AL VIA LA CAMPAGNA CONTRO LA TUBERCOLOSI

Aveva fatto scalpore, l’autunno scorso, la comparsa dell’infezione di tubercolosi, che ha coinvolto una cinquantina di neonati al Policlinico Gemelli di Roma, “contagiati” da un’infermiera infetta. Un caso che ha evidenziato la ricomparsa, nel nostro Paese, di una malattia che sembrava ormai debellata, per lo meno nel mondo occidentale. Diversa è invece la realtà dei paesi emergenti dove questa infezione miete ancor oggi milioni di vittime ogni anno, soprattutto donne e bambini. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 2009 si sono registrati 9.4 milioni di nuovi casi di cui l’80% in 22 paesi emergenti, 13 paesi in Africa e gli altri in Cina e India. Per sensibilizzare l’opinione pubblica, il 24 marzo si è celebrata la Giornata Mondiale contro la Tubercolosi. Per l’occasione Stop TB Italia e Lilly MDR-TB Partnership hanno lanciato la campagna nazionale “Le Suoniamo alla Tubercolosi”, che si propone di dare il proprio contributo per dimezzare i casi di infezioni e di decessi entro il 2015 (per informazioni, www.stoptb.it).

La tubercolosi è ancora una malattia contagiosa che si trasmette per via aerea: se non viene trattata, ciascun malato può infettare da 10 a 15 altri soggetti. Ogni giorno, nel mondo, muoiono 4.700 persone a causa di questa malattia: nel 2009 sono morte, nel mondo, 1 milione e 700 mila persone. In Italia si registrano tassi di malattia attorno ai 7 casi su 100.000 abitanti, circa 4500-5000 all’anno: di questi più della metà sono immigrati. A rischio soprattutto i soggetti che hanno contratto anche il virus dell’HIV, un’infezione che sta interessando sempre più le donne, per le quali la tubercolosi è la prima causa di morte durante il parto, ancor più delle infezioni ginecologiche.

Proprio sulla correlazione tra infezione da HIV e TB nelle donne si sono concentrati gli studi della dottoressa Delia Goletti, oggi responsabile del Centro di ricerca e cura della tubercolosi dell’Istituto di Malattie infettive Spallanzani di Roma che ha lavorato per diversi anni al National Institute of Health di Bethesda, occupandosi di donne che avevano contratto entrambe le infezioni.

Qual è l’incidenza della tubercolosi nelle donne e quale l’età più a rischio?

<Un terzo di tutti i casi di infezione riguarda le donne e il 10% colpisce i bambini, spesso contagiati dalle madri che, vivendo in situazioni disagevoli, non prendono alcuna precauzione per evitare il contagio. Il periodo più a rischio è tra i 20 e 40 anni, l’età in cui la donna, nei paesi in via di sviluppo, partorisce i figli. A differenza dei paesi occidentali in cui si presta molta attenzione alla gravidanza, nei paesi poveri la gravida non segue particolari cure e spesso trascura eventuali infezioni contratte. Poiché in questi paesi il tasso di incidenza delle infezioni da HIV è più che raddoppiato, anche il batterio della TB trova un più facile terreno di crescita. A 20 anni, inoltre, perde efficacia la vaccinazione contro la TB, che viene ancora praticata nei Paesi poveri alla nascita come strumento di prevenzione>.

E’ dunque ancora alto il rischio, in questi Paesi, che la madre trasmetta l’infezione di TB al neonato?

<E’ ancora molto elevato, non tanto per via placentare o durante il parto, quanto dopo la nascita, quando la mamma infetta il piccolo magari tossendo. E il rischio di ammalarsi è molto elevato nel neonato di una madre infetta. Con le complicanze di un’infezione anche più estesa, che non si limita ai polmoni, ma potrebbe anche compromettere le aree cerebrali (tubercolosi meningea)>.

Come si interviene in questi casi?

<Si sta promuovendo una campagna di informazione per fare la diagnosi precoce alle donne in gravidanza, con test sempre più mirati sull’espettorato, ma anche sul sangue, in grado di identificare le mamme infette. Allo stesso tempo si cerca di proteggere i neonati con una profilassi antibiotica specifica. Purtroppo stiamo assistendo alla comparsa di resistenze nei confronti di alcuni antibiotici tradizionali. Per questo la ricerca si sta muovendo anche verso nuovi farmaci sempre più specifici>.

A questo proposito la Comunità scientifica e le Organizzazioni mondiali si stanno impegnando a fermare la diffusione dell’infezione: 41 milioni di pazienti affetti da tubercolosi sono stati trattati con successo, grazie alle terapie mirate, 6 milioni di vite umane sono state salvate e si stima che altri 5 milioni di decessi potranno essere evitati da oggi al 2015. E la Giornata mondiale vuole essere un’occasione per sensibilizzare l’opinione pubblica, soprattutto i giovani, a combattere questa malattia.

A cura di Paola Trombetta

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