“Un Ciak per la vita” in favore delle vaccinazioni

È cronaca di questi giorni: tre casi di meningite in Toscana, di cui una donna di 64 anni morta a causa dello pneumococco all’ospedale di Livorno, un’altra ricoverata con infezione da meningococco C e un bimbo di 8 anni, anche lui di Livorno, sotto osservazione all’Ospedale Meyer di Firenze. Ancora una volta si parla del rischio di avere una malattia infettiva che con la vaccinazione sarebbe scongiurato o quanto meno attenuato. È di questi giorni anche la decisione dell’Emilia Romagna, prima in Italia, di ripristinare l’obbligo del certificato vaccinale per l’ammissione dei bambini all’asilo nido.

Per promuovere l’importanza delle vaccinazioni, è stato presentato a Roma il progetto “Un Ciak per la vita”, con la diffusione dei due video vincitori (#graziemammaepapà di Michele Marchi e Francesco De Giorgi e La famiglia di Zeni Febo), pubblicati sul sito: www.vaccinarsi.org. L’iniziativa è promossa dalla Società Italiana di Igiene, Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (SItI), in collaborazione con la Fondazione Centro Sperimentale di Cinematografia (sede Lombardia) e il contributo di Sanofi Pasteur MSD.

In occasione dell’evento di presentazione abbiamo intervistato la professoressa Rosa Cristina Coppola, ordinario di Igiene e coordinatore del Comitato scientifico della Società di Igiene e Medicina Preventiva e Sanità Pubblica (www.societaitalianaigiene.org).

Qual è il valore delle vaccinazioni per la salute dei cittadini?
«La vaccinazione è uno strumento di protezione della salute per l’individuo e per la comunità da gravi malattie infettive, alcune delle quali pressoché scomparse dal nostro Paese, come il vaiolo, la poliomielite, la difterite. A causa dell’abbassamento delle coperture vaccinali, dovuto alla mancata adesione individuale alle vaccinazioni, alcune infezioni potrebbero ripresentarsi, mettendo in pericolo la salute collettiva. Proprio per questa duplice valenza, individuale e collettiva, la pratica vaccinale va concepita non solo come diritto, ma anche come dovere».

Perché, a suo parere, c’è questo calo di copertura vaccinale?
«Le raccomandazioni del Ministero della Salute prevedono una copertura del 95%, per lo meno sulle vaccinazioni obbligatorie (polio, difterite, tetano, epatite B). Purtroppo oggi abbiamo raggiunto valori intorno al 92-93%, per non parlare dell’85% del vaccino contro il morbillo. Il dibattito diffuso sul web ha dato voce a timori e diffidenze che si trasmettono rapidamente e possono influenzare le scelte vaccinali dei genitori. Si è evidenziato, soprattutto negli ultimi 10 anni, che alcune mamme indugiano prima di decidere di vaccinare i figli, aspettando talvolta anni. Purtroppo però questo calo delle adesione vaccinali o i ritardi nelle schedule vaccinali raccomandate, rischiano di compromettere l’immunità della popolazione raggiunta con strategie vaccinali consolidate e di riportare alla luce malattie un tempo debellate, con rilevanti ripercussioni sulla salute pubblica».

Perché il calo delle vaccinazioni rappresenta un pericolo non solo per l’individuo non vaccinato, ma anche per le persone che lo circondano?
«Il rilevante calo delle coperture vaccinali al quale stiamo assistendo negli ultimi anni è un fenomeno pericolosissimo, poiché la vaccinazione protegge tutta la popolazione, incluse le categorie di soggetti più deboli: anziani, bambini, soggetti immunodepressi, ovvero tutti coloro che per diversi motivi non possono essere sottoposti a vaccinazione. Se diminuisce l’adesione alla vaccinazione nei soggetti che possono vaccinarsi, viene progressivamente meno l’effetto protettivo che ricade su tutta la popolazione, la cosiddetta “immunità di gregge” in grado di proteggere l’intera popolazione, inclusi i soggetti più fragili. L’immunità di gregge fa sì che il singolo individuo non immune o le persone non vaccinate a causa di altre patologie, siano comunque protette dagli agenti patogeni. Esempi di “immunità di gregge” sono quelli ottenuti con la vaccinazione di massa contro la difterite, attiva dal 1939, che ha “coperto” decine di generazioni di individui vaccinati, portando alla creazione di un muro di protezione nei confronti dell’agente patogeno che ne è la causa, o quelli ottenuti a seguito della vaccinazione contro la poliomielite introdotta agli inizi degli anni ‘60. Se l’adesione alle vaccinazioni diminuisce, cala anche la protezione offerta dall’immunità di gregge e tutta la comunità diventa più debole nei confronti di agenti patogeni verso i quali abbiamo maturato un’immunità consolidata negli anni».

