“DIAMO VOCE AL SILENZIO”: PARLIAMO DI ENDOMETRIOSI

Ne soffrono oltre 3 milioni di donne in Italia: l’82% con manifestazioni di dolore pelvico cronico che si ripercuote in un terzo dei casi sulla qualità della vita (aumento dello stress, uso di analgesici, cambiamenti dell’umore, calo dell’energia, rinuncia alla socialità) e in più del 50% in perdita di interesse alla sessualità, a causa di dolori nel corso del rapporto, con conseguente logorio della relazione di coppia e rischio di limitazioni nella professione, con quasi otto ore di lavoro perse a settimana. Sono i numeri, importanti, dell’endometriosi: una patologia cronica e progressiva, che seppure di natura benigna, resta fra le più invalidanti per la donna, anche a causa del grave ritardo diagnostico per le manifestazioni iniziali spesso subdole.

Per aiutare a comprendere meglio questa malattia, il 13 marzo si celebra, in decine di capitali internazionali, la I Giornata Mondiale dell’Endometriosi e della Million Women March for Endometriosis. Queste ricorrenze saranno affiancate dall’iniziativa “Diamo voce al silenzio”, organizzata dall’Istituto di Sessuologia Clinica (ISC) di Roma, che permetterà alle donne nelle giornate del 12-13-14 Marzo di ricevere una consulenza telefonica gratuita di sostegno, orientamento e informazioni sulla patologia da parte medici specialisti.

In anteprima, abbiamo fatto il punto sull’endometriosi con la Professoressa Roberta Rossi, Presidente dell’ISC.

Che cos’è l’endometriosi?

«E’ una patologia ginecologica cronica che può interessare la donna in età fertile. Si tratta infatti di una malattia ormonodipendente, correlata alle mestruazioni o a un disturbo del ciclo, che possono determinare focolai di infiammazione a partire dall’endometrio, il tessuto che riveste le pareti dell’utero. Questi focolai, trasportati attraverso il sistema sanguigno o linfatico, possono causare la formazioni di cisti endometriosiche anche in sedi diverse e lontane da quella uterina».

Qual è il maggiore problema di questo disturbo?

«La diagnosi che spesso avviene con molto ritardo, anche a distanza di 5-6 anni dalle prime manifestazioni. Allo stadio iniziale l’endometriosi può essere infatti asintomatica o provocare dolori durante il ciclo e per questo scambiati per dolori mestruali un po’ più acuti. L’indicazione, invece, è quella di non sottovalutare mai gli episodi di dolore riferiti dalla donna al proprio medico o al ginecologo, ma di indagarli con esami più specifici quali ad esempio una ecografia mirata».

Quali sono le terapie oggi in uso per curarla?

«Le opzioni terapeutiche sono diverse e possono variare dai trattamenti farmacologici ormonali (pillola, estrogeni o terapie che inducono la menopausa farmacologica), utili per la sola riduzione dei sintomi dolorosi, o il trattamento chirurgico (conservativo, semiconservativo o radicale). Ad oggi però non c’è un farmaco efficace che guarisca da questa sintomatologia ed anche la chirurgia potrebbe non essere risolutiva. Questo significa che nel momento in cui la donna smette di prendere la pillola o rientra nel suo ciclo mestruale normale, l’endometriosi ricomincia a progredire».

Come si deve comportare la donna nel caso in cui desideri avere un figlio?

«Il suo deve essere un progetto di maternità programmato. Se la donna utilizza la pillola per tenere sotto controllo la proliferazione dell’endometrio, il momento di sospensione deve essere deciso con il ginecologo e i tentativi vanno realizzati in tempi brevi per non dare spazio sufficiente alla malattia di svilupparsi ed estendersi in modo particolare alle ovaie, alle tube, in zone limitrofe all’apparato genitale interno. Il ritardo diagnostico per una endometriosi non riconosciuta, è stimato nel 30-40% dei casi come una delle causa di infertilità femminile».

E’ ereditaria?

«No, ma la familiarità potrebbe aumentare il rischio di sviluppare la malattia in età fertile. In alcuni casi questo può avvenire già prima dei 15 anni, con i segnali anticipatori di irregolarità del ciclo mestruale, quando la malattia inizia magari a svilupparsi, senza tuttavia essere riconoscibile. La progressione della malattia continua per tutto il periodo in cui la donna è fertile e fino al momento della menopausa nella quale si raggiunge una quiescenza, soprattutto nella formazione delle cisti endometriosiche».

Esistono fattori di rischio per lo sviluppo della malattia, e c’è modo di fare prevenzione?

«No, il dolore resta il sintomo e la “chiave interpretativa” dell’endometriosi, seppure possano contribuire in parte anche lo stile di vita e una dieta ricca di carne rossa. Ma su questi due ultimi aspetti non vi sono al momento validazioni scientifiche. Per arrivare a una diagnosi corretta e tempestiva, è prima di tutti la donna che deve stare attenta alle manifestazioni/alterazioni del dolore, alle variazioni del flusso mestruale (maggiore sanguinamento, ad esempio, anche se non sempre è indice di endometriosi), dolore nel rapporto sessuale e mai percepito prima. Ogni cambiamento in queste direzioni va comunicato al ginecologo, senza aspettare, perché nel caso dell’endometriosi più la diagnosi è precoce, maggiori sono le possibilità di intervenire per limitare i danni della malattia».

Quali ripercussioni può avere sulla vita della donna?

«L’endometriosi porta con sé una sofferenza che coinvolge diversi aspetti: in primo luogo fisico, a causa del dolore persistente e ripetitivo, poi psicologico, in quanto spesso si accompagna a stati di ansia, depressione, alla sensazione di lottare contro qualcosa di non controllabile, a un senso di impotenza, spesso condiviso anche dal medico per la mancanza di un rimedio efficace. Ma non vanno dimenticati neppure i risvolti sulla vita di coppia e la sessualità verso la quale il dolore provoca un “ritiro” e infine il costo sociale con assenteismo settimanale dal lavoro».

A chi rivolgersi per la cura?

«Oggi, grazie a una maggiore informazione e ricerca sulla patologia, sono sorti sul territorio diversi centri specialistici, alcuni di eccellenza come quelli nati in Sicilia e in Puglia, nei quali un pool di specialisti (ginecologo, psicologo, sessuologo) è in grado di prospettare alla donna un percorso di trattamento su misura secondo l’età, l’intensità del dolore o pregresse gravidanze. Ma un importante aiuto, specie per quanto riguarda il supporto psicologico o i consigli su dove rivolgersi per trovare la migliore accoglienza e competenza dei vari specialisti, viene anche dalle donne stesse che hanno fatto rete, formando “Associazioni di pazienti” nelle quali si confrontano, si aiutano, si danno vicendevolmente forza».

Perché l’iniziativa “Diamo voce al silenzio”?

«Per rompere la barriera di disinformazione che ancora circonda questa patologia. La nostra iniziativa ha lo scopo di aiutare le donne attraverso una consulenza telefonica gratuita a capire meglio la loro problematica, mettendole al centro di tutta la nostra attenzione, informandole, indirizzandole al miglior centro specialistico nella zona in cui risiedono, dando loro il necessario supporto medico-assistenziale, ma anche psicologico. Perché se dall’endometriosi non si può guarire, si può però migliorare la vita quotidiana, di coppia, sociale e relazionale».

Per ricevere una consulenza gratuita in tema di endometriosi è possibile telefonare nei giorni 12-13-14 Marzo dalle 15 alle 19 ai numeri:  06/85356211 – 06/85355507.

di Francesca Morelli

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