LA FERTILITA’ SI PRESERVA FIN DA GIOVANI

«Mi è stato diagnosticato un tumore ai testicoli quando avevo 25 anni. Il mio primo pensiero non è stata la paura di morire, quanto il rischio di compromettere per sempre la fertilità». Così Fabio ricorda la terribile diagnosi, che lo ha convinto a conservare i gameti per preservare la fertilità, che sarebbe stata compromessa dall’intervento chirurgico e dalla chemioterapia a cui stava andando incontro. «L’oncologo mi aveva parlato della banca del seme, presso il Dipartimento di Medicina sperimentale dell’Università “Sapienza” di Roma. Lì ho deciso di conservare il mio liquido seminale e questa decisione mi ha ridato fiducia nella vita! Ho superato le difficoltà della malattia e ora, dopo 5 anni dall’intervento e dalle cure, sono considerato clinicamente guarito e, con mia moglie, stiamo iniziando un percorso di procreazione assistita per avere un figlio. Certamente, se non avessi conservato il liquido seminale, le probabilità di diventare padre sarebbero state praticamente nulle».

Come Fabio sono tanti i giovani che si trovano nelle condizioni di dover pensare di conservare la propria fertilità, minata da patologie come il tumore ai testicoli, il più diffuso nei maschi tra 20 e 40 anni (10 casi su 100 mila), che rappresenta il 5-10% di tutti i tumori dell’apparato uro-genitale maschile, ma anche altre forme come le leucemie e i linfomi di Hodgkin che richiedono chemioterapie devastanti per le cellule germinali, come pure patologie infettive, urologiche, genetiche, che possono compromettere la spermatogenesi.

Per incoraggiare questi giovani a preservare la propria fertilità, ma anche per informare tutti i ragazzi sui rischi di queste patologie e sulla loro prevenzione, è partito il Progetto “Accademia della Fertilità”, promosso dal Dipartimento di Fisiopatologia medica dell’Università “Sapienza” di Roma, in collaborazione con il Ministero della Salute. In che cosa consiste? «Innanzitutto vogliamo informare ed educare i giovani sulla propria “salute riproduttiva”, avvalendoci anche degli organi d’informazione scientifica e dei mass media, per veicolare le notizie, diffondendo opuscoli informativi nelle università e presso gli ambulatori», risponde il professor Andrea Lenzi, direttore del Dipartimento di Fisiopatologia medica ed Endocrinologica dell’Università “Sapienza” di Roma, promotore dell’iniziativa. «In particolare abbiamo realizzato un’indagine, che rientra nel Progetto nazionale “Amico Andrologo” (www.amicoandrologo.it), su 10 mila ragazzi dai 18 ai 22 anni in otto regioni italiane, 4 mila dei quali si sono sottoposti volontariamente a una visita andrologica, per valutare le abitudini “sessuali” e gli stili di vita». Quali i risultati? «Il 48,3% dei ragazzi ha dichiarato di non usare alcuna protezione durante i rapporti e il 59% nessuna precauzione per evitare una gravidanza alla partner», spiega il dottor Andrea Isidori, ricercatore presso il Dipartimento di Endocrinologia e coordinatore del Progetto. «In un terzo dei giovani (34,6%) abbiamo riscontrato alterazioni ai genitali di vario genere (soprattutto varicocele e fimosi) che potrebbero mettere a rischio la salute riproduttiva, ma solo l’11,6% è ricorso ad accertamenti medici. Quanto a stili di vita, alcol (l’80% beve e il 30% ne abusa), fumo (il 56% fuma in modo occasionale, il 38% in modo abituale, il 30% più di 10 sigarette al giorno) e droghe (le ha provate il 50% dei giovani intervistati) sono abitudini radicate». Cosa si è voluto dimostrare? «Da questa indagine si deduce come uno stile di vita sregolato, durante l’adolescenza, possa influire sulla salute riproduttiva futura e come sia importante l’informazione e la prevenzione nei giovani maschi che, dopo l’abolizione della visita di leva, dovrebbero sottoporsi a una visita di controllo dall’andrologo, per evitare di trovarsi poi in difficoltà riguardo alla salute riproduttiva», commenta il professor Lenzi. «Il 15-20% delle coppie che cercano di avere un figlio, sono infertili e lo scoprono quando è magari troppo tardi per curarsi».

«Oggi le avanzate tecniche di laboratorio consentono, con un semplice spermiogramma, di valutare il numero, la morfologia, la motilità degli spermatozoi, definendo un livello di fertilità o sterilità maschile», conferma la professoressa Loredana Gandini, ordinario di Patologia clinica, del Dipartimento di Fisiopatologia medica e Endocrinologia dell’Università “Sapienza”. «Allo stesso modo le tecniche di crioconservazione dei gameti e le banche del seme permettono di conservare gli spermatozoi, nei casi di patologie oncologiche, autoimmuni, degenerative, infezioni urogenitali, lesioni del midollo spinale, interventi chirurgici che possono danneggiare la funzione eiaculatoria e anche nei soggetti che, per motivi di lavoro, sono esposti a sostanze potenzialmente genotossiche. Nella nostra banca il liquido seminale rimane conservato finché il legittimo proprietario non lo richiede: ogni anno però il consenso deve essere rinnovato, altrimenti provvediamo a eliminare il campione. Nei casi di morte del soggetto e solo su autorizzazione della magistratura, possiamo consentire il ritiro da parte di familiari. Finora non abbiamo mai avuto richieste del genere: si tratta, comunque, di una problematica molto delicata e complessa, che è ancor oggi oggetto di valutazione da parte dei magistrati e dei medici coinvolti».

di Paola Trombetta

Articoli correlati