ELENA CATTANEO: UNA VITA PER LE STAMINALI

Dal piccolo laboratorio di trenta metri quadri, all’interno del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università degli Studi di Milano, alle storiche aule di Palazzo Madama, dove Elena Cattaneo è approdata in seguito alla nomina di Senatore a vita del 30 agosto scorso, da parte del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Ha 51 anni la più giovane Senatrice a vita della storia della nostra Repubblica, ed è la terza donna, dopo Camilla Ravera e Rita Levi Montalcini, ad aver conquistato questo prestigioso riconoscimento.

La strada che l’ha condotta a tanto successo è costellata di fatiche e studi continui, ma soprattutto dalla sua grande passione per la ricerca, in particolare per le cellule staminali, che l’ha portata a lavorare per tre anni al Massachusetts Institute of Technology di Boston, sotto la direzione del professor Ron McKay. Tornata in Italia continua le sue ricerche, dedicandosi allo studio della Corea di Huntington, una devastante malattia neurodegenerativa ereditaria. Il ritorno in Italia non è facile, ma il matrimonio con l’architetto Enzo e la nascita della figlia, la inducono a rimanere. Anche perché nel frattempo, il professor Rodolfo Paoletti, responsabile del Dipartimento di Scienze Farmacologiche dell’Università di Milano, le offre la grande opportunità di dirigere un laboratorio (quei famosi trenta metri quadri) e di ottenere un finanziamento dalla Fondazione Telethon per i suoi studi. Da lì il suo decollo verso una brillante carriera di scienziata, con pubblicazioni su importanti riviste, come Science e ambiti premi internazionali per gli studi sulla Corea di Huntington e le cellule staminali. Nel 2006 fonda e dirige il Centro di Ricerche sulle Cellule Staminali (UniStem) dell’Università di Milano. E proprio sulle staminali è intervenuta al dibattito pubblico “Le cellule staminali: dalla scoperta alla cura”, nell’ambito del Festival “Bergamo Scienza” (dal 4 al 20 ottobre), dove Elena Cattaneo è di casa, e non solo come scienziata, essendo nata a Paladina, in provincia di Bergamo.

Quali prospettive di cura possono avere le staminali? Elena Cattaneo risponde a una platea di gente che gremisce il Teatro Sociale di Bergamo Alta. «Non tutte le malattie si possono curare con le staminali. Se esistono, ad esempio, buone possibilità di impiego per la ricostruzione della cornea e per alcune malattie neurodegenerative come la Corea di Huntington e il Parkinson, perché sono causate dalla degenerazione di un ristretto numero di neuroni che si potrebbero sostituire, non altrettanto vale per le altre malattie. Non esistono staminali in grado di “curare tutte le malattie”, ma sono in corso sperimentazioni sul loro utilizzo in alcune patologie. E’ perciò assurdo dare false speranze ai malati, soprattutto se si tratta di bambini». E qui le domande del pubblico vanno immediatamente al “Caso Stamina”…

«La vicenda “Stamina“, come il caso Di Bella, richiedono una profonda riflessione, sia dal punto di vista scientifico che etico», dice Elena Cattaneo. «Non si possono “spacciare” per terapie delle soluzioni fisiologiche dove sono contenute poche cellule staminali, di cui neppure si conosce la provenienza. Le sperimentazioni di nuove terapie devono seguire protocolli ben precisi e devono essere validate da esami di laboratorio, test su animali, non possono essere improvvisate solo per dare un’illusione di speranza ai pazienti. Questo va contro l’etica, oltre che la scienza. Potrebbero anche provocare danni all’organismo, anziché benefici, ma soprattutto possono far soffrire le persone che si aspettano “miracoli” e poi saranno costrette a sopportare le sofferenze di una profonda delusione perché i risultati non ci saranno».

E allora, si chiede alla scienziata, anche nella veste di Senatrice, quali soluzioni prospettare? «Per fortuna è stato bloccato dal Ministero della Salute l’utilizzo di queste terapie negli ospedali pubblici, a garanzia della salute dei cittadini. Personalmente intendo chiedere l’avvio di un’indagine conoscitiva per capire come sia stato possibile permettere che, in una struttura pubblica, venissero somministrate queste sostanze, senza una sperimentazione clinica documentata sulla loro efficacia. E’ assurdo che nel nostro Paese i magistrati, senza competenze in ambito medico, dicano ai medici come devono comportarsi per tutelare la salute dei malati». A essere chiamato in causa è il giudice Amedeo Santosuosso, docente all’Università di Pavia e consigliere presso la Corte d’Appello di Milano, anche lui presente all’incontro di Bergamo Scienza, che risponde. «E’ vero che a volte i giudici affrontano argomenti di cui non sono competenti e ci vorrebbe in proposito una maggiore preparazione anche scientifica, ma in altri casi sono stati i giudici a modificare leggi che avevano molte limitazioni. Un esempio è la Legge 40 sulla fecondazione assistita. Grazie a recenti sentenze, è possibile oggi effettuare la diagnosi pre-impianto dell’embrione, nei casi di malattie genetiche, che la legge non consentiva. Come pure è possibile oggi generare più di tre embrioni e crio-conservarli, a discrezione del medico che valuta lo stato di salute della paziente. Ciò che la legge vieta, ancora oggi, è la fecondazione eterologa e il divieto di utilizzare gli embrioni congelati in sovrannumero per la ricerca». Un argomento, questo, molto “appetibile” per Elena Cattaneo che commenta: «La Legge 40 vieta l’uso degli embrioni congelati e in sovrannumero, magari abbandonati da anni, per scopi di ricerca scientifica. Ma non dice nulla delle cellule embrionali staminali, che si estraggono dagli embrioni, e possono provenire da altri Paesi europei dove la legge ne consente l’utilizzo a scopo di ricerca. Sono una scienziata, ho le mie convinzioni etiche e sono convinta di dover lavorare su queste cellule per trovare una cura per malattie gravi che portano a morte le persone. Per questo abbiamo una rete di rapporti con i nostri colleghi francesi, inglesi, svedesi che ci permettono di utilizzare cellule staminali embrionali che provengono dai loro laboratori, altrimenti la ricerca in Italia rischierebbe di fermarsi, per mancanza di materiale da studiare».

Quali sono le più recenti scoperte sulle staminali? «Una scoperta interessante riguarda le staminali ricavate dai fibroblasti della pelle degli individui adulti», conclude la scienziata: «inserendo alcuni geni prelevati da staminali embrionali, queste cellule della pelle sono in grado di trasformarsi in cellule embrionali “totipotenti” che potrebbero essere poi utilizzate per rigenerare i vari organi e tessuti. In questo caso ciascuno di noi potrebbe disporre di un patrimonio di staminali autologhe, da utilizzare nei casi di malattie. Attenzione, però! L’ipotesi potrebbe essere valida, ma non abbiamo ancora prove sufficienti per capire quali cellule potremmo generare, perché provengono comunque da un individuo adulto e non hanno le caratteristiche delle cellule embrionali vere e proprie. Per questo è necessario essere molto cauti sulle nuove sperimentazioni e affidarle a scienziati competenti e non a persone che si improvvisano scienziati! ».

di Paola Trombetta

Articoli correlati