DISTURBI DELLA TIROIDE: SOTTOSTIMATI NEI BAMBINI

Antonella vive in provincia di Chieti ed è mamma di due gemelline di 13 anni. Soffre di ipotiroidismo. L’ha scoperto per puro caso, solo dopo aver accertato che anche le sue due bimbe ne soffrono. «Non avevo avuto nessun sospetto – dice Antonella – le bimbe erano normali per me: sportive, attive e vivaci quanto basta. Forse solo un po’ asteniche. È successo tutto nel corso di una visita di routine. Maria Vittoria, una delle gemelline, doveva curare un semplice mal di gola. Durante la visita, il medico si era insospettito del suo peso. Troppo tondetta, secondo lui. Inoltre, la crescita della peluria sembrava troppo precoce». Per Antonella era il normale ciclo evolutivo. Per il medico, pubertà precoce, legata a una disfunzione tiroidea. «Dopo uno screening approfondito, con esami del sangue, ormonali ed ecografie – prosegue Antonella – arrivò la diagnosi: ipotiroidismo. Stessa diagnosi, a distanza di due anni, è toccata ad Eleonora, l’altra gemella. E infine a me. All’inizio la malattia, monitorata costantemente, veniva gestita con un regime alimentare più corretto e più ricco di sale iodato, fino a che non si è dovuti ricorrere alla somministrazione dell’ormone sostitutivo. Adesso le bimbe stanno bene e crescono normalmente. Forse nel nostro caso, una certa familiarità ha inciso, ma la causa è ancora sconosciuta».

Nei bambini, il rallentamento della crescita staturale o le alterazioni del ciclo mestruale o, ancora, sintomi quali stanchezza, sonnolenza, ipersonnia, bradicardia o tachicardia, irritabilità e disturbi dell’umore, stipsi – sono spesso attributi alla giovane età, alla crescita o allo stress scolastico. In realtà, sono anche i segni delle più comuni malattie della tiroide, a cui un genitore deve prestare attenzione.

Un bambino su tre, infatti, riceve la diagnosi corretta con 12-24 mesi di ritardo. Un gap da colmare – secondo la Società Europea di Endocrinologia Pediatrica – perché queste patologie, sottostimate, colpiscono la popolazione infantile, con una marcata preferenza per le femmine. Il picco dell’insorgenza avviene intorno alla seconda infanzia, verso i 12 anni, complice l’interferenza della maturazione sessuale, quando alla ghiandola tiroidea si richiede un 30% in più della propria attività, anche a causa dello sviluppo degli ormoni sessuali estrogeni e testosterone.

«Le due patologie tiroidee più frequenti sono la tiroidite di Hashimoto, disturbo su base autoimmune, che consiste nella formazione di anticorpi contro la tiroide e forme cliniche che vedono l’insorgenza di ipotiroidismo e in alcuni casi si può manifestare con ipertiroidismo – spiega il Professor Francesco Chiarelli, Direttore della Clinica Pediatrica dell’Università di Chieti  e Presidente della Società Europea di Endocrinologia Pediatrica (ESPE) – disturbi che presentano un certo grado di comorbidità con patologie come il diabete di tipo 1 e la celiachia.

Ai primi segnali, anche più sfumati, si può approfondire la questione. «È opportuno – prosegue Chiarelli – un semplice dosaggio ormonale da effettuare su un campione di sangue».

La terapia esiste per fortuna e, in generale: per le forme di ipotiroidismo, si ricorre a una supplementazione di ormone di facile somministrazione, mentre per le forme di iperfunzione della tiroide si ricorre a farmaci anti-tiroidei come il metimazolo. Rimane comunque sempre opportuna una supplementazione di iodio attraverso il consumo di sale iodato nella popolazione generale. Basti pensare che in moltissime zone del nostro Paese – dalle pendici dell’Etna alle valli Prealpine sino alle zone appenniniche dell’Italia Centrale – sono presenti sacche endemiche di carenza di iodio ed ipotiroidismo.

Diversi sono invece i casi di disturbi congeniti. In Italia lo screening su tutta la popolazione neonatale è in vigore dai primi anni ’70. Su circa 500 mila bambini nati ogni anno, circa 300 ricevono diagnosi di patologie congenite alla nascita e sono trattati tempestivamente entro due settimane. Grazie allo screening neonatale di massa c’è il completo controllo di questi disturbi (che in passato determinavano conseguenze sia sullo sviluppo cognitivo e mentale sia sull’accrescimento della statura).

L’inizio del trattamento (che consiste nella somministrazione di L-tiroxina) permette uno sviluppo normale di questi bambini anche se sono necessari controlli periodici. Ogni mese, per i primi 12 mesi di età e, ogni 3-6 mesi, allo scopo di dosare correttamente la terapia sulla base dei valori di FT4 e TSH.

 

di Lara Luciano

Articoli correlati