TUMORE AL POLMONE: NUOVE PROSPETTIVE DI CURA

www.womenagainstlungcancer.eu), che abbiamo intervistato in occasione del recente convegno sul Tumore al polmone a Roma. 

Novembre è il “Mese della sensibilizzazione mondiale sul tumore del polmone”: quanto è importante informare i cittadini su questa patologia? 

«E’ un appuntamento importante per aumentare la consapevolezza dei pazienti e sensibilizzare cittadini, medici, istituzioni e media su questa patologia, che in Italia è la prima causa di morte per tumore tra gli uomini e la terza tra le donne e ogni anno colpisce 364 mila persone, di cui un quarto sono donne, con una percentuale di sopravvivenza del 18%. Ancora oggi questa malattia è spesso poco considerata se non addirittura stigmatizzata: “in fondo – si dice –  se ti capita, te la sei cercata a causa del vizio di fumare”. Se l’80% dei casi è effettivamente correlato al fumo, nel 20% dei casi tale rapporto non esiste e, tra i pazienti con un tumore al polmone che non abbiano mai fumato, troviamo soprattutto donne. Il tumore al polmone è caratterizzato da mutazioni di alcuni geni (quali ad esempio KRAS, EGRF e ALK), coinvolti nella proliferazione delle cellule tumorali. Se nel 40% dei casi di adenocarcinoma (il tipo più frequente di tumore polmonare) non sono ancora state identificate mutazioni geniche specifiche, nel 20-25% è presente la mutazione KRAS; nel 10-15% la mutazione EGFR e nel 5-10% l’alterazione del gene ALK».

Esistono esami di laboratorio per individuare queste alterazioni? I pazienti sono al corrente di questi test?

«I pazienti chiedono informazioni e risposte chiare in merito ai programmi di screening validati per questa patologia, che riporta dati di incidenza e mortalità in continuo aumento, soprattutto nelle donne fumatrici. Per questo è necessario divulgare messaggi corretti in merito alle campagne di prevenzione primaria (ad esempio contro il fumo di sigaretta). In più, come Associazione, stiamo insistendo sulla divulgazione di informazioni  in merito a quegli esami, come i test genetici su tessuto prelevato da una biopsia, che possono identificare la tipologia di tumore e rendere più mirate le cure. E’ importante che i pazienti sappiano quali sono i Centri specializzati, per avere poi accesso anche a cure più innovative».

Quali sono oggi le cure più promettenti contro questo tumore? Si parla sempre più di terapie personalizzate: a che punto è la ricerca?

«Il concetto di fondo della cosiddetta medicina “personalizzata” è quello di una “terapia disegnata sul paziente come un abito fatto su misura. Ogni individuo è un caso a sé, come il tumore da cui è colpito. Anche per questo è necessario evitare le generalizzazioni, cercando di mantenere sempre alta l’attenzione nei confronti delle innovazioni terapeutiche che si succedono, a volte in modo talmente rapido, da non essere trattate con il necessario approfondimento. Le aspettative dei pazienti sono altissime e non sono rivolte solo alle terapie “biologiche”: il paziente vuole essere curato nel senso etimologico del termine, “preso in carico”: si aspetta che le terapie non peggiorino la qualità di vita perché gravate da effetti collaterali insostenibili. “Terapia personalizzata” significa il migliore trattamento per quello specifico paziente e con il migliore profilo di tollerabilità. Per fare un esempio, nelle forme di tumore sopra citate, abbiamo a disposizione la classe degli inibitori delle tirosinchinasi che vanno a colpire EGFR, con due farmaci disponibili (gefitinib, erlotinib) e un terzo farmaco che nella pratica clinica è indicato nei pazienti con alterazione del gene ALK (crizotinib). I marcatori EGFR e ALK sono riscontrabili principalmente nell’adenocarcinoma. In termini percentuali sappiano che il 14% circa dei pazienti colpiti da adenocarcinoma presenta una mutazione attivante EGFR e quindi può beneficiare di una terapia con inibitori tirosinchinasici, quanto alla traslocazione o alterazione del gene ALK è presente nell’8% dei malati».

Terapia personalizzata significa poter accedere a un percorso diagnostico e terapeutico corretto e di qualità? Quali difficoltà incontrano oggi i pazienti?