Perché è importante che l’informazione sulle vaccinazioni sia puntuale, corretta e attendibile?
«Un’informazione corretta su questi temi è fondamentale: solo attraverso articoli o notizie scientificamente validate potremo far capire l’importanza dell’intero processo vaccinale e far comprendere alla popolazione il significato e il valore in termini di benefici e di effetti avversi, trascurabili rispetto alla malattia. Dobbiamo far crescere la consapevolezza di quanto sia opportuno vaccinarsi a vantaggio di se stessi e di tutta la comunità. Ognuno di noi deve pensare alla propria salute, ma anche a quella delle persone che incontra ogni giorno, che viene protetta quando ci vacciniamo. Tutto questo presuppone che i cittadini siano correttamente informati ed educati. La corretta informazione è la migliore barriera contro false ideologie e contro le bufale che si diffondono soprattutto sul web. Per questo è importante cominciare a creare una cultura della vaccinazione partendo proprio dai giovani che un giorno diventeranno genitori. In particolare sarei dell’idea di informare le future mamme, poco prima della nascita dei loro figli. Si tratta infatti di un periodo in cui la donna è molto recettiva. A Cagliari abbiamo avviato un progetto pilota, inserendo nei corsi pre-parto alcune lezioni sull’importanza della vaccinazione. Questo intervento potrebbe essere adottato in altre realtà come strumento di corretta informazione e quindi divenire un presupposto per una futura consapevole adesione alle vaccinazioni nei neonati».

A proposito di donne in gravidanza, molti sono ancora i tabù sui rischi delle vaccinazioni. Quali sono raccomandate?
«Sono da sfatare senza dubbio le paure legate alla vaccinazione antinfluenzale: il Ministero la raccomanda anche in gravidanza per evitare ulteriori complicanze di salute per la mamma e rischi al feto. In particolare deve essere praticata dalle donne con problematiche cardiovascolari, disfunzioni respiratorie e in presenza di diabete. La si consiglia anche alle donne forti fumatrici. Di fondamentale importanza è l’immunità nei confronti del virus della rosolia che la donna deve avere acquisito prima di iniziare una gravidanza, per scongiurare il rischio della gravissima sindrome da rosolia nel neonato, nel caso in cui la donna gravida contragga l’infezione nel primo trimestre di gravidanza. Se la donna non risulta immune alla rosolia prima dell’inizio della gravidanza può sottoporsi alla vaccinazione, con indicazione di non iniziare la gravidanza prima di 1/3 mesi».

di Paola Trombetta

I VIDEO VINCITORI DEL CONCORSO:
 

SÌ ALL’ANTI-VARICELLA UNIVERSALE

Quasi una diagnosi al minuto: questo il peso della varicella sulle famiglie italiane. Mentre basterebbe una vaccinazione per mettere al sicuro i nuovi nati e proteggere circa 20 mila bambini a rischio, destinati ad andare incontro a complicanze anche gravi che richiedono l’ospedalizzazione. «In Italia – dichiara Giovanni Gabutti, professore ordinario di Igiene e medicina preventiva all’Università degli Studi di Ferrara – sono ancora circa il 3-5% le varicelle complicate da manifestazioni serie, quali sovra-infezioni cutanee o di tipo infettivo come polmoniti, otiti, infezioni batteriche associate, fino a meningo-encefaliti». Trasmissibile attraverso goccioline di vapore acqueo che escono dalla bocca o con il contatto diretto con le lesioni, la varicella ha una incubazione variabile dai 14-16 giorni fino ai 28 giorni nel caso di soggetti a cui sono state iniettate in precedenza immunoglobuline specifiche, è tutt’altro che una malattia infettiva banale, meritevole dunque di una prevenzione, possibile con un vaccino consigliato “universalmente” nell’infanzia. «Oggi è disponibile un vaccino monovalente – continua il professore – somministrabile dopo il primo anno di vita e utilizzabile anche per la profilassi post-esposizione entro 72 ore dal contatto, e un vaccino quadrivalente che protegge da morbillo-parotite-rosolia-varicella, indicato a partire dagli 11 mesi fino ai 12 anni di età compresi. Entrambi i vaccini richiedono due dosi a un intervallo compreso tra 6 settimane e 3 mesi di distanza l’una dall’altra». Con un’efficacia garantita: infatti l’avvio di una campagna vaccinale in alcune regioni virtuose (Sicilia, Puglia, Toscana, Veneto Basilicata, Calabria, Friuli Venezia Giulia, Sardegna e più recentemente Liguria, Campania e Marche), ha consentito una riduzione dei tassi di malattia dall’1,1/1000 allo 0,1/1000 con ricadute positive su varicelle meno complicate e la riduzione di circa 50 milioni di euro l’anno sulla spesa pubblica. Vaccinare i piccoli su larga scala significa anche favorire “l’immunità di gregge”, ovvero la protezione di soggetti non vaccinabili e/o della popolazione adulta dove le manifestazioni della varicella sono spesso più gravi: «Il virus contratto da grandi – aggiunge Susanna Esposito, Professore di Pediatria al Policlinico dell’Università degli Studi di Milano e Presidente dell’Associazione Mondiale per le Malattie Infettive e i Disordini Immunologici (Waidid) – si associa a un tasso più elevato di morbosità e mortalità, ma anche allo sviluppo di Herpes Zoster (Fuoco di sant’Antonio) con conseguenze pesanti soprattutto nella donna in gravidanza. Se contratto nel terzo trimestre di gravidanza o tra l’8ª e la 20ª settimana, espone infatti il feto al rischio di sindrome della varicella congenita fino a un possibile exitus, se la malattia nella mamma si sviluppa nei 5 giorni precedenti o nei 2 giorni successivi al parto». In funzione delle implicazioni della malattia e dei benefici derivanti dalla vaccinazione universale, è auspicabile che possa rientrare nel nuovo Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, la cui approvazione è attesa a giorni.

F.M.

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