Giornata mondiale della salute è dedicata alla depressione

La Giornata mondiale della salute, che si celebra il 7 aprile, è dedicata quest’anno alla depressione. Patologia in forte crescita, soprattutto tra le donne, con una incidenza doppia rispetto all’uomo, in particolare in alcune fasi della vita: il menarca, il periodo post-parto, il climaterio, in condizioni sociali particolari quali indigenza e bassa scolarità. Ulteriori situazioni di rischio sono le esperienze personali subite e/o vissute: atti di bullismo, abusi e violenza, separazioni, divorzi, una difficile storia familiare alle spalle o anche patologie croniche come diabete, ipertensione, cardiopatie, malattie endocrine e autoimmuni che possono predisporre alla depressione. Il cui picco di incidenza è stimato entro il 2030, anno nel quale, secondo gli esperti, la depressione si configurerà come la patologia più costosa al mondo, in termini di impatto sociale, economico e della qualità di vita. In Europa conta già 40 milioni di depressi; in Italia dal 4,4 al 7%, con oltre 3 milioni di malati, secondi solo alla Germania. Un male, quello della depressione, ancora comunemente definito ‘oscuro’, ma a torto perché oggi le cure esistono, sono molteplici e possono essere calibrate a misura del paziente. «In tutte le fasce di età – spiega il professor Claudio Mencacci, Presidente della SIP (Società Italiana di Psichiatria) e direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli Sacco di Milano – è fondamentale individuare le persone a basso, medio, alto rischio su cui attuare interventi mirati in funzione dell’età, del sesso, delle manifestazioni cliniche delle malattie e delle condizioni generali di salute. Oggi disponiamo di diversi presidi terapeutici, frutto della innovazione, della ricerca in diversi campi, da quello più esplorato delle terapie farmacologiche, delle psicoterapie, delle terapie somatiche (TMS-ETC-Deep Stimulation), variamente combinate tra di loro o poste in modalità sequenziale, a seconda del tipo di depressione e della sua gravità e decorso. Può aggiungersi anche il supporto da parte del coniuge, dei genitori, di parenti e associazioni». Eppure, nonostante le differenti opportunità terapeutiche, ancora pochi giungono alla diagnosi e terapia appropriate: solo 1/3 di coloro che ne avrebbe necessità e, di questi, ancora meno aderiscono alla terapia, esponendosi a ricadute e all’aumento del rischio di cronicizzazione.

Ma non basta, perché per vincere e combattere la depressione occorre fare ‘rete’ per sensibilizzare alla conoscenza del problema, per intercettare casi a rischio, per promuovere validi percorsi diagnostici e terapeutici in collaborazione con la Medicina generale, la pediatria, la scuola, gli ambienti di lavoro, in più direzioni. «Numerose evidenze – ha concluso il professor Bernardo Carpiniello, Presidente Eletto SIP e Ordinario di Clinica Psichiatrica a Cagliari – suggeriscono che programmi di azione sullo stile di vita, sull’attività fisica, sull’alimentazione, ma anche interventi di inserimento e coinvolgimento sociale, possono modificare efficacemente diversi fattori di rischio». Ovvero caratterizzando il tipo di supporto e le modalità protettive in funzione del rischio di episodi depressivi nelle varie fasce di età della vita: infanzia, adolescenza, età adulta e anziana.    F.M.

 

 

 

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