DONNE IN CRISI…..DEPRESSIVE

Le donne italiane hanno imparato ad accettare e a conoscere il tumore del seno, non ancora la depressione. La temono più di una malattia oncologica, per l’imprevedibilità delle manifestazioni e per il forte impatto emotivo, relazionale e l’impoverimento della qualità della vita che porta con sé. Ad affermarlo, nel corso dell’indagine “Liberamente” di Doxa Pharma condotta in un gruppo di 700 pazienti con diagnosi di disturbo depressivo, sono il 64% di donne – le più predisposte a sviluppare una forma di depressione in tutte le due sfaccettature (depressione maggiore, disturbo unipolare o bipolare) – con età media di 46 anni, per lo più coniugate, con figli e scolarità medio-alta. Sono variabili le sintomatologie, specie nella fascia medio grave – tristezza manifesta (26%) o riferita (29%), tensione interna (22%), riduzione del sonno (22%), incapacità di provare sensazioni (17%), pensieri pessimistici (14%), idee di suicidio (5%) – ma nonostante le importanti implicazioni, la depressione resta ancora una malattia con un tardivo riscontro diagnostico: nel 16% dei casi intercorrono più di 2 anni dai primi sintomi al ricorso al medico, prima di Medicina Generale e poi dello psichiatra. «La condizione per il paziente depresso è spesso gravemente debilitante – dichiara Claudio Mencacci, Presidente della Società Italiana di Psichiatria e Direttore del Dipartimento di Neuroscienze A.O. Fatebenefratelli di Milano – ma nonostante questo molte persone rimangono senza trattamento». Invece le terapie ci sono: sostegno psicologico non strutturato (monitoraggio attivo, interventi brevi di counselling o di psicoeducazione) nei casi lievi, trattamenti farmacologici o psicoterapici strutturati nelle forme di intensità moderata o grave o nei soggetti ad alto rischio di cronicizzazione per familiarità e fattori prognostici negativi. Specie in assenza di terapie, la conseguenza è una sola: frustrazione e desiderio di un maggiore inserimento nelle relazioni sociali (come attesta anche l’indagine) in più della metà dei casi, e nei restanti bassa percezione della propria autostima e stati di turbamento emotivo. «L’interferenza della depressione sulla vita e sulle relazioni sociali è notevole – commenta Antonello Bellomo, Presidente della Società Italiana di Psichiatria Sociale e Professore di Psichiatria all’Università degli Studi di Foggia. In particolare, è soprattutto la vita lavorativa a essere inficiata dalla malattia». Con costi diretti e indiretti importanti: l’indagine ha rivelato infatti che nell’arco di 12 mesi quasi una volta al mese il paziente depresso si rivolge al medico, il 15% si ricovera o resta in ospedale mediamente per 17 giorni, si assenta dal lavoro per oltre sei ore in una settimana, il 20% denuncia forti impedimenti sulle proprie attività giornaliere e un elevato grado di tensione emotiva, il 7% ha subito mobbing per un tempo medio di 29,5 mesi. «Nei costi indiretti della depressione va aggiunta anche la sofferenza e l’impegno assistenziale dei familiari – precisa Marco Vaggi, Direttore Dipartimento Salute Mentale e Dipendenze della ASL 3 di Genova». Tutti questi aspetti hanno portato la World Health Organization, già nel 2012 (anticipando le iniziali previsioni del 2020), a considerare la depressione come la seconda causa (e non più la sesta) di disabilità per le fasce di età comprese tra i 15 ed i 44 anni. «Dunque, bisogna fare uno sforzo – conclude Mencacci – per garantire le cure più adeguate e assicurare il potenziamento dei servizi sul territorio, e soprattutto evitare che le risorse per la salute mentale siano oggetto di tagli».

di Francesca Morelli