Più attenzione alle donne con emicrania: ecco i centri di cura dedicati

«Ho preso consapevolezza e non la odio più, ne soffro dalla nascita. Non ricordo un giorno vissuto senza emicrania. Ho imparato ad accettare il mio mal di testa, ad assecondarlo, a saperlo gestire per non farlo arrabbiare di più». A parlare è Lara Merighi, coordinatore nazionale Al.Ce – Alleanza Cefalalgici, portavoce di tanti, come lei, che soffrono di cefalea: un esercito, in prevalenza di donne. Oltre 4 milioni di donne, dalla pubertà alla menopausa, su un totale di 6 milioni di cefalalgici, soffrono in Italia di emicrania. Peggiore rispetto all’uomo: attacchi più frequenti, sintomatologia più severa, minore qualità della vita, limitazioni importanti alla quotidianità, su cui pesano anche alcune implicazioni al trattamento, in caso di gravidanza e allattamento o di PMA (Procreazione Medicalmente Assistita), di contraccezione, dove la terapia va accuratamente selezionata e gestita. Eppure, nonostante sia una patologia neurologica a tutti gli effetti, l’emicrania continua ad essere sottostimata, sottovalutata, “invisibile”. Agli occhi di chi non è emicranico e non sa cosa voglia dire convivere con i suoi sintomi debilitanti, alle istituzioni che non hanno riconosciuto ancora del tutto l’emicrania come patologia cronica invalidante (dopo l’approvazione da parte del Senato nel luglio 2020, i decreti attuativi che dovevano diventare effettivi entro 180 giorni ancora latitano), al territorio che soddisfa solo in parte i bisogni delle donne emicraniche. Sono pochi i Centri Cefalee, virtuosi, distribuiti sul territorio: un totale di sole 143 strutture iperspecializzate, in grado di offrire percorsi mirati in relazione alle diverse fasi del ciclo riproduttivo femminile e a specifici contesti. Centri che sono stati identificati da una attenta mappatura sul territorio, attuata da Fondazione Onda, Osservatorio nazionale sulla salute della donna e di genere, con il patrocinio delle principali Società scientifiche e Associazioni di pazienti. L’iniziativa nasce, innanzitutto, da una esigenza epidemiologica: l’emicrania, infatti, è largamente diffusa. Secondo studi di letteratura interessa il 14% di donne nel mondo, ma la percentuale sale al 27% nella quarta e quinta decade di vita, il periodo di maggiore produttività lavorativa e sociale, ma anche il più a rischio per l’emicrania. «I Centri mappati da Nord a Sud – dichiara Francesca Merzagora, Presidente di Fondazione Onda – rispondono a specifiche “credenzialità al femminile”, hanno percorsi di diagnosi e cura dell’emicrania dedicati, la multidisciplinarità delle competenze, la garanzia di un protocollo per la gestione dell’emicrania mestruale, un servizio counselling contraccettivo rivolto alla paziente con emicrania o di supporto per la paziente con emicrania che avvia un percorso di procreazione medicalmente assistita (PMA), una presa in carico della paziente con emicrania in gravidanza e allattamento, il sostegno psicologico, la promozione di attività di ricerca sull’emicrania nelle diverse fasi di vita della donna e molto altro, sempre nell’ottica della gestione di questa malattia al femminile nelle varie fasi della vita».

Le cure oggi ci sono, innovative, sempre più efficaci e con minori effetti collaterali: dagli anticorpi monoclonali alle molecole che agiscono sul recettore GABA implicato nel dolore, inibendone l’attività e molte altre terapie, modulabili e differenziabili a seconda dell’età della donna e della necessità attuale. «L’emicrania – spiega Grazia Sances, Responsabile U.O. diagnosi e cura delle cefalee, Fondazione Istituto Nazionale Mondino, Pavia – resta una problematica ancora sottodiagnosticata e sottotrattata. Una diagnosi corretta e una presa in carico tempestiva dell’emicrania, permette di differenziare la tipologia del disturbo dalle molteplici sfaccettature e di avviare la donna a un percorso terapeutico affinché l’emicrania non diventi una condizione disabilitante». Tali percorsi sono garantiti e lo dovrebbero essere in tutti i Centri Cefalee di terzo livello, a cui è corretto rivolgersi indipendentemente dal numero di attacchi, quando questi diventano altamente invalidanti, dove potere ricevere adeguati trattamenti farmacologici e non, come l’agopuntura che si è dimostrata efficace nella profilassi dell’emicrania, con benefici anche superiori rispetto ad approcci più tradizionali, o le tecniche di rilassamento, la mindfulness che aiuta a prendere consapevolezza di sé e del problema per saperlo meglio gestirle. «Fatevi mettere per iscritto qualunque altra proposta di cura “alternativa”: molte sono costose e non scientificamente comprovate», raccomanda Piero Barbanti, Presidente AIC (Associazione Italiana per la Lotta contro le Cefalee) e Presidente ANIRCEF (Associazione Neurologica Italiana per la Ricerca sulle Cefalee). «Il paziente cefalalgico non deve pagare anche uno scotto economico importante, oltre a quello del dolore che si porta dietro». «La donna emicranica – aggiunge Giovanni Battista Allais, Responsabile Centro Cefalee della Donna, Dipartimento di Scienze Chirurgiche, Università degli Studi di Torino – necessita di attenzioni clinico-terapeutiche specifiche nelle varie fasi del ciclo riproduttivo, soprattutto in momenti particolari come gravidanza e allattamento, che limitano sensibilmente l’uso delle terapie, il ciclo mestruale a cui si associa l’emicrania da ciclo, la contraccezione che in caso di emicrania con aura vieta l’uso di pillole estroprogestiniche a favore di quelle solo progestiniche, PMA, perimenopausa e menopausa, in cui l’emicrania può rispettivamente peggiorare e migliorare, valutando quindi il percorso terapeutico del caso».

La terapia va supportata anche da uno stile di vita corretto, ad esempio con una alimentazione mediterranea che ha un effetto antinfiammatorio sull’emicrania, evitando gli zuccheri che invece provocano infiammazione, rendendo più doloroso l’attacco, ma anche il digiuno che può stimolarne l’insorgenza. E tra i consigli pratici, possono essere efficaci l’uso del ghiaccio per sedare il dolore, posto sulla zona critica o bere caffè: entrambi producono vasodilatazione. «E soprattutto – suggerisce Barbanti – fate un pallino sul calendario all’arrivo degli attacchi: questo aiuta il paziente a gestire meglio l’emicrania e il medico a modulare un’ adeguata ed efficace terapia».

Cosa manca dunque? I decreti attuativi. «La comunità scientifica – afferma Paolo Calabresi, Presidente SISC (Società Italiana per lo Studio delle Cefalee) – chiede una rapida definizione dei decreti attuativi della legge 81/2020, per la cui definizione sarà necessaria l’istituzione di un tavolo di lavoro condiviso con la comunità scientifica che tenga conto sia della fattibilità che della sostenibilità economica». «Fondamentale è partire dalle necessità del paziente – prosegue Paola Pisanti, Consulente del Ministero della Salute per le patologie croniche – dalle criticità o carenze per adottare iniziative, con l’utilizzo di PDTA che tengano conto dei livelli di intervento riportati anche nelle linee guida e nella realtà operative delle varie Regioni». Sulla carta sono già pronti i nuclei operativi di lavoro, impantanati però in assenza del decreto attuativo della legge-tutela del paziente con emicrania. Per conoscere i Centri Cefalee sul territorio clicca qui.

di Francesca Morelli

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