PILLOLA CONTRACCETTIVA: BASSI I RISCHI DI TROMBOEMBOLIA

Sembra (quasi del tutto) scongiurato, per le moltissime donne che fanno uso della pillola contraccettiva, lo spettro di incorrere in un aumentato rischio di tromboembolia venosa (TEV). La conferma arriva dal Comitato di valutazione dei rischi per la Farmacovigilanza (PRAC) dell’Agenzia del Farmaco Europea (EMA) dopo una attenta valutazione degli studi in letteratura sull’argomento. La notizia fa desumere che i benefici della pillola, a salvaguardia di gravidanze indesiderate, siano molto superiori al suo pericolo di assunzione, consentendo (da oggi) alle donne che lo hanno sempre fatto di continuare ad assumerla con una tranquillità che ha una base scientifica. Tuttavia, anche se in percentuali piuttosto basse, il rischio di incorrere in una possibile TEV per 5-12 donne ogni 10 mila permane. E di questo, dicono gli esperti, le donne vanno comunque informate. «Quando si utilizza un farmaco il rischio non è mai zero – spiega Rossella Nappi, professore di ostetricia e ginecologia dell’Università di Pavia- Policlinico San Matteo – e questo vale anche per la contraccezione ormonale. Ma la notizia dell’EMA è rassicurante e sottolinea che il rischio di TEV è bassissimo nella donna sana e quanto sia importante discutere con il medico la scelta sulla tipologia di pillola più opportuna in base al proprio profilo individuale».

Un’attenzione particolare, infatti, va attuata in caso di familiarità o in presenza di altri fattori – quali l’età, l’abitudine al fumo, il sovrappeso, episodi più o meno frequenti di emicrania – che ne possono aumentare le probabilità di insorgenza. Accorgersi però che qualcosa non va è possibile: in condizioni a più alto rischio, occorre fare attenzione ad alcuni campanelli di allarme, precursori della TEV. Non vanno trascurati forti dolori e/o il gonfiore alle gambe, un improvviso o immotivato affanno, la respirazione accelerata o la comparsa di tosse, dolori al petto e una debolezza localizzata alle gambe, alle braccia o al volto. «La pillola, ad eccezione della TEV – continua la professoressa Nappi – non ha altri rischi aggiuntivi se non, talvolta, l’insorgenza di cefalea, tensione mammaria, gonfiore, rialzo del colesterolo e dei trigliceridi che possono insorgere a seconda della sensibilità individuale della donna o della formulazione della pillola. Se a basso dosaggio questi eventi sono molto rari». Anche le probabilità di TEV dipendono molto dal principio attivo della compressa che ne può anche far variare il livello di rischio: ai contraccettivi a base di levonogestrel, norgestimate e noretisterone sono associati i più bassi pericoli di evento negativo (in questo gruppo farmacologico si sono registrati tra i 5 e i 7 episodi di TEV ogni 10 mila donne); le percentuali aumentano, invece, in caso di progestinici con etonogestrel e noregestromin (dai 6 ai 12 casi) mentre i picchi più alti si hanno fra le pillole contenenti gestodene, desogestrel e drospirenone (dai 9 ai 12 eventi). Per i restanti contraccettivi oggi in commercio (clormadinone, dienogest e nomegestrol) i dati disponibili in letteratura non sono sufficienti per esprimere un eventuale effettivo o possibile rischio. Quest’ultimo, naturalmente, si azzera quasi del tutto (o diviene molto raro) in donne che non fanno uso della pillola: 2 sole probabilità ogni 10 mila.

E per la tromboembolia arteriosa? Anche su questo effetto collaterale si sono focalizzate indagini e verifiche, e le notizie sono buone. Non vi è infatti alcuna evidenza scientifica che attesti una correlazione fra l’uso del contraccettivo estrogenico e l’aumentato rischio di questo evento avverso. Sono invece esenti dal rischio di tromboembolia la pillola del giorno dopo o dei 5 giorni dopo, perché solo a base di progesterone.

Dunque, qual è la corretta indicazione all’uso della pillola? «La pillola ha come prima indicazione la contraccezione ormonale sicura per la prevenzione responsabile delle gravidanze indesiderate – conclude la professoressa Nappi. Spesso però è utilizzata anche a fini terapeutici per regolarizzare il ciclo mestruale, ridurre acne, peluria superflua, curare le cisti ovariche, l’endometriosi, la sindrome dell’ovaio policistico e prevenire i tumori dell’ovaio e dell’endometrio in donne predisposte».

di Francesca Morelli

 

TEST DI GRAVIDANZA PRIMA DELLA PILLOLA DEI 5 GIORNI

Per la prescrizione della nuova contraccezione di emergenza, è obbligatorio il test di gravidanza. Una condotta severa e discriminante per le donne italiane se si pensa che, il nostro, è l’unico fra i 61 paesi in cui la vendita è stata autorizzata a essere assoggettato a questa “certificazione” da parte del medico. Ma, questo, sembra essere solo uno dei tanti problemi correlati allo stick e alla sua disponibilità, che non è fornito dalle strutture in cui invece dovrebbe essere garantito, con il rischio che la pillola dei 5 giorni dopo perda in efficacia per “decorrenza dei tempi”. Ad attestarlo è un’indagine condotta da Datanalysis, in 200 consultori e 100 Pronto soccorsi -DEA presenti su tutto il territorio nazionale, che ha messo in luce che quasi quattro consultori su 5 non forniscono gli stick, con criticità maggiori in strutture del Sud o dei Pronto soccorsi. Una realtà inaccettabile, in relazione alla funzione della contraccezione di emergenza. «La contraccezione d’emergenza – dichiara Francesca Merzagora, presidente dell’Osservatorio Nazionale sulla Salute della Donna – è l’ultimo baluardo per scongiurare il rischio di dover ricorrere a un’interruzione volontaria di gravidanza (IVG) che, oltre a essere un’esperienza estremamente dolorosa per la donna, risulta un fallimento delle politiche di prevenzione e pianificazione della salute sessuale e riproduttiva». Ancora oggi, anche nei Paesi occidentali, più di un terzo delle gravidanze risultano indesiderate e circa la metà si concludono con il ricorso all’IVG.. Un’opinione che trova concordi anche gli specialisti che esprimono parere negativo sul test di gravidanza obbligatorio. «Diviene inappropriato – aggiunge la Professoressa Rossella Nappi, ginecologa, endocrinologa e sessuologa all’Università di Pavia e Past President dell’International society for the study of women’s sexual health (ISSWSH) – se le strutture deputate, per varie cause, non sono in grado di eseguirlo prontamente con il risultato che aumenta l’inaccessibilità o comunque il ritardo a una contraccezione d’emergenza più efficace, che nelle prime 24 ore dal rapporto non protetto riduce di ben 2/3 il rischio di gravidanza indesiderata e lo dimezza nel caso di assunzione nei primissimi giorni fino a 72 ore». La soluzione sembra dunque quella di rimuovere tutti gli impedimenti che non rendono questa sicurezza possibile. «Occorre evitare che l’accesso al farmaco si trasformi in una lunga maratona densa di ostacoli – conclude Daniela Colombo, presidente di Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo) – o che molte donne, specie se giovani, possano trovarsi in difficoltà di fronte a situazioni critiche. Auspichiamo, dunque che gli organismi regolatori nazionali correggano questa anomalia del test obbligatorio, uniformando i criteri prescrittivi al resto d’Europa. Perché la prevenzione contraccettiva è un obiettivo importante di salute pubblica, a cui tutti dobbiamo collaborare».

(Francesca Morelli)

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