«Il primo aspetto che permette di definire “corretto” un percorso diagnostico riguarda la possibilità per il patologo e il biologo di disporre di materiale bioptico di buona qualità e quantitativamente sufficiente per assicurare tutti i passaggi di laboratorio necessari a ottenere una diagnosi corretta e a garantire l’esecuzione dei test biomolecolari. A differenza di quel che accade per altre malattie tumorali, come ad esempio il cancro del colon o della mammella, nel carcinoma polmonare la quantità di tessuto a disposizione è di solito molto ridotta, dato che una quota limitata di pazienti ha la possibilità di accedere alla chirurgia nel suo piano di cura. Sono quindi gli specialisti pneumologi e radiologi le figure di riferimento per il prelievo di tessuto che consente di giungere alla diagnosi. Molti centri clinici non hanno la strumentazione idonea richiesta per tutti i test. In questo caso, se non ci si rivolge ai Centri specializzati, c’è il rischio di non poter garantire al paziente le cure più idonee. Alcuni farmaci a bersaglio molecolare sono infatti disponibili solo nell’ambito di sperimentazioni controllate dei Centri specialistici».

Quando un paziente con diagnosi di tumore del polmone dovrebbe pretendere che venga effettuata l’analisi molecolare?

«Ogni volta che un paziente riceve la diagnosi di tumore polmonare l’oncologo dovrebbe introdurre la tematica dei marker biomolecolari e delle rispettive terapie mirate. L’obiettivo del test biomolecolare è quello di andare a individuare un bersaglio, che diventa il “centro d’azione” della terapia. Ci sono peraltro biomarcatori che ancora non hanno un farmaco specifico in commercio; in alcuni casi il farmaco specifico è in corso di valutazione nell’ambito di studi clinici controllati. In questo caso l’oncologo dovrebbe spiegare al paziente la possibilità e l’opportunità di entrare in uno studio sperimentale per accedere alla terapia. Per quanto riguarda i test che prevedono già una terapia (EGFR e ALK sopra menzionati) i pazienti con diagnosi di adenocarcinoma polmonare andrebbero sempre sottoposti a test, così come i soggetti con altro tipo istologico, ma molto giovani o che non abbiano un’esposizione al fumo di sigaretta. Al contrario, per i pazienti forti fumatori con diagnosi di microcitoma SCLC oppure con diagnosi di carcinoma squamoso NSCLC, le probabilità che EGFR e/o ALK risultino positivi sono scarsissime e in questi casi i test non andrebbero eseguiti, pur spiegandone al paziente la motivazione».

Quale può essere il ruolo delle Associazioni nel sostenere e promuovere questo tipo di approccio diagnostico-terapeutico? Quali sono le iniziative di WALCE per migliorare i percorsi diagnostico-terapeutici e renderli sempre più noti, specifici e personalizzati?

«La comunicazione medico-paziente in Oncologia ha un ruolo fondamentale nell’aderenza ai trattamenti e deve essere basata su un’informazione adeguata, precisa, facilmente comprensibile. È determinante infatti che il paziente recepisca in maniera corretta quanto gli viene comunicato, a partire dal momento della diagnosi e per tutta la durata del suo percorso di cura, in modo da poter essere partner “attivo” nella gestione della propria malattia e nelle decisioni riguardanti la scelta del trattamento più adatto. Il ruolo delle Associazioni come la nostra è quello di lavorare a fianco di oncologi e personale sanitario, per fornire a pazienti e caregiver supporto e informazioni sui progressi fatti sia in campo diagnostico che terapeutico, evitando a pazienti e familiari quell’inutile ricerca di materiale su siti non sempre controllati, che talvolta produce confusione, informazioni imprecise o addirittura fuorvianti, generando talvolta dubbi difficili da dissipare. Per questo WALCE mette a disposizione dei pazienti affetti da tumore del polmone e delle loro famiglie un sito (www.womenagainstlungcancer.eu) costantemente aggiornato, sia nella parte scientifica che in quella relativa alle attività di sostegno per pazienti e familiari; un database degli studi clinici disponibili nei Centri italiani, perché la partecipazione alle sperimentazioni cliniche può rappresentare spesso la migliore opzione di trattamento disponibile, sebbene il numero di pazienti reclutati sia ancora esiguo a causa di una serie di ostacoli legati tanto alla mancanza di informazioni circa queste opportunità. Accanto al materiale online, WALCE, nel corso degli anni ha realizzato una collana di libretti di facile lettura, su temi legati alla malattia e ai percorsi diagnostici e terapeutici che vengono distribuiti nella oncologie italiane ed estere, per offrire chi è affetto da questa patologia un ulteriore supporto educativo. Ha inoltre creato un “libretto dei servizi” dove i pazienti e i familiari trovano indicazioni su luoghi e recapiti delle principali strutture italiane in cui viene garantita un’accoglienza adeguata per i malati di patologia oncologica del torace. Con questi strumenti d’informazione ci proponiamo anche di sfatare i pregiudizi che ancora circondano questa malattia, come se fosse la “colpa” delle persone che fumano, pur ricordando che, se l’80% dei malati sono (o sono stati) effettivamente fumatori, il 20% non lo sono affatto e le nuove terapie “personalizzate” sembrano riguardare maggiormente proprio questo 20%».

