SCLEROSI MULTIPLA: QUALI TERAPIE IN GRAVIDANZA?

Un tempo la gravidanza era assolutamente sconsigliata alle donne che soffrivano di Sclerosi Multipla, una grave malattia neurodegenerativa del sistema nervoso centrale, che interessa circa 60.000 persone in Italia, da due a quattro volte più diffusa nel sesso femminile. Oggi, per fortuna, non è più così, anche se si consiglia la gravidanza solo quando la malattia è stabilizzata. Ne hanno parlato neurologi ed esperti al Convegno “Best evidence in Multiple Sclerosis” al Maxxi, Museo nazionale delle arti del XXI secolo a Roma. Diversi studi hanno dimostrato che, durante la gravidanza, la malattia si stabilizza ulteriormente. E alcuni ricercatori dell’Istituto di Neuroscienze dell’Ospedale Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino), di cui abbiamo già dato notizia in un articolo pubblicato in marzo sul nostro portale, hanno addirittura individuato alcune proteine, prodotte durante la gravidanza, in grado di controllare il processo infiammatorio che aggredisce le guaine dei nervi. Un filone di ricerca promettente che potrebbe portare addirittura alla scoperta di nuovi farmaci. Per tenere sotto controllo la malattia si continua ad usare il tradizionale Interferone beta e il Copaxone. A queste terapie tradizionali di prima linea, si aggiungono oggi farmaci più innovativi, ma meno “maneggevoli” come Fingolimod, la prima terapia orale per la sclerosi multipla, non esente però da effetti collaterali, tra cui il rallentamento del battito cardiaco. <Poiché si conosce ancora poco di questi nuovi farmaci, devono essere sospesi durante la gravidanza ed anzi si consiglia di interrompere la terapia qualche mese prima del concepimento> puntualizza la professoressa Maria Pia Amato, responsabile del Centro per lo studio della Sclerosi Multipla presso la Clinica Neurologica dell’Ospedale Careggi di Firenze. <Si è visto invece che l’Interferone beta e il Copaxone, assunti durante le prime settimane di gestazione, non danno problemi al feto, né un rischio di abortività superiore alla media e possono essere assunti dalla donna anche fino al primo test che attesta la gravidanza, dopo di che se ne consiglia la sospensione fino al parto. Di solito, la ripresa del farmaco, induce ad evitare l’allattamento. Questi dati sono stati confermati da uno studio, tutto italiano, condotto dal nostro Centro di Firenze su 423 gravidanze, in cui si è evidenziata, come unica anomalia, un più basso peso alla nascita del bambino nelle donne che hanno assunto Interferone. Ovviamente la decisione di quando sospendere la terapia e quando riprenderla deve essere sempre fatta in accordo con lo specialista>.

di Paola Trombetta

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