Continuano i timori per le donne in dolce attesa residenti in Brasile e nel subcontinente americano, ma anche per le future mamma che, per qualsiasi ragione, abbiano soggiornato in quelle terre, più esposte al rischio di contrarre il virus Zika trasmesso dalla puntura della zanzara Aedes, responsabile anche dello sviluppo di altre serie malattie infettive quali la dengue e chikungunya, e causa di possibili gravi malformazioni al feto: prima fra tutte la microcefalia. Una infezione, quella del virus Zika, subdola perché assomiglia ad una sindrome influenzale lieve, con febbre, rash cutanei, dolori articolari e congiuntivite della durata di alcuni giorni, senza alcuna necessità di ricovero ospedaliero, le cui implicazioni vengono scoperte durante i mesi di gestazione o alla nascita dei bebè. Così, dopo il primo caso di infezione conclamato in Brasile nel maggio del 2015, le successive segnalazioni di sindrome di Guillain-Barre e di neonati con problemi di vario genere e la recente diffusione esponenziale della zanzara, i Centers for Disease Control and Prevention (Cdc) europei e l’American Academy of Pediatrics hanno messo in guardia i viaggiatori diretti nelle zone a rischio ed hanno diffuso e pubblicato sul bollettino Morbidity and Mortality Weekly Report, le linee-guida preliminari per la valutazione e la gestione dei neonati con possibile infezione congenita. Ovvero i piccoli con microcefalia o calcificazioni intracraniche osservate in fase prenatale o alla nascita, e i nati da madri positive al test per l’infezione da Zika o con test virologici dubbi.
Le linee guida raccomandano di cercare nel siero l’Rrn virale, l’immunoglobulina M (IgM) del virus Zika e del virus della dengue, con i rispettivi anticorpi, effettuando il prelievo sul cordone ombelicale o direttamente sul neonato, entro (se possibile) due giorni dalla nascita. Le stesse ricerche anticorpali e virali potrebbero essere eventualmente fatte anche sul fluido cerebrospinale, se prelevato per altre ragioni. I casi di positività o sospetti ai test devono essere segnalati e notificati all’istituzione centrale preposta, anche perché ad oggi, dicono gli esperti, non sono disponibili trattamenti antivirali specifici, né vaccini per l’infezione da virus Zika. Cosa significa in buona sostanza? Che le terapie attuate possono essere solo di supporto al virus Zika e che dovranno essere affiancate da trattamenti specifici per i possibili problemi neurologici evidenziati alla nascita. Almeno fino a che non verranno ‘scoperte’ terapie efficaci e identificati i migliori servizi necessari ai piccoli colpiti da virus. (Francesca Morelli)