. «Il tessuto adiposo in eccesso richiama cellule immunitarie che producono uno stato d’infiammazione cronica, fattore di rischio per il tumore. L’attività fisica riduce l’infiammazione cronica agendo su quella parte del sistema immunitario che spegne la risposta infiammatoria». Ecco perché l’American Cancer Society raccomanda due ore e mezza di attività fisica la settimana, suddivisa in almeno due sessioni di allenamento.

Anche la ricerca italiana investe negli studi sulla relazione tra tumore e sport: per sostenerla è al via in questi giorni una maratona di raccolta fondi (vedi box). Un esempio: è finanziato dall’Associazione italiana Ricerca sul Cancro il laboratorio diretto da Rosanna Piccirillo che sta studiando i meccanismi coinvolti nella relazione tra cancro ed esercizio fisico. «Studiamo il muscolo», spiega Piccirillo, «per capire come si parlano cancro e tessuto muscolare». La giovane ricercatrice ha portato con sé da Harvard le tecniche per studiare il muscolo che, spesso, nel tumore si degrada: «mettendo a contatto cellule tumorali con colture cellulari che mimano il tessuto muscolare, osserviamo i cambiamenti sulla crescita del tumore quando il muscolo viene stimolato». Gli studi che si sono occupati di tumori e attività fisica si focalizzano sugli esercizi di tipo aerobico come corsa, camminata sostenuta o bicicletta oppure su discipline come pilates, tai-chi e yoga. Ed è proprio di yoga il corso appena partito a Roma per i pazienti dell’Istituto Regina Elena, in collaborazione con la Federazione italiana yoga.  Dopo tre mesi il tai-chi migliora la fatigue, quella sensazione di spossatezza e mancanza di energia che accompagna il cancro. «Riconosciuta come vera e propria malattia, la fatigue è una condizione complessa caratterizzata da una debolezza estrema che nemmeno il riposo riesce a far regredire», spiega Alberto Ricciuti, autore di un volume, edito da Franco Angeli, sul supporto che il medico generale può offrire ai malati di tumore che soffrono di fatigue. Ricciuti è anche presidente di Attivecomeprima, onlus che da quarant’anni sostiene le donne e i loro familiari, attive.org. «Alcune attività psicocorporee che offriamo alle donne, come la danzaterapia e lo yoga, hanno un effetto sul metabolismo energetico che riduce la fatigue».

Daniela infine sta combattendo contro un tumore al seno. Prima della chemio correva spesso: era facile incontrarla a piedi, in bici o di corsa su e giù per le colline della Brianza. Ora è troppo stanca. A New York, domani, le donne di NothingStopsPink corrono anche per lei: per ricordarle che non appena la fatigue allenta la presa deve ricominciare a correre. Per essere sempre un passo avanti al cancro.

di Daniela Condorelli

 

GIORNATA DELLA RICERCA AIRC

Dalla maratona di New York a quella della ricerca. Al via la settimana di appuntamenti contro il tumore firmata dall’Associazione italiana per la Ricerca sul Cancro, airc.it. Sono oltre cinquemila i ricercatori finanziati da Airc su 565 progetti. Tutti studi che mirano a portare i risultati dai laboratori al letto del paziente: oltre 1.500 le pubblicazioni su riviste internazionali che ne sanciscono il valore.

Racconti e traguardi dei ricercatori saranno ospiti, dal 3 al 9 novembre, delle trasmissioni RAI; il 5 e il 6 novembre Airc incontrerà gli studenti nelle scuole e nelle Università. Sabato 8, nelle piazze di tutt’Italia, con una donazione di dieci euro si potrà contribuire alla ricerca acquistando una confezione di cioccolatini Lindt. Per info: numero verde 800.350.350. Si può donare anche inviando un SMS del valore di due euro al 45503 fino al 17 novembre.

Anche lo sport fa la sua parte: i campioni di calcio e delle squadre della serie A Tim scendono in campo per invitare i tifosi a sostenere i giovani ricercatori. E a ricordare che lo sport fa bene alla ricerca e male al cancro.   (D. C.)

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