GLI ESAMI A MISURA DI DONNA

Papilloma virus, Hiv, epatite B e C, ma anche herpes, rosolia, citomegalovirus: sono tra le malattie infettive, di origine virale, che colpiscono di più le donne e possono in alcuni casi compromettere una gravidanza, se non vengono individuate precocemente. Di fondamentale importanza è dunque la diagnosi precoce, per poter utilizzare terapie specifiche, sempre più personalizzate, che riescono a tenere sotto controllo questi virus, un tempo letali. Esistono oggi test molecolari molto sensibili, in grado di identificare anche minimi frammenti di DNA del virus. Troppo spesso però non vengono adeguatamente utilizzati, privando le donne di una diagnosi precoce che potrebbe, in certi casi, salvar loro la vita. Il punto su questi nuovi ed efficaci test è stato fatto i giorni scorsi a Roma al Simposio sulle malattie infettive IRIDS (International Infectious Diseases Symposium), promosso da Roche Diagnostics, con la partecipazione di più di 400 specialisti.

<I test che abbiamo sviluppato consentono di individuare precocemente la presenza nell’organismo di virus, allo stadio iniziale, prima cioè che raggiungano una carica virale tale da provocare la malattia> conferma il dottor Michael Heuer, responsabile del settore Europa, Medio Oriente, Africa e America Latina di Roche Diagnostics. <Una volta individuato il virus, si possono adottare cure sempre più personalizzate che ne bloccano la replicazione. In alcuni casi, come l’epatite B e C, i nuovi farmaci antivirali, oggi in commercio, sono in grado di eradicare completamente il virus. In altri casi, come l’Aids, il virus viene tenuto sotto controllo e la malattia, prima letale, diventa cronica. E nel caso del Papilloma virus, una diagnosi precoce può addirittura scongiurare la comparsa di un tumore. E’ oggi disponibile un test (HPV-DNA) in grado di individuare la presenza del virus, prima ancora che compaia una lesione, e soprattutto di individuare i virus più oncogeni (16 e 18)>. In alcune nazioni, come la Svezia, è già riconosciuto come screening e rimborsato. In Italia la rimborsabilità è demandata alle singole Regioni: in alcune, come la Toscana e l’Emilia, è già rimborsato. L’utilizzo di questo nuovo test potrebbe presto sostituire il Pap-test o quanto meno spostare a 4/5 anni la sua esecuzione, oggi consigliata una volta all’anno. La conferma dell’efficacia di questo test viene dallo studio ATHENA su 47.000 donne, il più grande mai realizzato al mondo sullo screening primario dell’HPV.  <Sono allo studio altri test, per individuare precocemente tumori come quello all’ovaio, che ha ancora un’alta mortalità perché viene diagnosticato in fase molto avanzata> aggiunge il dottor Heuer. <Nel settore oncologico stiamo testando esami mirati per tipicizzare alcuni tumori, come melanoma, tumore al colon e al polmone per poter personalizzare e rendere più efficaci le cure>.

 

QUALI TEST IN GRAVIDANZA

Alcune malattie di origine infettiva, se contratte nei primi tre mesi di gestazione, possono provocare gravi problemi al feto. E’ il caso di rosolia, toxoplasmosi, ma anche di infezioni causate dal meno noto, ma non meno importante, citomegalovirus. <Dal 1995 al 1998 il test per individuare il citomegalovirus era obbligatorio e incluso nel pannello TORCH (Toxoplasma, Rosolia, Citomegalovirus, Herpes simplex)> puntualizza la dottoressa Maria Grazia Revello, virologa al Policlinico San Matteo di Pavia e responsabile del Progetto di ricerca sulla prevenzione dell’infezione da citomegalovirus, finanziato dall’AIFA (Agenzia Italiana del Farmaco). <Oggi le linee-guida raccomandano solo il test per la toxoplasmosi e la rosolia,non quello per il citomegalovirus. Grandi sforzi sono rivolti allo sviluppo di un vaccino per prevenire questa infezione che, se contratta nei primi tre mesi di gravidanza, può provocare sordità e ritardo psico-motorio nel bambino. Su 500 mila nascite all’anno in Italia, lo 0,4% dei neonati ha un’infezione congenita da citomegalovirus, in totale circa 2500 bambini, il 20% dei quali avrà problemi. Per scongiurare il rischio basterebbe fare il test prima della gravidanza. Se la futura mamma risulta positiva agli anticorpi, vuol dire che ha contratto l’infezione nel passato e la sua risposta immunitaria è già attiva per proteggere il feto. Se, al contrario, fosse negativa, sarebbe allora a rischio di infezione primaria: in questi casi andrebbe informata sui comportamenti da adottare per ridurre il rischio di infezione e monitorata, almeno per la prima metà della gravidanza. Come precauzioni comportamentali, sono da evitare i contatti diretti con la saliva e le urine dei bambini, molti dei quali potrebbero essere portatori sani del virus. Anche in caso di infezione della mamma, comunque, non è detto che lo sia anche il feto: lo si può verificare con l’amniocentesi dopo la 20a settimana e con successivi controlli ecografici e valutazione del sangue fetale. L’importante è non creare allarmismi e rendere la donna consapevole che esistono oggi test affidabili in grado di confermare o escludere con certezza la presenza di questo virus>.

Test altrettanto sicuri individuano il virus dell’Hiv, che viene purtroppo scoperto in molte donne proprio durante la gravidanza, con gravi ripercussioni psicologiche e sulla vita di coppia. <In questi casi si somministra subito una terapia antiretrovirale, con tre molecole in un’unica compressa (un’enorme conquista rispetto alla ventina di farmaci al giorno che si dovevano assumere 20 anni fa)> rassicura il professor Carlo Federico Perno, docente di Virologia all’Università Tor Vergata di Roma. <Si è visto che le donne sieropositive, che iniziano ad assumere farmaci durante la gravidanza, vivono più a lungo delle altre. Questi farmaci abbassano la carica virale, impedendo la trasmissione dell’infezione al feto. Come ulteriore accorgimento, nelle donne affette da Hiv, si consiglia il parto cesareo e di evitare l’allattamento. Attualmente sono pochissimi i neonati infetti, nati quasi esclusivamente da donne immigrate, spesso non adeguatamente controllate. Con i test attuali si riesce a monitorare l’infezione, valutare la carica virale e il conseguente rischio di infettività, oggi ridotto quasi a zero grazie alle efficaci terapie che hanno trasformato in croniche le malattie, un tempo mortali>.

di Paola Trombetta 

Articoli correlati