CON LA DIAGNOSI PRECOCE SI GUARISCE DAL TUMORE AL SENO

www.fondazioneveronesi.it, ha trasmesso alla numerosa platea intervenuta al “Feel Good Festival” di Abano Terme, il primo appuntamento dedicato alla salute e al benessere organizzato dal comprensorio termale di Abano e Montegrotto, tra i più importanti d’Europa. La conferma di questa affermazione viene in particolare da un recente studio clinico, condotto all’Istituto Europeo di Oncologia su 1254 donne, trattate chirurgicamente per asportare un tumore così piccolo che neppure era palpabile.

Com’è possibile individuare così precocemente un tumore?

«E’ fondamentale la diagnosi precoce, con la mammografia ogni due anni, dopo i 50 anni. Nei casi di familiarità si consiglia di effettuare la mammografia ogni anno, a partire anche da 35/40 anni. In alcuni casi dubbi si ricorre anche all’ecografia. Con la diagnosi precoce, soprattutto in età giovanile, si può asportare il tumore con un intervento mininvasivo (quadrantectomia) e nella maggior parte dei casi non si deve neppure ricorrere alla chemioterapia».

In quali casi si devono effettuare test genetici per individuare la presenza di quelle alterazioni (ad esempio BRCA 1 e 2) che possono predisporre al tumore al seno?

«Consiglierei questi test solo nei casi di familiarità per questo genere di tumore, ovvero in presenza di madre, zia o sorella che hanno avuto in età giovanile un tumore al seno. Questo test non deve suscitare allarmismo o rendere più ansiosa la vita: al contrario è utile per poter essere più solerti nella diagnosi precoce. Nei casi di positività a una di queste due alterazioni BRCA 1 e 2, si propone, infatti, la mammografia e il controllo senologico ogni sei mesi. Non è comunque certo che tutte queste donne, spesso molto giovani, vadano incontro necessariamente a un tumore al seno o all’ovaio (correlato con l’alterazione BRCA 2) nel corso della loro vita».

Nei casi di test genetico positivo, cosa pensa dell’ipotesi di una mastectomia preventiva, scelta coraggiosamente intrapresa da Angelina Jolie che ha visto morire la madre e la zia per questo tumore?

«E’ sicuramente una scelta coraggiosa che merita il massimo rispetto. In Italia però le donne non sono ancora molto propense a seguire una scelta del genere, così radicale. Preferiscono conoscere il rischio per poter agire a livello preventivo, intensificando i controlli ed eseguendo la mammografia ogni sei mesi. In molti casi, purtroppo, le donne non vogliono nemmeno sapere se hanno questa anomalia genetica. E queste sono le situazioni più rischiose, perché la probabilità di sviluppare un tumore in queste donne è elevata (60-70%)».

Quali altri consigli dare in riferimento alla prevenzione?

«Sicuramente uno stile di vita sano, eliminando fumo, alcol e cibi ricchi di grassi saturi, come quelli di origine animale (burro, carni rosse).Vale per tutti il principio di consumare almeno 5 porzioni di frutta e verdura al giorno, in particolare prediligere mirtilli e frutti rossi, ricchi di antocianine, potenti antiossidanti, broccoli e pomodori, che contengono licopene e gli oli vegetali. Da includere nella dieta il pesce azzurro, che contiene gli omega-3 antiossidanti. Suggerisco, inoltre, di mangiare poco, riducendo l’introito di calorie e “spalmandolo” nell’arco della giornata. Come sostiene anche mio padre nel suo libro “La dieta del digiuno”, proporrei un giorno di digiuno alla settimana, per disintossicare l’organismo. Ricordo che, a differenza dei genitori di oggi che spingono i figli a mangiare tanto, mio padre ci raccomandava fin da piccoli di mangiare poco. E devo riconoscere che questa abitudine ha funzionato».

Nello stile di vita sano, non può mancare il movimento…

«Sì, caldeggio per la mezz’ora di camminata al giorno e possibilmente per l’attività fisica all’aria aperta. Fondamentale è anche bere almeno due litri di acqua al giorno, soprattutto per chi fa attività fisica. Anche alle donne operate di tumore cerco di dare sempre questi consigli. Alcuni studi recenti hanno addirittura dimostrato che fare attività fisica non solo migliora la salute, ma favorisce anche il benessere mentale, in quanto aumenta la produzione di endorfine, gli ormoni che fanno stare bene. Nelle donne operate di tumore che fanno attività fisica si è addirittura rilevata una migliore risposta alla chemioterapia. E nel gruppo di donne da me operate, ce ne sono addirittura una dozzina che si stanno allenando per la prossima maratona di New York».

di Paola Trombetta

 

“PINK IS GOOD” PER STUDIARE NUOVE TERAPIE

Ha partecipato al progetto “Pink is good”, promosso dalla Fondazione Umberto Veronesi, che mette a disposizione ogni anno borse di studio per la ricerca sul tumore al seno. Giorgia Beffagna, 38 anni, è una giovane biologa che si è specializzata in Genetica Medica e oggi lavora al Dipartimento di Oncologia e Medicina comparata dell’Università di Padova. Sta coordinando uno studio su diverse centinaia di donne, ancora in fase di arruolamento, per analizzare quei tumori detti “tripli negativi”, perché non rispondono a nessuno dei tre farmaci normalmente utilizzati per prevenire le recidive e nell’80% dei casi degenerano in metastasi.

«Abbiamo documentato che in questi particolari tumori, molto aggressivi, tra i quali sono inclusi anche quelli che presentano le alterazioni geniche BRCA 1 e 2, sono presenti in abbondanti quantità cellule staminali “contaminate” che si riproducono velocemente e incrementano la diffusione di metastasi. La scommessa del nostro progetto è individuare qualche sostanza in grado di bloccare la proliferazione di queste cellule staminali “contaminate”. Una ricerca che sarà possibile proprio grazie alla borsa di studio che la Fondazione Veronesi ha messo a disposizione».   (P.T.)

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