FIBROMI ALL’UTERO: IN ARRIVO UN NUOVO FARMACO

«Mestruazioni abbondanti e dolorose: i giorni del ciclo sono un incubo e rendono difficile persino la concentrazione sul lavoro», racconta Monica che da diversi anni soffre a causa di un fibroma all’utero dalle dimensioni di tre centimetri. «Mi hanno proposto l’asportazione chirurgica del fibroma, ma non mi decido perché ho il timore che possa compromettere la possibilità di avere un figlio. Ho sentito anche di una nuova terapia, che dovrebbe arrivare in Italia e potrebbe tenere sotto controllo i miei sintomi… Di cosa si tratta?».

Per rispondere a Monica e alle altre donne che soffrono di fibromi uterini (40% della popolazione femminile), abbiamo intervistato la professoressa Nicoletta Biglia, del Dipartimento di Ginecologia Oncologica dell’Ospedale Mauriziano “Umberto I” di Torino.

 

Anzitutto, cosa sono i fibromi e come vengono diagnosticati?

«I fibromi uterini, chiamati anche miomi o leiomiomi, sono i più diffusi tumori benigni dell’apparato genitale femminile che interessano le donne nella fascia d’età tra 35 e 55 anni, e sono causati da un’alterazione dell’equilibrio ormonale. I sintomi sono tipici e a volte molto fastidiosi: mestruazioni abbondanti (menorragie) nel 60% dei casi; dolore durante la mestruazione (dismenorrea) nel 50% dei casi; perdite di sangue tra un ciclo e l’altro (metrorragie) nel 33% dei casi; dolore durante i rapporti (dispareunia) nel 23% dei casi. Per questo hanno un impatto negativo sulla qualità della vita nel 54% delle donne; a risentirne sono soprattutto la vita sessuale (43%), l’attività lavorativa (28%), le relazioni interpersonali (27%). La diagnosi dei fibromi è molto semplice: oltre ai sintomi caratteristici, basta sottoporsi a un’ecografia transvaginale per confermare la presenza e le dimensioni di uno o più fibromi. In questi casi, soprattutto se la donna vuole portare avanti una gravidanza, c’è un maggior rischio di parto prematuro e ricorso al cesareo».

 

Quali soluzioni terapeutiche esistono oggi per curare i fibromi?

«L’eventuale cura riguarda soprattutto i sintomi provocati dai fibromi. Gli estro-progestinici (pillola contraccettiva) possono risolvere la metrorragia e ridurre il flusso mestruale, ma non intervengono sul fibroma. Più utilizzati sono i progestinici da soli che, essendo antagonisti degli estrogeni, controllano meglio non solo i sintomi ma anche la proliferazione del fibroma. La spirale medicata funziona bene sul controllo del sanguinamento. Molto utilizzati sono gli agonisti dell’ormone che favorisce il rilascio di gonadotropine (GnRH): sono in grado di interrompere il ciclo mestruale, inibendo l’ovulazione, e abbassando i livelli di estrogeni e progestinici, con miglioramento dell’anemia e riduzione delle dimensioni del fibroma. L’unico problema è che provocano una sorta di menopausa temporanea, con conseguenti effetti collaterali come vampate, secchezza vaginale, perdita di massa ossea. Un nuovo e promettente farmaco (ulipristal acetato), già in commercio in alcuni Paesi quali Inghilterra, Francia, Germania, il cui arrivo in Italia è previsto per fine anno, agisce sul fibroma bloccandone la proliferazione, in quanto provoca l’apoptosi (morte programmata) dei vasi sanguigni che lo nutrono. Dovrebbe avere l’indicazione per il trattamento pre-chirurgico dei fibromi uterini, ma potrebbe anche ridurre le dimensioni del fibroma stesso tanto da non rendere più necessario l’intervento chirurgico. Si è visto, infatti, che sospendendo il trattamento con ulipristal (compresse quotidiane da 5 o 10 mg), il fibroma non cresce più, a differenza degli agonisti del GnRH (un’iniezione al mese), interrompendo i quali il fibroma ritorna a crescere. Inoltre, questo nuovo farmaco non provoca vampate di calore e, appena si sospende l’assunzione, la donna ritorna fertile e può programmare una gravidanza».

 

In quali casi si deve ricorrere invece alla chirurgia?

«Se il fibroma non risponde a questi trattamenti e i sintomi continuano, soprattutto in presenza di fibromi di grandi dimensioni (superiori a 9 cm) e di fibromi multipli, si può intervenire chirurgicamente, per via laparoscopica (se il fibroma ha dimensioni contenute) o laparotomica (se più voluminoso). Solitamente si pratica un intervento di asportazione parziale, conservando l’utero. In alcuni casi molto selezionati (5%) si pratica l’isterectomia totale, con asportazione di tutto l’utero. Negli Stati Uniti questa pratica chirurgica viene molto utilizzata (29%), anche se non sempre è effettivamente necessaria».

di Paola Trombetta

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