AMMALARSI DI RUMORE, SOPRATTUTTO NELLE GRANDI CITTA’

In Europa, in Italia, nel mondo intero è ‘mal di rumore’: un problema sempre più emergente, specie nelle grandi città. Secondo una indagine GfK Eurisko, condotta su oltre 8800 persone di 11 Paesi e che ha dato vita ad un Consensus Paper ‘Coping with noise’, promosso da Amplifon, a farne le spese nel nostro paese sono da nord a sud le ‘capitali: prima fra tutte Napoli, poi Milano, Roma e Torino, inquinate dall’invasione di decibel oltre la soglia di accettabilità e tolleranza del nostro orecchio. Complice l’aumento di rumori, soprattutto involontari quali suoni del traffico, sirene, conversazioni, luoghi pubblici affollati e rumorosi, mezzi di trasporto e comunicazione come cellulari, radio e tv, ma anche musica in cuffia e ad alto volume. L’orecchio (e non solo) si ammala sempre più, con danni anatomici e funzionali acuti e più spesso cronici, variabili a seconda dell’intensità del rumore, del tempo di esposizione e della suscettibilità individuale nei confronti del rumore ascoltato. I primi campanelli d’allarme, però, sono spesso sottovalutati. «Dalla sofferenza dell’orecchio – spiega Giancarlo Cianfrone, Professore Ordinario di Audiologia e Direttore del Dipartimento Organi di Senso, Università degli Studi di Roma ‘La Sapienza’ – possono generarsi le condizioni per una perdita uditiva e, a volte, anche di altri due fenomeni uditivi: gli acufeni (fastidiosi fischi), considerati percezioni fantasma di suoni, e l’iperacusia, una intolleranza ai suoni, anche lievi o moderati. I soggetti più suscettibili e vulnerabili al rumore sono oggi i giovani e gli adolescenti, per l’ascolto di musica ad alto volume, e gli anziani in cui l’orecchio oltre che dal rumore in sé può essere danneggiato dall’utilizzo di farmaci ototossici. Anche diabete e patologie cardiovascolari possono essere causa di un mix esplosivo per l’udito». Ma non è solo questione di orecchio, perché il rumore, secondo l’indagine, è associato anche ad altri disturbi invalidanti la qualità della vita e della salute, come quelli dell’umore – che incidono nel 30% dei casi – con irritabilità, nervosismo, preoccupazione, ansia, instabilità di umore, e poi insonnia, difficoltà di concentrazione e mal di testa. Problemi, rischi e implicazioni di cui solo una persona su 2 però pare essere consapevole. Dunque, secondo gli esperti, serve maggiore informazione e prevenzione, orientata in più direzioni: da un lato una sensibilizzazione verso il problema rumore dei cittadini, specie i giovani, sui rischi dell’esposizione al rumore, sulla tipologia di suoni che possono danneggiare l’udito e sui sintomi correlati al trauma acustico. Consapevolezza che consentirà di adottare sia norme di prevenzione individuali, come l’impiego di doppi vetri, l’uso di cuffie professionali  o di device con livelli di uscita sonora limitati e dall’altro istituzionali, con la riduzione dei decibel consentiti nei locali pubblici o la strutturazione di barriere antisuono. E terapeuticamente parlando? Ai primi segnali di perdita di udito è bene sottoporsi a un esame audiometrico che, laddove necessario, consentirà di intervenire con soluzioni acustiche in casi sia di sofferenza medio-intensa e/o grave, ma anche medio-lieve. «Sono molti i progressi compiuti in ambito di diagnosi e gestione dei disturbi uditivi – conclude Roberto Albera, Professore Ordinario di Otorinolaringoaitria, Università degli Studi di Torino – connessi all’esposizione al rumore.  La tecnologia digitale dei moderni apparecchi acustici ha permesso di superare i problemi che un tempo rendevano difficile percepire e differenziare segnali vocali e rumori, ma molto c’è da fare per ridurre lo stigma che caratterizza ancora questi dispositivi». Un limite che, spesso, non significa isolamento acustico, per chi lo vive, ma soprattutto sociale.   (Francesca Morelli)