CANCRO ALL’OVAIO: L’IMPORTANZA DELLA PREVENZIONE

Un’indagine curata da Acto onlus  ha rilevato che nel nostro Paese 8 donne su 10 non conoscono questa patologia, l’87% non ne ha mai parlato con il proprio medico, solo il 9% ne ha parlato con il ginecologo e una donna su tre lo confonde con il tumore dell’utero. Di più: il 70% delle donne non conosce i sintomi, né gli esami a cui sottoporsi per diagnosticarlo in tempo, ma vorrebbe saperne di più specialmente sulla prevenzione e sui centri di cura.

Per fare chiarezza su questa patologia, abbiamo intervistato la professoressa Nicoletta Colombo, Direttore della Divisione di Ginecologia Oncologica Medica dell’Istituto Europeo di Oncologia.

Quali sono i sintomi ai quali prestare attenzione?

«Il carcinoma ovarico, che è il 6° tumore più comune nelle donne e ogni anno in Italia ne colpisce circa 5000, è caratterizzato da sintomi aspecifici: gonfiore addominale persistente, necessità di urinare spesso, fitte addominali. Sintomi meno comuni sono inappetenza, senso di immediata sazietà, perdite ematiche vaginali e variazioni delle abitudini intestinali. Quando questi sintomi compaiono per la prima volta ogni giorno per più di 12/15 giorni al mese e per più di 2/3 mesi consecutivi, è consigliabile rivolgersi al ginecologo».

Esistono test per la diagnosi precoce?

«Per il tumore ovarico oggi non esistono strumenti di diagnosi precoce come la mammografia per il tumore al seno, ma si può intraprendere un iter di diagnosi tempestiva: visita medica, visita ginecologica, ecografia transvaginale, verifica del livello dei marker tumorali (CA125 e HE4) con semplice prelievo di sangue e, in caso di fondato sospetto di tumore maligno, risonanza magnetica o TAC».

Quali sono le donne  più a rischio?

«Sono più a rischio le donne di oltre 55 anni e già in menopausa (anche se alcuni tipi di questo tumore si presentano anche in donne più giovani),  le nullipare, quelle che non hanno mai fatto uso di pillola anticoncezionale, che hanno avuto le prime mestruazioni in età precoce o che hanno iniziato la menopausa in età più avanzata rispetto alla media.  Sono più a rischio anche  le donne che hanno sofferto di endometriosi o con una storia familiare di tumore dell’ovaio, della mammella, del colon o dell’utero. Infine, obesità, fumo, assenza di esercizio fisico sono fattori che aumentano il rischio».

Qual è l’iter terapeutico per la cura di questo tipo di tumore?

«Le donne colpite da tumore ovarico vengono inizialmente sottoposte a intervento chirurgico per rimuovere più massa tumorale possibile. Dopo l’intervento può essere somministrata la chemioterapia e il trattamento farmacologico standard a base di paclitaxel e carboplatino, che oggi è la combinazione terapeutica migliore. I farmaci anti-angiogenici, che bloccano la crescita del tumore, inibendo la formazione di nuovi vasi sanguigni, sono una nuova opportunità di cura. Il bevacizumab, ad esempio, ha dimostrato una buona attività sia nel trattamento di prima linea, sia nella recidiva resistente al platino. Analogamente altri due farmaci, nintedanib e pazopanib, a effetto antiangiogenico, hanno dimostrato incoraggianti risultati nel trattamento in prima linea. Un nuovo filone di ricerca di terapie contro il tumore ovarico sono i PARP inibitori, come ad esempio olaparib: impediscono alle cellule tumorali di ripararsi e continuare a duplicarsi».

Quali sono le prospettive di guarigione da questa malattia?

«Si può guarire nell’80-90% dei casi quando il tumore viene diagnosticato allo stadio iniziale. Purtroppo nel 75% dei casi viene diagnosticato troppo tardi quando è già in stadio avanzato, il che diminuisce molto le possibilità di cura, attualmente intorno al 30-40% . Tuttavia, negli ultimi anni, si è assistito a un progressivo aumento della sopravvivenza anche per le pazienti con tumore avanzato: in altre parole queste pazienti vivono sempre più a lungo grazie alla disponibilità di numerosi farmaci attivi che consentono di cronicizzare la malattia. La ricerca è particolarmente fervida in questi anni e la tecnologia ci ha consentito di comprendere alcuni meccanismi alterati nelle cellule tumorali che possono essere colpiti con farmaci specifici. Ci attendiamo quindi nei prossimi anni un miglioramento della prognosi, grazie all’impiego di terapie più mirate e all’identificazione di strumenti utili per la diagnosi precoce, come nuovi marcatori tumorali più sensibili».

di Paola Trombetta

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