di Paola Trombetta

 

IL PROFILO DELLE FUMATRICI

Negli ultimi 15 anni, i fumatori italiani sono calati: oggi (solo) il 21% cerca nella sigaretta una forma di libertà, di piacere, di emancipazione per le donne, contro il 31% del 1998. Un dato positivo, in realtà solo parziale perché i fumatori sono ancora oltre 10 milioni. Fra la popolazione femminile, poi, il trend è addirittura opposto: fra i 25 e 54 anni e nelle classi socio-culturali elevate, oggi le fumatrici raggiungono i 4,5 milioni circa. Lo rivela uno studio di Gfk Eurisko, presentato da WALCE (Women Against Lung Cancer in Europe – Donne Contro il Tumore del Polmone in Europa: www.womenaginstlungcancer.eu). Chi è la fumatrice oggi, come si comporta, quali motivazioni potrebbero farla smettere? Sono le principali domande dello studio, da cui è emerso che: fumano di più le professioniste rispetto alle casalinghe. In metà dei casi hanno figli, 1 su 4 anche minorenni, e un’abitudine al fumo “acquisita”. Per lo più, sono figlie di fumatori. Il fumatore moderno, uomo e donna, accende mediamente 15 sigarette al giorno (1/3 ne fuma un pacchetto) e, rispetto agli uomini, le donne sono molto più restie a cessare l’abitudine anche in momenti delicati come la gravidanza. Mediamente tutte le donne hanno cominciato a fumare prima di avere figli. Hanno ripreso l’abitudine 8 mesi dopo il parto e quasi la metà entro i primi 2 mesi. Come ogni fumatore, anche le donne si sentono più effervescenti e vivaci rispetto alle non fumatrici, amano di più le novità e il rischio, ma sono più nervose, impulsive e meno ordinate rispetto a chi non fuma. Un atteggiamento che si riflette anche nei confronti della salute, verso la quale hanno una minore attenzione preventiva. Chi fuma ha una percezione più critica su tutti gli indicatori che riguardano il contesto sociale (reddito, istruzione, lavoro, abitazione, affetti) e il proprio stato di salute, fisico e mentale. Le motivazioni a rinunciare, per la donna, potrebbero derivare da due ordini di fattori:esterni e/o teorici, quali i rischi di problemi gravi o legati al contesto sociale (il costo, la sensibilità al fumo passivo e lo stigma sociale) o problemi reali toccati con mano come piccoli disturbi di salute e la dipendenza, e l’attenzione a sé e agli altri quale essere un modello positivo per i figli. Proprio sulle donne, secondo la dottoressa Silvia Novello, pneumo-oncologa presso il Dipartimento di Oncologia dell’Università di Torino, San Luigi Orbassano (TO) e Presidente WALCE onlus (Women Against Lung Cancer in Europe), sembra necessaria una specifica attività di sensibilizzazione non solo perché fra loro la percentuale di fumatrici è in crescita e faticano a smettere anche in gravidanza, ma soprattutto perché il tumore al polmone, causato dal fumo, è uno dei tumori poco temuti dalle donne, ma a cui invece dovrebbero prestare molta attenzione.

Un respiro per la vita

Sei secondi per intervenire, indagare e bloccare un possibile tumore al polmone. Grazie alla terza edizione di “Un respiro per la vita” (www.policlinicocampusbiomedico.it/un-respiro-per-la-vita), in partenza tra dicembre e gennaio al Campo Bio-Medico di Roma, che consente ai fumatori di almeno 15 sigarette al giorno ed ex fumatori (da meno di 10 anni) over 55, di sottoporsi a un controllo gratuito tramite Tac spirale, visita toracica, con diagnosi in giornata, consegna del referto, e l’indicazione di un approfondimento diagnostico se necessario. «La diagnosi precoce – spiega Pierfilippo Crucitti, coordinatore dell’iniziativa – è essenziale per individuare eventuali formazioni neoplastiche quando hanno dimensioni inferiori ai 5 mm di diametro, e si possono operare facilmente». Per prenotazioni e  informazioni: 06.22541.1460, dal lunedì al venerdì, ore 9,30–12,30 e 13,30–15,30.   (Francesca Morelli)

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